Volevano abbandonare l'Euro ma non l'avevano mai detto prima. La crisi comincia ora e avrà come centro Mattarella.
Ricordate questa affermazione perché da ora in poi vi sarà richiesto molte volte di ripeterla. O di negarla.
La vera crisi comincia ora ed avrà al suo centro proprio il Presidente. La campagna elettorale iniziata non appena Conte ha rimesso il suo mandato, verrà tutta svolta intorno alla natura, l'identità, la forza nonché l'esistenza stessa della istituzione presidenziale.
Bugie. Come quelle che in campagna elettorale hanno portato a sostenere di poter fare il reddito di cittadinanza, pagando a tutti 780 euro, e insieme la flat tax, e la abolizione della Fornero. Magari con l'idea dei mini-bot, cioè stampando una valuta parallela. Alle ripetute domande in merito alla enorme spesa per cui trovare le risorse per queste promesse, l'unica risposta è sempre stata uno sprezzante: "Taci tu che sei un servo delle elite corrotte".
In realtà, a guardarsi indietro oggi, quelle sprezzanti risposte erano tali non per ignoranza ma perché a questo punto si doveva arrivare, qui dove siamo già ora, con le piazze piene contro i traditori del popolo. Alla fine di tutti questi 83 giorni si possono vedere come una regia perfettamente costruita.
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Il caso Savona è stato una perfetta sciarada. Il Professore dall'impeccabile curriculum e rispettabilissima carriera, membro a pienissimi titoli delle elite (che pure si condannano per gi altri), serviva proprio per questa sua internità al sistema, per il potere cioè non solo della sue idee ma anche della sua voce. Solo una persona di altissimo livello poteva suscitare tale scrutinio ed eco, nazionale e internazionale, intorno al piano di uscita dall'Euro. Nel momento in cui il suo nome è stato fatto, la miccia della collisione con il Quirinale è stata accesa: Mattarella avrebbe dovuto accettare un progetto mai discusso, mai chiarito agli elettori, ed inviso agli equilibri attuali intorno al nostro Paese, finendo così con l'estinguere il suo ruolo; o avrebbe dovuto esercitare la sua opinione (se non prerogativa) e portare il paese dove è ora.
Questo si voleva e questo è successo. Questo è il punto in cui siamo. Mai così diviso il paese. Mai così frantumato il processo istituzionale. La china che cominciamo oggi a percorrere è molto pericolosa e questo lo capiamo tutti. Il futuro ci riserva quasi sicuramente una campagna elettorale molto radicale, in cui il popolo sarà aizzato contro le elite.
Ma prima di finire questo filo di discorso, val la pena di guardare ancora un po' avanti e capire chi effettivamente sarà poi il vincitore di questa scelta.
Per me ci sono pochi dubbi che le impronte su questo processo sono in maggior parte della Lega e di Salvini. Sua è stata la forza di rottura maggiore – se avesse voluto fare il governo e se lo avesse voluto fare senza "piani b" gli sarebbe bastato nominare Giorgetti e prendersi tutto il potere che Di Maio gli aveva concesso in termini di ministeri. E sua è stata la minore trasparenza – è in casa Lega che ha radici la opacità sul progetto di uscita dall'Euro. Così come sua è stata la forte dissonanza sulle alleanze internazionali – dice qualcosa a qualcuno che il presidente populista per eccellenza Donald Trump non abbia riconosciuto questo leader populista italiano, che invece Putin ha subito dichiarato suo amico?
I pentastellati è vero hanno condiviso questo percorso di Salvini, ma vi sono apparsi più che altro trascinati dagli eventi, incerti, e confusi. Traditi, alla fine delle cose, dalla loro identità multipla.
La prova di queste dissonanze è che alla campagna elettorale prossima ventura Lega e M5s andranno separati. Le due forze escono molto differentemente da questa esperienza: pentastellati molto sminuiti dal fallimento (ce lo dicono anche i sondaggi); Salvini invece molto galvanizzato dalla leadership che ha saputo imporre (anche questo lo dicono i sondaggi). E mentre i Cinquestelle dovranno fare le loro eterne consultazioni fra tutte le loro anime, Salvini tornerà nella coalizione del centro destra, con in mano lo scalpo del Quirinale, e lo status di vittima. Potrà ambire a portare la coalizione al 40 per cento e oltre. Con l'aiuto di Silvio Berlusconi che ora potrà ancora candidarsi, e che, saggiamente, non ha mai davvero rotto con Matteo.
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