domenica 29 dicembre 2024

La vita non è più meravigliosa

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Ci furono anni in cui nel periodo natalizio era impossibile sfuggire a “La vita è meravigliosa”, un film di Frank Capra mieloso e drammatico insieme che rappresentava il primo tentativo di ecumenismo americano e hollywoodiano subito dopo la seconda guerra mondiale. Un uomo la notte di Natale medita il suicidio perché tutti i suoi soldi gli sono stati rubati da un perfido finanziere, ma a questo punto interviene il suo angelo custode (figura praticamente assente nei culti protestanti) che gli mostra come sarebbe il mondo se lui non ci fosse e così lo distoglie dall’idea di togliersi la vita. Ora tutta questa parte che costituisce il senso del film è stata incomprensibilmente tagliata nell’edizione che Amazon Prime ha reso disponibile per i suoi abbonati.

Tutti si sono chiesti quale significato possa avere questo ennesimo e insulso sprofondare nella cultura della cancellazione, né Amazon lo svela sostenendo di aver eliminato il clou del film perché “troppo oscuro”, che non significa davvero nulla. D’istinto si sarebbe portati a credere che sia stata tagliata la parte che fa esplicito riferimento a costrutti religiosi, oggi sostituiti da narrazioni fantascientifiche o meglio pseudoscientifiche, se non fosse che anche la Natività, sia pure ridotta a un suk e governato da figure di incerta origine come Babbo Natale, ha radici nel credo cristiano e si tratterebbe dunque di una contraddizione in termini, per così dire. Sarebbe stato molto più coerente non riproporre del tutto il film: dopotutto non mancano di certo cinepanettoni o meglio inguardabili cinetacchini da smerciare a man bassa ad adulti-bambini e bambini-adulti sui cui si fonda l’antropologia della nuova normalità.

Credo che invece, probabilmente in modo inconsapevole, quello che dà fastidio in questo film è proprio il contenuto che lo aveva reso ideale come lezione di american way of life nel dopoguerra, ovvero l’accento sull’importanza della vita individuale. Quando James Stuart, l’interprete del personaggio principale, vede cosa sarebbe accaduto senza di lui, comprende di essere inestricabilmente collegato agli altri. E questo è davvero un guaio per gli ideologismi del globalismo che vogliono un diverso tipo di soggettivismo: quello dell’isolamento che rende tutti molto più vulnerabili alle narrazioni che ci vengono propinate. Tutti soli davanti alla televisione o ai social o perfino alla carta stampata. Ciò che i globalisti dell’alta finanza temono è qualunque legame che sia potenzialmente in grado di spezzare l’ipnosi nella quale vorrebbero sprofondarci e alla quale, da soli, è difficile resistere: niente più legami di classe del resto spezzati ormai da decenni, niente legami nazionali o di comunità o di credo o di storia o di cultura e persino familiari. Tutti identici narcisi che sgomitano e non si parlano se non attraverso rituali che vengono via via codificati. Addirittura le opinioni non conformi vengono considerate come un’espressione di odio in quanto potenzialmente in grado di sollevare il velo di Maia che nasconde i legami sociali, anzi tende ad eliminarli.

La tecnologia non è affatto liberatoria, ma invece consolida il controllo capitalistico senza che questo significhi reale emancipazione per nessuno, nemmeno per i lavoratori della conoscenza che sono invece sempre più collegati al cordone ombelicale del denaro, come le vicende pandemiche col loro non detto e le balle climatiche col troppo detto dimostrano. Le illusioni coltivate da un certo marxismo derivato dall’operaismo degli anni ’70, secondo cui la tecnologia sarebbe divenuta sapere collettivo si sono definitivamente infrante e ora fungono da comodo alibi per i salotti dei politicanti dove ci si consola con l’aglietto e consentono addirittura di premere sull’acceleratore della disgregazione senza vergognarsi. Per questo George Bailey, alias James Stuart non deve vedere il mondo senza di lui e il collegamento con gli altri: il narcisismo contemporaneo li considera solo specchi nel quale rimirarsi. La stessa solidarietà non si manifesta per qualcosa, ma contro qualcosa. Divide et impera.

 

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