Pierfranco Pellizzetti Saggista
Per appurare che i Cinquestelle, capo politico compreso, quando parlano del tanto conclamato reddito che assicurerebbe cittadinanza a tutti, combattendo l’indigenza, dimostrano chiaramente che non sanno ciò che dicono.
Prendiamo la definizione che ne fornisce, in un volumetto de il Mulino, Stefano Toso, docente di Scienza delle finanze all’Università di Bologna: “Il reddito di cittadinanza è l’espressione più autenticamente universale di un welfare state che intende fornire una garanzia incondizionata di reddito a tutti, in quanto cittadini, a prescindere da qualsiasi caratteristica socio-economica (reddito, età, condizione professionale, disponibilità a lavorare)”; cui si contrappone “il reddito minimo” che consiste nel trasferire reddito a soggetti indigenti. Con l’ulteriore dato che la misura universalistica (Rdc) non è mai stata applicata; quella selettiva (Rm) è presente in quasi tutti i sistemi di welfare, eccetto Grecia e – guarda un po’ – Italia.
Insomma, nient’altro che un semplice sussidio alla disoccupazione. Ma la perdita di lavoro richiede altro per essere sanata: una politica industriale che promuova occupazione, di cui nel Contratto non c’è traccia. Soprattutto difetta la consapevolezza di chi davvero ha bisogno di un reddito per sopravvivere e riacquistare dignità: la distinzione tra povertà relativa (largamente occupazionale) e povertà assoluta, dipendente da quello che il sociologo Bauman chiamava “sottoconsumo”. Una sacca di miseria insanabile con l’occupabilità perché composta da soggetti non autosufficienti e spesso abbandonati (disabili e anziani in primis). Stando ai calcoli Istat 2016 una popolazione pari al 6,3% dell’intero campione nazionale. Ma di cui nessuno sembra interessarsi. Forse perché Di Maio, mal consigliato da qualche boccalone delle università virtuali che bazzica, confonde RdC e New Deal. Qui non si tratta di un volano per lo sviluppo, come l’investimento anticiclico keynesiano, ma di un semplice sussidio di sopravvivenza; socialmente benemerito quanto economicamente inerte. O forse perché i poveri assoluti non vanno a votare, quindi risultano un target di nessun interesse. Anche per giovani politicanti in carriera.
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