lunedì 30 dicembre 2024

Il soldato del «dittatore Kim» catturato e la figuraccia del Corriere della Sera

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«È morto in ospedale l'unico soldato nordcoreano catturato finora dagli ucraini, il fante che doveva servire a dimostrare il coinvolgimento del dittatore Kim al fianco di Putin» (Corriere della Sera, 28 dicembre 2024).

I media ucraini e sudcoreani hanno pubblicato una foto che avrebbe dovuto mostrare il primo prigioniero nordcoreano catturato dalle forze di Kiev nella regione di Kursk, si afferma senza ombra di dubbio sui più “accreditati” (nel senso degli accrediti versati a loro favore per i servigi resi alla propaganda euro-atlantica) media italici.

A dir poco curioso il fatto, però, testimoniato da Ukraina.ru, per cui la stessa foto fosse già apparsa online nel 2022. Che già due anni fa ci fossero in Russia soldati «del dittatore Kim» e nessuno ci avesse finora mai messo a parte di cotanta notizia? Mistero. In ogni caso, per prevenire qualsiasi “dezinformatsija” putiniana, si è preferito ricorrere a un “correttivo” e, a distanza di ventiquattr'ore, l'agenzia sudcoreana Yonhap, citando fonti di intelligence di Seoul, ha assicurato che l'uomo ritratto nella foto era morto per le ferite riportate. E, ci tiene a specificare il Corriere, è «morto in ospedale», testimonianza concreta dello spirito “umanistico” dei soldati di Kiev, tutt'altro ceppo che non quei selvaggi discendenti di Rjurik, che abbattono direttamente sul posto i prigionieri feriti... par di vederli.

E va bene: il prigioniero nordcoreano è morto in ospedale. Ma, come è morto? Con un ulteriore”correttivo” ce lo dice Julija Latynina, la giornalista (?) russa cara a Repubblica (chiunque scriva per Novaja Gazeta o trasmetta da radio Ekho Moskvy è caro a Repubblica, così come per gli antichi greci era “caro agli dei chi muore giovane”), al Corriere della Sera, che l'ha onorata del premio dedicato a Maria Grazia Cutuli e anche al Dipartimento di stato USA, che l'ha insignita del Freedom Defenders Award. Dunque, spiega Latynina, effettivamente gli ucraini avevano «fatto prigioniero un soldato nordcoreano, lo avevano mostrato in pubblico; quindi, c'era davvero un coreano. Poi hanno dichiarato che il coreano era morto per le ferite. Per quanto ne sappia io, quello si è invece aperto le vene a morsi. La questione non sta tanto nell'ideologia, quanto piuttosto nel fatto che i coreani sanno cosa succederà ai loro congiunti in Corea del Nord se cadono prigionieri». Sì, effettivamente, i loro congiunti fanno la fine degli zii di Kim: vengono maciullati a colpi di mortaio! Freedom Defenders Award!!

E quindi: niente testimone e non ci sarà più modo di assicurarsi della faccenda di prima mano. E, come recitava quella insulsaggine, come tante altre falsamente attribuita da Khrushchëv a Stalin, “Non c'è la persona; non c'è il problema”. Peccato. Peccato soprattutto per le “fonti” sicure del Corriere della Sera; tanto più che nemmeno Kiev ha confermato ufficialmente la cattura o la morte di nessun militare (o civile) nordcoreano.

Non rimane quindi che basarsi sulle assicurazioni di Vladimir Zelenskij, che lo scorso 14 dicembre, scrivendo in lingua inglese sul suo canale Telegram, assicurava il mondo (e il Corriere) che «i russi hanno iniziato a utilizzare i soldati nordcoreani nelle loro offensive: in numero significativo», tanto che «ci sono già perdite notevoli in questa categoria». Ovviamente, per pietà cristiana, il nazigolpista-capo evitava di pubblicare anche una sola foto dei presunti soldati nordcoreani uccisi; la caritatevole commiserazione ha impedito al “pacifista” (solo nel 2019 e solo per racimolare voti) banderista di mostrare i caduti nordcoreani, coi «volti bruciati per impedirne il riconoscimento» (Corriere). Tant'è.

Il 17 ottobre, Zelenskij aveva persino indicato in diecimila uomini il numero “esatto” di soldati nordcoreani che, a suo dire, dovevano combattere in Ucraina al fianco delle forze russe e, dopo di lui, il Segretario generale della NATO Mark Rutte aveva specificato che i militari del «dittatore Kim» venivano dislocati nella regione di Kursk per aiutare l'esercito russo a liberarne il territorio e che la cosa doveva «cessare immediatamente». Pena: cosa?

Come corollario, a inizi novembre, Kiev e Seoul accusavano Pyongyang di avere, a loro dire, inviato truppe in alcuni poligoni di addestramento nell'Estremo Oriente russo - Vladivostok, Ussurijsk, Khabarovsk e Blagoveshchensk - per poi essere trasferite nella zona di operazioni. Manco a dirlo, nessuna prova veniva presentata a sostegno di quelle affermazioni.

A questo punto, corre l'obbligo di informare il Corriere della Sera, che il capo del Pentagono, Lloyd Austin, non ha trovato soldati nordcoreani né in Estremo Oriente, né nella zona di operazioni militari e ha specificato di non poter confermare le informazioni di Kiev e Seoul. Più clemente (nei confronti degli italici pennivendoli) il Segretario di stato, Anthony Blinken che, pur non avendo visto nordcoreani, aveva detto di aspettarli da un momento all'altro.

Più caustico (e, per parte nostra, siamo propensi a prestargli fede) era parso il Ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, lo scorso 28 ottobre, in occasione dei lanci di missili occidentali sulle regioni russe, secondo cui le isterie occidentali sul sostegno della RPDC alla Russia non sono altro che un «tentativo di giustificare retroattivamente» la presenza dei militari occidentali in Ucraina. Tutto ciò, aveva detto Lavrov «è parte della guerra ibrida di NATO e UE contro il nostro Paese», dal momento che «senza l'aiuto di specialisti occidentali, senza dati di intelligence spaziale, di cui gli ucraini certamente non dispongono, senza specialisti nella programmazione delle missioni di volo, le truppe di Kiev non possono usare alcuna attrezzatura missilistica».

Ora che, a distanza di un paio di mesi, anche alcuni media occidentali, come Le Monde e Times, parlano apertamente di piani franco-britannici e polacchi per l'invio di mercenari (militari ufficialmente messi in congedo) ai confini ucraini, che dovrebbero entrare in campo già nelle prime settimane del 2025, ci permettiamo di avvertire i redattori del Corriere che, se intendono degnamente silenziare il contributo euro-atlantico in uomini alla “causa ucraina”, allora la canea sui «fantaccini» nordcoreani dovrà tornare a farsi più ululante, che non due semplici righe, en passant, tra rimbrotti al «vice zar» Dmitrij Medvedev, ammonimenti sul «solito bluff di Putin» e lagnanze all'indirizzo del premier slovacco Robert Fitso per il suo tradimento “europeista”

Se bruciare i volti «per impedirne il riconoscimento» sembra pratica crudele e, per ciò stesso, perfettamente attribuibile, nella visione delle italiche redazioni, a quei semi-barbari che popolano le regioni iperboree a oriente del Tanai e fino ai margini estremo-orientali delle “terre conosciute”, quali sotterfugi si applicheranno ai civilissimi mercenari celti, franchi, burgundi del XXI secolo «per impedirne» l'identificazione, nel caso più che probabile che cadano prigionieri dei feroci opricniki al servizio del novello “Zar”?

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