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Forse non avrei parlato dei terribili colpi inferti dai missili ipersonici russi alla Nato e alle sue strutture in Ucraina: ormai, nonostante il chiacchiericcio indecoroso dei vertici dell’Alleanza atlantica e dei loro succidi aedi dei media, si sa che queste armi non sono intercettabili dalle difese occidentali e dunque non c’è nulla di sostanzialmente nuovo se non la progressiva demolizione di ciò che resta delle strutture di questo Paese martire dell’ estremo Occidente. Ma questa volta i colpi, assieme al totale e sanguinoso fallimento dell’impresa di Kursk, devono essere stati particolarmente gravi e dolorosi, riportano ad aventi storici del passato e hanno provocato un esodo in massa nel governo ucraino, che fra l’altro da agosto è ufficialmente illegittimo assieme all’intero Parlamento. Se ne sono andati il capo del ministero degli Affari Esteri Dmytro Kuleba; il ministro della Giustizia Denis Maliuska; il ministro per le industrie strategiche, Alexander Kamyshin e quello delle risorse naturali Ruslan Strelets; i vice primi ministri per l’integrazione Euro – Atlantica Olga Stefanishyna e per la reintegrazione dei Territori Incontrollati dell’Ucraina Iryna Vereshchuke. E infine il vice capo dell’ufficio di Zelensky, Rostislav Shurma.
Non sappiamo bene se si tratti di topi che abbandonano le nave che affonda o le vittime di una purga voluta dal tiranno in conto terzi di Kiev, ma in fondo non fa molta differenza: l’Ucraina è ormai come un vascello fantasma. un guscio in cui si nascondono i corsari della Nato e mentre si avverte che l’avventura sta finendo, tutto va in malora. Tuttavia non è questa la notizia più interessante, quella più importante e significativa sono le dimissioni annunciate dal ministro degli Esteri svedese Tobias Billstrom dopo quasi due anni di mandato, durante i quali il suo Paese, tradizionalmente non allineato, ha aderito alla Nato.
E’ il primo politico che paga in maniera diretta l’assalto dell’Alleanza atlantica alla Russia e soprattutto il supino e ottuso piegarsi alla volontà di Washington che ha mandato alle ortiche quasi due secoli di neutralità di cui la Svezia ha beneficiato in mille modi. La ragione delle dimissioni sta nel fatto che l’attacco al centro di addestramento dell’istituto militare di Poltava, è stato particolarmente grave perché ospitava preziosi istruttori svedesi, sia per quanto riguarda la realizzazione di droni, sia per l’imminente trasferimento di due aerei Awacs di produzione del Paese scandinavo , presentati come futuri “occhi” che avrebbero lavorato insieme agli F-16. Non sappiamo quanti di questi istruttori svedesi siano morti nell’attacco, ma poiché le stesse fonti ucraine parlano di perdite che vanno dai 251 a 600 uomini potrebbe trattarsi di diverse decine di specialisti probabilmente vitali per la stessa difesa svedese. Il governo di Stoccolma si trova dunque in grave difficoltà e ha prodotto la prima vittima ufficiale. Il fatto è che gli svedesi si accorgono improvvisamente di essersi messi da soli in prima linea, per giunta dalla parte perdente e stanno realizzando che l’aver assecondato il gioco imperial -globalista delle elite nordamericane, si può trasformare in una trappola mortale. È come quando si realizza che gli amici sono molto più pericolosi dei supposti nemici.
Naturalmente i morti, come in tutti gli altri Paesi della Nato, saranno nascosti all’opinione pubblica o al massimo spacciati per volontari, ma in questo caso il colpo è stato molto duro visto che dopotutto le forze armate svedesi nel loro complesso, contano non più di 20 mila uomini e di certo gli specialisti sono preziosi. Ma qui c’è anche un parallelo nel passato, uno scherzo del destino che forse non va sottovalutato: la Svezia uscì dal novero delle grandi potenze europee e dunque mondiali nel 1709, proprio dopo la disastrosa sconfitta di Poltava contro la Russia di Pietro il Grande. Da allora il progetto svedese di conquista non solo della Scandinavia, ma anche i territori che andavano dal Baltico al Mar Nero, finì nel cestino della storia. In che cestino vuole finire oggi la Svezia?
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