Seconda annata di soddisfazioni per chi ha puntato sui mercati azionari. Quasi tutte le principali piazze mondiali hanno chiuso con buoni rialzi.
ilfattoquotidiano.it Mauro Del Corno
Lunedì 31 dicembre ci saranno ancora scambi ma il bilancio dell’intero
anno non dovrebbe cambiare più di tanto.
Meglio di tutti hanno fatto gli indici statunitensi, doppiando quelli europei.
La progressione che si è sviluppata nell’arco di tutti i dodici mesi e l’S&P500, il listino più importante del mondo, ha chiuso alla fine con un rialzo del 26%.
Il Nasdaq è cresciuto di un ancora più vigoroso 36%, trainato da campioni come Nvidia (+ 180%),
Tesla (+ 73%, un guadagno incamerato in larga parte dopo la vittoria di Trump), Alphabet, ovvero Google, salita del 48%.
E poi
Amazon (+ 51%),
Meta (+ 74%) ed
Apple (+ 40%).
In Europa più di tutti ha corso la borsa di Francoforte (+ 19%),
nonostante l’economia tedesca sia tra quelle che più sta soffrendo le
conseguenza di guerra in Ucraina e lo sviluppo di un multipolarismo
globale.
Hanno aiutato l’indice la strepitosa performance di
Siemens Energy che ha più che quadruplicato il suo valore
(+ 328%) e il
+116% del costruttore di armi
Rheinmetall, favorito dalle guerre in corso e dalle prospettive
di un aumento dei budget per la difesa dei paesi Nato. Da ricordare pure il + 74% del colosso del software Sap.
Secondo posto per la borsa di Madrid (+ 13%) mentre la medaglia di bronzo va a piazza Affari (+ 11%).
Anche qui il titolo migliore, tra quelli a grande capitalizzazione, è di un produttore di armi e sistemi di difesa come Leonardo (+ 75%).
La concorrente Intesa Sanpaolo si “accontenta” di un + 43%.
Più timida Londra (+ 5%), con menzione d’onore per le azioni Rolls Royce (+ 92%).
Fanalino di coda del Vecchio Continente è stata Parigi. La borsa francese chiude in rosso un anno particolarmente travagliato per l’intero paese,
scosso da instabilità politica e conti pubblici un po’ troppo laschi.
Non ha aiutato la crisi globale del lusso, visto che, sul Cac 40, sono quotati i due principali gruppi globali del comparto: Lvmh (- 13% in un anno) e Kering (- 41%). In Asia, infine, Tokyo festeggia il 2024 con un + 21%, Hong Kong (la finestra da cui la Cina si affaccia sui mercati internazionali) con un + 19%.+
Il comparto del reddito fisso ha dato meno soddisfazioni.
L’indice S&P Corporate bond international, che traccia l’andamento delle obbligazioni societarie non statunitensi, ha concluso i 12 mesi a – 3%.
Eppure i bond societari sono andati a ruba, poiché gli investitori sono
stati attratti da rendimenti non più su valori irrisori come qualche
anno fa.
I titoli piazzati sul mercato hanno toccato il valore
complessivo di 8mila miliardi di dollari, un record.
Quanto ai bond sovrani, il valore dei titoli di Stato decennali statunitensi è diminuito dello 0,8%,
con rendimenti che ora si collocano al 4,6%.
Piccolo reminder: gli
interessi che pagano i bond sono fissi in cifra assoluta ma vengono
espressi come percentuale del valore del titolo.
Quindi se il valore del
bond scende, gli interessi crescono. Chi conserva il titolo fino alla
sua scadenza si vedrà in ogni caso restituire l’intera somma
inizialmente investita, le variazioni di prezzo sono quindi rilevanti,
più che altro, per chi opera sulle obbligazioni con finalità
maggiormente speculative.
Pressoché immobili i Btp italiani, mentre i rendimenti dei bund tedeschi sono saliti di 50 punti base e quelli degli equivalenti francesi di 79.
Quanto alle valute, il dollaro ha guadagnato il 5% sull’euro. La moneta unica si è deprezzata anche nei confronti della sterlina (- 4%) mentre si è rafforzata sullo yen giapponese (+ 5%) e sul franco svizzero (+ 1%).
Non si può non menzionare la performance della più importante tra le criptovalute, il bitcoin, salito fin sopra alla soglia dei 100mila dollari e tutt’ora in rialzo di oltre il 130% rispetto ad inizio anno.
A spingere la moneta digitale è stata soprattutto la vittoria di Trump
che, dopo aver ricevuto ingenti finanziamenti dagli operatori del
settore durante la campagna elettorale, ha rinnegato i precedenti dubbi e
ha promesso regole meno severe e l’istituzione di una riserva strategica di criptovalute.
Infine le commodities. Le quotazioni dell’oro sono aumentate di circa il 30%, dai 2.073 dollari l’oncia (31,1 grammi) di inizio 2024, agli attuali 2.645.
Il rame, il metallo più sensibile all’andamento dell’economia, soprattutto quella cinese, chiude con un rialzo dell’8,4%.
La superstar è però tra le commodities agricole, si tratta del cacao, le cui quotazioni sono quasi triplicate.
Annata di corsa anche per il caffè, rincarato del 70%.
L’anno che verrà – Veniamo a quello che ci attende nel 2025, in sostanza un po’ di astrologia.
Warren Buffet, uno degli uomini più ricchi del mondo e probabilmente il finanziere di maggior successo della nostra epoca, dice di non affidarsi mai per i suoi investimenti alle previsioni economiche di banche ed istituzioni internazionali. Troppi gli elementi in gioco e così i fattori imponderabili.
Dovremmo quindi farlo noi?
In effetti, poche di queste previsioni superano indenni la prova dei fatti.
Se poi capita che le cose vadano come tutti si aspettavano, i prezzi si
sono già adeguati a questi scenari.
Affidiamoci solo ad un po’ di buon
senso, con il rischio, è vero, di scivolare nell’ovvio.
Molto del futuro destino delle borse dipende, al solito, da quello che faranno le cinque grandi banche centrali, ovvero Federal Reserve, Banca centrale europea, Bank of England, Bank ok Japan e Banca centrale svizzera.
Nel 2025 si attendono altri, ma limitati, ribassi dei tassi,
che tendono a favorire le azioni, ma che sono in buona parte già
scontati dai mercati.
Meglio comunque non darli per scontati.
Se i tagli
dovessero essere più timidi delle attese l’effetto potrebbe essere l’opposto e penalizzare i listini.
Gli occhi sono, naturalmente, puntati su Donald Trump. Farà davvero ciò che ha detto e dice? Il precedente mandato non depone, in tal senso, a favore del presidente eletto. Nell’ultima campagna elettorale ha promesso più dazi e questo, in generale, non è positivo per l’economia globale. Potrebbe derivarne un ulteriore rafforzamento del dollaro, un rischio per i paesi emergenti.
Ha promesso un “paradiso” per le criptovalute ma il
rischio è che, alla fine, si realizzi un po’ meno di quanto annunciato e
che è stato già incorporato nelle quotazioni di bitcoin e company.
Assicura la fine della guerra in Ucraina (e forse anche in Medio Oriente) e spinge per un incremento dei budget per la difesa dei paesi Nato.
In teoria i titoli della difesa potrebbero beneficiare dell’incremento delle spese Nato
più di quanto ci rimetterebbero dalla fine delle ostilità in Ucraina.
La pace darebbe inoltre il via al lucroso business della ricostruzione
del paese. Porterebbe più calma sul mercato del gas e del petrolio,
rosicchiando margini di profitto ai colossi petroliferi.
Tuttavia quelli
americani, come Chevron o Exxon, potrebbero beneficiare dei ricatti all’Europa.
Le case farmaceutiche sono in attesa di capire cosa comporterà la nomina a ministro della Sanità di Robert Kennedy jr, paladino delle crociate no vax e fortemente critico, sinora solo a parole, nei confronti dei colossi del farmaco.
Chi di sicuro sta beneficiando e beneficerà del ritorno di Trump alla Casa Bianca è il comparto della sicurezza privata.
Al di là di Trump c’è chi scommette che dall‘Intelligenza artificiale ci sia ancora molto da spremere. Probabile ma attenzione alle tempistiche che a volte sono diverse da quelle ipotizzate e fanno saltare i piani.
Per più di un osservatore le quotazioni di Nvidia (titolo simbolo del comparto) sono già oggi molto tirate.
Nessun commento:
Posta un commento