martedì 22 maggio 2018

Lavoro, dove sei? Chi non sta al passo non lo troverà più.


Per alcuni il rapidissimo sviluppo tecnologico degli ultimi decenni si sta abbattendo come una bufera, capace di travolgere e cancellare mansioni e posti di lavoro. Questi non sarebbero poi compensati dalle nuove competenze create dalla New economy.


Secondo uno studio condotto dal World economic forum, l'effetto della quarta rivoluzione (quella dell'informazione digitale) sarà la creazione di 2 milioni di posti di lavoro, mentre, al contempo, ne andranno persi 7 milioni, quindi con un saldo negativo di oltre 5 milioni di lavori persi.
Si può affrontare uno tsunami frenando l'onda con le sole mani? O forse si può impedire alle imprese di produrre robot o droni che consegneranno le merci al posto degli esseri umani? La risposta è no in entrambi i casi.
Uber, BlaBlaCar, Car2go stanno rivoluzionando le modalità di trasporto andando a porsi in diretta concorrenza sia con i tassisti sia con il sistema del trasporto pubblico, minacciandone un'egemonia che, fino a poco tempo fa, pareva inscalfibile.
Sempre in tema di trasporto, Tesla –conosciuta come l'antesignana del "viaggiare green" in elettrico– oggi ha già sviluppato e implementato sulle proprie autovetture un sistema di guida autonoma in grado di sostituire il conducente negli spostamenti.
Tali innovazioni stanno determinando il progressivo mutamento di tutta la filiera lavorativa a partire dalle tipologia di professionalità e di expertise richieste dal mercato sino a giungere alle modalità stesse di svolgimento dell'attività lavorativa.

Infatti, molte attività che oggi vengono svolte da intere generazioni di lavoratori, domani saranno prerogativa di sistemi informatici automatizzati. Il paradigma della sede di lavoro si smaterializzerà progressivamente a favore di lavoratori sempre più agili che decideranno dove (e quando?) prestare la loro attività e che porterà le aziende a ridimensionare i propri spazi lavorativi a favore di soluzioni più snelle, tecnologiche e di condivisione.
Tutto questo avrà impatti significativi sull'occupazione in quanto alcune categorie di lavoratori saranno escluse dal mercato del lavoro poiché i loro servizi non saranno più richiesti; al contrario, saranno necessarie altre e nuove professionalità che porteranno alla creazione di nuovi posti di lavoro.
I dati infatti non sono univoci. Altri studi ritengono che le imprese digitali saranno in grado di creare un nuovo fabbisogno di nuovi lavori, che riuscirà a compensare la perdita dei posti di lavoro, a condizione che vi siano competenze nuove e specifiche.
Paradossalmente, secondo la Commissione Europea, nel 2020 ci saranno 900 mila posti che rimarranno inoccupati per mancanza di competenze digitali.
La storia si ripete, dunque.
Anche nel passato, le innovazioni tecnologiche, quali la stampa tipografica, il motore a vapore o il telaio meccanico, hanno condannato alcuni mestieri all'oblio, favorendo, tuttavia, la nascita e lo sviluppo di altre professioni.
Oggi invece le tecnologie parlano il linguaggio della digitalizzazione, da un lato semplificando le comunicazioni tra le persone e rendendo accessibili a tutti i contenuti dell'informazione e, dall'altro, rendendo obsoleti alcuni servizi.
Oggi, il lavoratore deve avere un'impostazione e una cultura di impresa per la costruzione della propria carriera e della propria formazione, facendosi orientare –sin dal corso degli studi– e scegliendo il percorso più efficace.
In sostanza, la tecnologia sarà un fattore di spinta all'ascensore sociale, perché sarà un incentivo alla specializzazione e a una maggiore cultura del lavoro.
Le chiavi di volta per affrontare tale sfida di rinnovamento saranno costituite da una costante formazione, da grande flessibilità e da sistemi di welfare che consentano ai prestatori di lavoro modalità di svolgimento della loro attività in un'ottica di conciliazione vita-lavoro.

Nessun commento:

Posta un commento