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Forse i rigori meteorologici di questo periodo di feste potrebbero mettere in crisi la sindrome che regna sovrana in questo lento e tumultuoso inizio secolo che rassomiglia piuttosto a un fin de siècle: l’atarassica convinzione di sapere tutto senza in realtà sapere nulla. Tra queste convinzioni emotive, lasciatemi passare questa definizione, distribuite al popolo a suon di miliardi concessi ai suonatori di organetti mediatici e accademici, c’è anche la convinzione che la Terra sia destinata a bollire se non verrà ridotto quel 4% dovuto all’azione antropica dello 0,04 per cento di CO2 presente in atmosfera. Si tratta di una vera e propria isteria che si è insediata nonostante l’enorme potenza di calcolo disponibile e che si nutre di leggende metropolitane date in pasto al pubblico come i ghiacci polari che si ritirano, mentre invece mediamente aumentano, di coralli che spariscono quando invece non sono mai stati così bene, di desertificazioni, mentre al contrario è cresciuto l’areale della vegetazione. Il ruolo della variazione naturale, dei cicli solari, dei moti orbitali del pianeta, della quantità di vapore acqueo che forma oltre il 90 per cento dell’effetto serra viene costantemente minimizzato o addirittura misconosciuto: gli scienziati che si allontanano dalla narrazione “consolidata” sono discriminati in favore della pseudoscienza dei comunicati stampa per convincere ad attribuire addirittura singoli eventi meteorologici agli esseri umani.
Adesso le temperature degli oceani si stanno abbassando anche mezzo grado in vaste aree del pianeta e pure le temperature terrestri stanno calando: i dati satellitari UAH mostrano alcuni significativi cali mensili. E poi dobbiamo trattare la maggior parte dei numeri sulla temperatura della superficie terrestre con cautela se non con aperto spirito critico, visto che molte stazioni meteo sono situate dentro il cuscino di calore delle aree urbane, la maggior parte sono inadeguate e altre ancora inventate: si è scoperto che in Gran Bretagna vengono riportate le temperature di un centinaio di stazioni non più esistenti. A tutto questo occorre aggiungere gli aggiustamenti retrospettivi per esaltare artificialmente l’aumento delle temperature e il fatto che i modelli matematici su cui tutto questo si basa sono già stati popperianamente falsificati dal fatto che falliscono regolarmente nel descrivere il passato.
Ciononostante ci si dice che il riscaldamento può essere fermato solo riducendo le emissioni di CO2 (che al contrario favorisce il mondo vegetale cui dobbiamo la nostra stessa esistenza) e che Net Zero è assolutamente necessario. Questo grottesco sbandamento non ha radici nella scienza, ma su ideologismi che determinano il finanziamento di interi istituti di ricerca, posti di lavoro, carriere, filiere industriali e migliaia di miliardi di investimenti che passano dagli stati, ossia dai cittadini alle corporation che operano nel settore e che sono spesso emanazioni del milieu finanziario. Una piccola parte di queste speculazioni viene investito per mantenere in vita la lucrosa narrazione. In realtà siamo di fronte ad una enorme devastazione dell’ambiente: grandi superfici vengono coperte con moduli solari e sono costruite innumerevoli sottostazioni; le fondamenta in cemento armato di 1.300 turbine eoliche, che possono generare all’incirca la stessa quantità di energia di una normale centrale a gas, sigillano circa 2.600.000 m² di terreno e pesano 5.200.000 tonnellate; si stanno costruendo sistemi di generazione in aree protette e le foreste vengono abbattute per costruire turbine eoliche. In queste aree la biodiversità sta diminuendo drasticamente. Tubi d’acciaio, i cosiddetti monopali con un diametro di 12 metri e un peso di 2.500 tonnellate ciascuno, vengono conficcati nei fondali come sostegno per enormi parchi eolici offshore così che l’ecosistema marino viene irrimediabilmente danneggiato e infine la domanda di terre rare, necessarie per tali realizzazioni, è in aumento e con essa la distruzione della natura che va di pari passo con la loro estrazione. Questo per generare energia non sufficientemente immagazzinabile e così strutturalmente inaffidabile da aver comunque bisogno dello stesso numero di centrali di generazione elettrica tradizionali. Cosa che poi si traduce in aumento dei prezzi.
Ma tutto questo è una manna per gli speculatori: i gestori degli impianti in molti Paesi ricevono una tariffa incentivante garantita per kilowattora che è superiore ai loro costi di produzione e, per esempio in Germania e Gran Bretagna esistono anche imposte, come la tassa sulla rete offshore, che compensa i gestori dei parchi eolici in mare per il ritardo nella connessione alla rete terrestre. Sempre in Germania una turbina eolica media da 6 megawatt (massima potenza raggiungibile solo raramente) viene sovvenzionata con circa un milione di euro all’anno per 20 anni con un diritto di compensazione di 0,1 centesimi/kWh. Questo supera di gran lunga il costo di costruzione. Oltre agli investitori, anche i proprietari terrieri sono contenti perché riceveranno dai gestori dell’impianto fino a 460.000 euro di affitto all’anno per turbina eolica. Una situazione vantaggiosa per tutti.
L’elenco di questi benefici, Paese per Paese sarebbe molto lungo, ma una cosa è certa: si tratta di un grande affare che trae vantaggio dalla narrazione sul clima, dalle modellazioni computerizzate spacciate per previsioni, dalla diuturna battaglia contro i cosiddetti negazionisti. Ma si tratta di obiettivi prescritti dall’alto e dunque non hanno nulla a che vedere con una crescita schumpeteriana, è un capitalismo climatico molto fragile, comporta un aumento dei prezzi che colpisce l’industria manifatturiera oltre che i ceti popolari. Tanto più che la rapidità assurda con cui si sta realizzando questa “rivoluzione” costringe a importare quasi tutto dalla Cina o dall’Asia in generale, provocando semplicemente un trasferimento di emissioni di CO2 e anzi un aumento di esse dovuto alla realizzazioni degli impianti che oltretutto sottraggono terreno agricolo tendendo ad aumentare anche i prezzi degli alimentari. Insomma l’idea di una catastrofe non basata sui dati reali, ma su mere ipotesi che regolarmente si sono rivelate sbagliate, sta provocando una vera catastrofe, empiricamente dimostrabile. Tutti noi stiamo pagando i profitti di pochi, ma potremo emanciparci dal ruolo di vittime solo quando saremo in grado di mettere in discussione criticamente la narrazione sul clima. Ed è proprio così che potremo salvare il pianeta.
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