lunedì 30 settembre 2024

La guerra cognitiva in Occidente.

In Occidente la censura è diventata un metodo di altri tempi per governare. La Nato sta conducendo una guerra cognitiva: non combatte idee e ragionamenti, ma agisce per compromettere la facoltà delle persone di tener conto della forma mentis di altre culture. Questa guerra ha dapprima portato alla messa al bando dei media russi, RT, Sputnik e così via; poi a pressioni molto forti su opinion leader come Scott Ritter e Jürgen Eslässer, che non vedono i russi come nemici perché sono in grado di capirli.

Rossia Segodnia è il gruppo radiotelevisivo pubblico russo per l’estero. Produce sei canali televisivi (RT Group), agenzie di stampa (Sputnik, RIA-Novosti), siti internet (Voice of Europe). Attualmente è amministrativamente messo al bando in tutta l’Unione europea; presto lo sarà anche negli Stati Uniti.

voltairenet.org Thierry Meyssan

La vulgata occidentale sul conflitto tra anglosassoni e Russia non tollera contraddizioni. Molti personaggi o società che riportavano punti di vista difformi sono stati oggetto di repressione arbitraria.

Tutto è iniziato in Francia, durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali di maggio 2017. Due media russi, RT e Sputnik, diffondono file hackerati dell’équipe del candidato Emmanuel Macron e le affermazioni di un deputato su un suo presunto conto off-shore alle Bahamas. Macron denuncia Twitter (ora X), senza indicare l’autore del reato; i media russi coinvolti annunciano a loro volta di voler denunciare Macron per diffamazione (ma durante il mandato il presidente non può essere processato). Nulla si muove fino a quando, un mese dopo, a Versailles, il neo-presidente Macron tiene una conferenza stampa con l’omologo russo, Vladimir Putin, durante la quale definisce i media russi «organi d’influenza [che hanno] ripetutamente prodotto falsità sulla mia persona e sulla mia campagna (…) Russia Today e Sputnik non si sono comportati come organi di stampa e giornalisti, ma si sono comportati come organi di influenza, di propaganda, propaganda menzognera, né più né meno».

Nel 2020 le autorità britanniche danno una versione dell’avvelenamento di Sergei e Yulia Skripal; RT ne fornisce una diversa. L’autorità per la regolamentazione dei media, l’Office of communication (Ofcom), invia una serie di notifiche alla rete russa e infine le infligge una multa di 200 mila sterline, confermata dall’Alta Corte di Giustizia di Londra.

Il 10 marzo 2021 la direttrice nazionale dell’intelligence statunitense pubblica un rapporto sulle interferenze straniere durante le elezioni del 2020 [1] in cui si afferma che il presidente russo Putin diede istruzione ai propri media di denigrare la candidatura di Joe Biden e di sostenere quella di Donald Trump. Tuttavia non vi è nulla di perseguibile, quindi nessun media viene citato in giudizio.

Nel 2022 le autorità tedesche si occupano di come RT tratta l’«aggressione russa all’Ucraina». Il canale abbraccia infatti le argomentazioni del Cremlino sull’«operazione militare speciale», resa necessaria dalla presenza di neonazisti nel governo di Kiev. La Germania mette al bando RT e poco tempo dopo l’Unione europea fa altrettanto: il 27 febbraio 2022 la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, annuncia il divieto di RT e Sputnik in tutta l’Unione. Pochi giorni dopo YouTube chiude l’accesso degli europei ai canali di RT e Sputnik. Un mese più tardi anche il Canada li vieta.

La censura si accelera nel 2024. Il 27 marzo il governo ceco vieta il sito web Voice of Europe e adotta sanzioni contro l’ex deputato ucraino Viktor Medvedchouk che lo finanzierebbe. Lo stesso giorno la polizia polacca perquisisce gli uffici del sito a Varsavia e sequestra denaro contante. Il 17 maggio l’Ue bandisce RIA-Novosti e Voice of Europe, nonché i quotidiani Izvestia e Rossïiskaïa Gazeta.

Né negli Stati Uniti né in Unione Europea è mai stato aperto un processo contro RT, Sputnik, RIA-Novosti, Voice of Europe, Izvestia e Rossïiskaïa Gazeta. Sono stati messi al bando con provvedimenti puramente amministrativi. Nella UE la libertà di espressione non vale per i media russi.

La polizia federale tedesca ha effettuato una ventina di perquisizioni spettacolari per reprimere un reato immaginario e ha sequestrato una grande quantità di materiale. Il tribunale amministrativo ha annullato l’intera procedura.

Il 15 luglio 2024 la polizia federale tedesca perquisisce le abitazioni di Jürgen Eslässer, caporedattore di Compact, Magazin für Souveränität, nonché di una ventina di suoi collaboratori. Cerca prove della preparazione di un colpo di Stato. Sequestra una grande quantità di materiale ma non vi trova nulla. Contemporaneamente, la ministra dell’Interno, la socialista Nancy Fraeser, vieta amministrativamente la rivista.

Perquisizione dell’FBI al domicilio di Scott Ritter. Ex ispettore della Commissione speciale delle Nazioni Unite (UNSCOM), responsabile della supervisione dell’eliminazione delle armi di distruzione di massa in Iraq, Ritter si è distinto per aver denunciato le bugie del presidente George Bush. Oggi persevera denunciando la retorica atlantista sul conflitto ucraino.

Il 7 agosto 2024 l’FBI perquisisce il domicilio di Scott Ritter alla ricerca di prove di finanziamenti da parte della Russia. Anche in questo caso la polizia federale sequestra molto materiale ma non trova prove. Ritter ha l’unica colpa di non aver mai smesso, dalla guerra contro l’Iraq, di analizzare le menzogne dei governi statunitensi; una forma di contestazione in linea di principio consentita in una democrazia.

  Il 14 agosto 2024 il tribunale amministrativo      federale di Lipsia annulla il decreto di messa al bando di Compact, Magazin für Souveränität fino a quando il governo Scholz non avrà presentato le prove del complotto di cui accusa la rivista. Stabilisce che quanto sequestrato a Jürgen Eslässer e ai suoi collaboratori venga restituito. In realtà l’unico crimine di Eslässer è aver dichiarato che il governo Scholz sta tradendo il popolo tedesco auspicandone il rovesciamento; certamente un’opinione radicale, ma per principio ammessa in democrazia. Oltre alla rivista, Eslässer ha creato un canale internet, seguito ogni giorno da 1,2 milioni di tedeschi.

Il 4 settembre 2024 Washington annuncia procedimenti penali e sanzioni in risposta a tentativi d’ingerenza nelle elezioni, imputati alla Russia. Il Dipartimento di Stato impone restrizioni sui visti ai media del gruppo Rossia Segodnia.
Il 13 settembre, intervistato dalla stampa, il segretario di Stato Antony Blinken stigmatizza le attività destabilizzanti di RT, a suo parere trasformata in «branca» dell’intelligence russa nel mondo. Quasi due anni prima il suo dipartimento aveva pubblicato un rapporto speciale intitolato I media finanziati dal Cremlino: il ruolo di RT e Sputnik nel sistema di disinformazione e propaganda russa [2]. Tre giorni dopo, il 16 settembre, Meta, che possiede Facebook, Instagram e WhatsApp, dichiara: «Rossia Segodnia, RT e altre strutture collegate sono bandite dalle nostre applicazioni in tutto il mondo a causa delle loro attività d’ingerenza nei Paesi esteri».
Il 21 settembre 2024 la cinese TikTok segue l’esempio del Dipartimento di Stato e chiude gli account dei media russi.

Naturalmente si potrebbe pensare che questi casi non sono correlati, anche se riguardano tutti dei media. È improbabile, dato che le autorità statunitensi e dell’Unione europea non si sono fatte scrupolo di violare il principio della libertà di espressione, sancito nella Costituzione statunitense e dal diritto europeo. La domanda è: quale organismo sta coordinando queste azioni e a quale scopo?

Nel 2016 riferii della creazione del Centro di comunicazione strategica della Nato [3] e nel 2022 dell’istituzione da parte dell’amministrazione Biden del Consiglio per la Governance della Disinformazione (Disinformation Governance Board) [4]. La prima unità è tuttora attiva e continua a svilupparsi, la seconda invece è stata sciolta e la sua direttrice è passata al ministero degli Esteri britannico.

L’insieme di questi dispositivi mira ormai a intervenire il più possibile a monte. Sulla base delle più recenti scoperte delle neuroscienze, il loro obiettivo è orientare il cervello prima ancora della riflessione: è la “guerra cognitiva”. Questa teoria è un’invenzione francese, frutto della mente di tre bordolesi, François du Cluzel, Bernard Claverie e Baptiste Prébot [5], che operavano all’interno del Comando alleato di Trasformazione della Nato, agli ordini dei generali André Lanata e Philippe Lavigne.

Nell’ottica della guerra cognitiva è importante intervenire il più presto possibile, prima che certe idee prendano piede. Ecco perché, a febbraio 2022, quando la Russia applicò la risoluzione 2202 del Consiglio di sicurezza dell’Onu (azione abusivamente definita dalla propaganda atlantista «aggressione russa»), i suoi avversari esitarono a mettere al bando la cultura russa, poi ripiegando sulla proscrizione dei media russi. Alla fin fine, la soluzione ideale non è impedire le notizie nei media, ma vietare i media che tentano di capire il pensiero russo.

Il nemico non è più chi ripete pappagallescamente i comunicati del Cremlino, ma chi cerca di capire il modo di pensare dei russi. Capire il modo di pensare degli altri era un tempo la funzione della diplomazia. Ma il 16 aprile 2022, subito dopo aver vietato i media russi in Francia, il presidente Macron sciolse il corpo diplomatico e, alcune settimane fa, la sua amministrazione ha arrestato Pavel Dorov, fondatore di Telegram, perché fornisce ai propri utenti un mezzo di comunicazione privato e quindi per chattare con i russi.

Questi sforzi sono molto probabilmente coordinati dal Centro per le comunicazioni strategiche della Nato, l’unica organizzazione con esperienza di guerra cognitiva e con l’autorità per far vietare determinati media e far arrestare determinati individui.

Secondo nostre informazioni, gli obiettivi sono determinati dall’Ufficio bavarese di protezione della Costituzione (Bayerisches Landesamt für Verfassungsschutz). Questo ufficio fu istituito nel 1950 dall’Alto Commissario degli Stati Uniti nella Germania occupata, John McCoy. Era composto da ex SS e da ex membri della Gestapo. Da allora nulla è cambiato: solo pochi mesi fa questo ufficio ha classificato un centinaio di gruppi di opposizione, tra cui l’associazione Attac e il partito Die Linke, come «estremisti di sinistra», accusandoli di legami con il terrorismo e raccomandandone la messa al bando.

Con mia grande sorpresa, ho potuto verificare che l’Ufficio bavarese di protezione della Costituzione mi classifica «agente d’influenza russo» a causa della mia difesa del diritto internazionale elaborato nel 1899 dal governo di Nicola II e dal premio Nobel per la pace del 1920, il francese Léon Bourgeois [6]. A quanto pare questi perspicaci segugi hanno reagito solo al riferimento allo zar, ignorando quello all’illustre uomo politico, ex presidente del Consiglio nonché ex presidente dell’Assemblea nazionale, e del senato. Vero è che Léon Bourgeois è già stato fatto sparire dai manuali scolastici.

Viviamo un’epoca che non avevamo previsto: resistere alla guerra cognitiva significa avere strumenti di riferimento, punti di confronto, in una parola, cultura generale.

Ecco i punti da ricordare:
• Piuttosto che praticare una censura generalizzata delle idee dissenzienti, la Nato vuole influenzare il nostro modo di pensare. È la “guerra cognitiva”. Tutte le idee sono ammesse, ma a nessuno è consentito avere una cultura generale, cioè gli strumenti intellettuali per verificarle.
• La messa al bando dei media russi e le perquisizioni spettacolari di Scott Ritter e di Jürgen Elsässer rendono superflui arresti di massa. Non sarà più necessario terrorizzare la popolazione una volta che si saranno messi a tacere i guastafeste.

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