lunedì 30 settembre 2024

La viltà dell’Occidente davanti al genocidio.

Penso spesso al rapporto tra il genocidio dei palestinesi e la nostra responsabilità, di noi occidentali. 

Immagine: Barbara Kruger, “Untitled (Your comfort is my silence)”, 1981.


Mi sembra di cogliere una certa relazione dialettica tra le colpe di Israele – e degli Stati Uniti suoi alleati – con l’indifferenza e l’ipocrisia, atteggiamenti tipici di gran parte della popolazione e della politica occidentale; d’altra parte, ciò che si manifesta con tanta crudeltà non potrebbe manifestarsi senza il nostro disinteresse o la nostra complicità.

Ho smesso di preoccuparmi di informare sulla natura criminale della prassi israeliana; mi sono persuaso dell’inutilità di qualsiasi precisazione: i dati dello sterminio e delle politiche genocidarie di Israele sono facilmente recuperabili, e davvero non serve insistere. 
Rispetto all’enormità di ciò che accade, solo una canaglia può negare i crimini di guerra e contro l’umanità che sta compiendo l’esercito israeliano. 
 
La questione per me più urgente, quasi un’ossessione, è quella della viltà occidentale. 
Si direbbe che l’unico senso dei “valori” occidentali sia ormai diventato quello di contribuire all’orrore, di consolidare lo sterminio, di perfezionare l’ostinazione omicida del peggiore stato colonialista oggi esistente.

È l’immensa viltà di noi occidentali a consentire il genocidio dei palestinesi; la viltà degli ignavi, che preferiscono l’indifferenza alla protesta, e quella dei complici, che stabiliscono cinicamente quali popoli meritano di essere salvati e quali, invece, di essere spediti all’inferno.

Si rimane colpiti dalle palesi ipocrisie sui diritti, sulla legalità internazionale, su sanzioni o aiuti militari; e si rimane basiti di fronte all’impunità di Israele, che ha raggiunto livelli veramente eccezionali, sempre garantita dall’eccesso di simpatia occidentale e dalla propensione statunitense a considerare gli equilibri geopolitici più importanti dei diritti dei palestinesi (e ora dei libanesi).

Quanto sta accadendo ai palestinesi è il modo con cui l’Occidente condanna la propria parte migliore, quella della giustizia e dell’uguaglianza, della tolleranza e della solidarietà con l’oppresso.

Siamo ormai giunti a una trasformazione epocale, adottando un liberalismo estremista e militarista che stabilisce un prezzo ai popoli del mondo. Perché è indubbio che per le istituzioni, i politici e i media occidentali i popoli non sono tutti uguali; per esempio, il popolo ucraino vale molto di più di quello palestinese. Il sangue dei popoli è, per così dire, merce di scambio nel mercato geopolitico. Come non inorridire di fronte a questa cinica ipocrisia?

Pur nella sua estrema tragicità, c’è qualcosa di istruttivo in quello che sta accadendo. Perché a Gaza c’è tutto quello che dovremmo imparare, tutta la storia del mondo contemporaneo in quella striscia di terra: il senso della giustizia e dell’abiezione, il senso dell’impunità e della credibilità, il senso delle responsabilità dei governi e dell’enorme disorientamento dei popoli …

L’evento-Gaza è una monumentale lectio magistralis che ci può insegnare a riconoscere quanti, tra i nostri simili, meritano l’onore di essere considerati fautori della giustizia e della democrazia nel mondo e quanti, al contrario, saranno ricordati come i promotori di un genocidio.

* da Facebook

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