Enrico Grazzini Giornalista economico e saggista
Per esempio, più volte sono stati cancellati i debiti di guerra della Germania, o i debiti dei paesi in via di sviluppo.
La cancellazione dei debiti pubblici è invece improponibile nel quadro dei Trattati e delle norme europee, e nel quadro delle regole dell’Eurozona che sono totalmente a favore dei creditori contro i debitori.
In particolare il Trattato di Maastricht impedisce formalmente alla Bce di sottoscrivere i debiti degli Stati membri. Unico caso al mondo, la Bce non può soccorrere gli Stati in difficoltà monetizzando il debito. Nell’eurozona il debito di uno Stato viene lasciato totalmente in balia dei mutevoli e ingordi mercati finanziari, per loro natura speculativi. La Bce è dovuta ricorrere al pretesto di combattere la deflazione per potere acquistare, con la manovra del Quantitative Easing (espansione monetaria), i titoli di debito pro quota di tutti gli Stati dell’eurozona (Germania compresa, Grecia esclusa). Altrimenti alcuni Stati – come l’Italia – sarebbero falliti, facendo crollare con sé tutto il castello dell’euro. Ma il QE sta per finire e il debito pubblico italiano continua ad aumentare a spirale solo per effetto degli interessi sul debito. Il debito cresce più del Pil. Come fare allora per evitare il fallimento?
Mario Draghi, presidente della Bce, sta già congelando i debiti pubblici che ha acquistato complessivamente per l’enorme somma di circa 2,5 migliaia di miliardi. Draghi sta infatti reinvestendo (rollover) i soldi ricavati dai titoli giunti a scadenza in altri titoli pubblici. E il roll over è previsto almeno fino al 2020. Altrimenti gli Stati fallirebbero.
La proposta attuale del governo giallo-verde in via di formazione è che i circa 360 miliardi (e non 250) di titoli pubblici italiani in mano a Bankitalia e Bce siano scorporati contabilmente dal debito ufficiale. Del resto anche i dati ufficiali del debito Usa non comprendono i titoli acquistati dalla banca centrale statunitense, la Fed. La nuova bozza del contratto Lega-M5s afferma che “Ci attiveremo in sede europea per proporre che i titoli di Stato di tutti i Paesi dell’area euro già acquistati dalla Bce con il QE siano esclusi pro quota dal calcolo del rapporto debito-Pil”. Così si cancellerebbe sul piano contabile il 15% circa del debito italiano, oggi pari a circa 2300 mdi, ovvero al 132% del Pil.
Ma parecchi economisti avanzano proposte più avanzate per congelare (freezing) il debito pubblico. Afferma per esempio Marcello Minenna: “Si potrebbero scambiare tramite swap tutti i titoli di Stato già comprati nell’ambito del QE con Govies (titoli di stato, ndr) oltre i 30 anni di scadenza. I mercati finanziari interpreterebbero questa decisione come la volontà di abbattere de facto il rapporto debito/PIL con le evidenti ricadute positive del caso”. Anche Guido Salerno Aletta spiega che “la prospettiva di un consolidamento anche cinquantennale dei titoli pubblici acquistati con il Qe è assai più plausibile rispetto alla loro cancellazione contabile”. Come ci ricorda l’autorevole economista Paul De Grauwe (London School of Economics) la Bce in teoria può stampare tutta la moneta necessaria per non fare fallire gli Stati senza però mai fallire essa stessa. “La banca centrale può ripianare qualsiasi perdita emettendo moneta a condizione che non comprometta la stabilità dei prezzi”. Nessuno si farebbe male. Ma Berlino non vuole. Questo è il vero grande problema. Una cosa è certa: il problema del debito pubblico deve essere risolto con misure straordinarie – e certamente non con pesanti misure fiscali e con altri tagli insensati e controproducenti della spesa pubblica -. Altrimenti faremo la fine dell’Argentina o della Grecia. In Europa gli avvoltoi stanno già volteggiando in attesa.
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