Governo? Ipotesi. Quanti voti mancano al "Governo neutrale" proposto da Mattarella per ottenere la fiducia in entrambe le Camere.
Confrontando la
composizione dei gruppi parlamentari e le esternazioni dei leader dopo
le consultazioni, il quadro che emerge non è positivo per il Colle.
Il tentativo del presidente della
Repubblica Mattarella di dar vita a un "Governo neutrale" che porti il
Paese al voto nel 2019 o, al massimo, nel prossimo autunno scongiurando
così elezioni in estate nasce morto? Con ogni probabilità, a leggere le
dichiarazioni del leader politici battute dalle agenzie subito dopo la
fine del discorso del Capo dello Stato. Ma le legislature possono sempre
riservare sorprese. Può quindi tornare utile un rapido ripasso della
composizione dei gruppi parlamentari confrontandola con le esternazioni
fatte all'uscita dallo Studio alla Vetrata dai rappresentanti per capire
quanti voti - molti, allo stato attuale - mancano affinché il "governo
di servizio" ottenga la fiducia nei due rami del Parlamento.
Alla Camera. Un secco "no" alla via d'uscita
tratteggiata da Mattarella è arrivato da Movimento 5 Stelle, Lega e
Fratelli d'Italia. Il primo può contare su 222 deputati, la seconda su
125 mentre il partito guidato da Giorgia Meloni dispone di 32 deputati.
Un sì convinto è invece arrivato dal Partito Democratico (111 deputati),
Civica Popolare di Beatrice Lorenzin (4 deputati) e della componente
delle minoranze linguistiche (altri 4 parlamentari). Possibilista
+Europa di Emma Bonino che, all'uscita dalle consultazioni, ha fatto
presente come un voto "super anticipato" metterebbe a serio rischio la
possibilità di ripresentarsi alle elezioni per la raccolta delle firme
necessarie. Al tempo stesso ha espresso "fiducia" nelle scelte di
Mattarella: per +Europa sarebbero quindi 3 sì al Governo tecnico
nominato dal Capo dello Stato. Sul vago sono rimasti invece la
componente Maie ("governo sia politico ma il ritorno alle urne non ha
senso") che conta 6 deputati, e Noi con l'Italia di Maurizio Lupi (3
parlamentari).
Sintesi: a dare un via libera incondizionato all'esecutivo "neutrale"
ci sarebbero 122 deputati. Aggiungendo altri 9 di Maie e NcI - ma al
momento non ci sono indicazioni in questo senso né in quello opposto -
si arriverebbe a 131 deputati. Siamo ben lontani dalla maggioranza
fissata a 316 parlamentari. Ma c'è il capitolo Forza Italia. Il partito
di Silvio Berlusconi per ora si è allineato agli alleati di coalizione:
"Forza Italia coerentemente con il voto degli italiani valuterà la
posizione con gli alleati, tenuto conto degli impegni presi tra i
leader. Non ci spaventa il voto", si legge in una nota di Fi. Ma, si
chiosa, "l'estate non aiuta la partecipazione, meglio votare in
autunno". Una posizione diversa rispetto a quella espressa da Matteo
Salvini, leader leghista della coalizione, per il quale si deve votare a
luglio. Forza Italia dispone di 105 deputati, e una eventuale rottura -
che, va ribadito, al momento non trova alcun riscontro pur registrando
la "frenata" sui tempi - porterebbe la maggioranza a 236. Mancano 80
voti. Tra questi non possono essere al momento conteggiati i 14 voti di
Liberi e Uguali dal momento che all'uscita dal Quirinale il leader
Pietro Grasso ha assicurato che non farà parte di alcuna maggioranza che
contempli al suo interno forze di centrodestra.
Al Senato. Stesso discorso a Palazzo Madama per M5S
(109 senatori), Lega (58) e Fratelli d'Italia (61): per loro è un secco
No. Nella migliore delle ipotesi il Governo del Presidente avrebbe in
partenza 133 senatori, a fronte di una maggioranza richiesta di 160
senatori. Questo nel caso, sempre ipotetico, in cui Forza Italia votasse
a favore di questo governo: ai 61 senatori di FI si aggiungerebbero
infatti i 52 del Partito Democratico, gli 8 delle Autonomie-Svp e i 12
del Misto. Ne mancano 27. Dal Misto vanno però sottratti i 4 esponenti
di LeU che, ragionevolmente, voteranno No come i colleghi di
Montecitorio laddove una forza di centrodestra dovesse aderire alla
maggioranza. Conclusione: allo stato attuale l'esecutivo
"neutrale" proposto dal Capo dello Stato andrà incontro a sfiducia certa
in entrambi i rami del Parlamento: nella migliore delle ipotesi
mancherebbero 27 onorevoli "responsabili" al Senato e 66 alla Camera.
Qui possono entrare in gioco altri fattori "umani", come la paura di
perdere il seggio appena conquistato o il timore di non essere più
ricandidati, per fare solo alcuni degli esempi più maliziosi e
gettonati. Ma la strada è ripida e in salita.
Nessun commento:
Posta un commento