mercoledì 24 aprile 2024

Un calcolo politico contro le donne

 Un calcolo politico contro le donne

(FLAVIA PERINA – lastampa.it)

Passa con il voto di fiducia il decreto Pnrr, compresa la norma che apre le porte dei Consultori a «soggetti del terzo settore che abbiano esperienza nel settore del sostegno alla maternità», insomma ai militanti antiabortisti dei movimenti Pro-Vita. 
Cosa faranno all’interno di quelle strutture lo ha chiarito Maria Rachele Ruiu, portavoce del movimento, in una recente nota sulla necessità di rappresentare alle donne «i rischi che l’aborto comporta per la salute fisica e psichica». Nel dettaglio: «aumento del pericolo di cancro al seno del 44% per chi subisce un aborto indotto fino a salire addirittura all’89% per chi ne subisce tre; infezioni pelviche e genitali, emorragie, perforazioni e cicatrizzazioni, aborti spontanei successivi, parti prematuri in caso di altre gravidanze (…) depressioni, disturbo post traumatico da stress, abuso di sostanze e comportamenti autolesionistici fino al suicidio».
Non si sa con esattezza da quali studi arrivi questo spaventoso elenco di disgrazie. 
E’ invece evidente la conseguenza della norma appena approvata: ogni donna che entra in un Consultorio potrebbe essere esposta a una consulenza terrorizzante , proveniente non da medici, specialisti, scienziati, ma da persone senza alcun requisito specifico oltre una generica «esperienza nel sostegno alla maternità».

Il vulnus alla legge 194 è chiaro. L’errore commesso dalla maggioranza lo è altrettanto. Per compiacere settori minoritari del mondo cattolico si riapre la guerra sul corpo delle donne e lo si fa nel luogo dove sono più esposte, fragili, talvolta confuse: all’interno di strutture dove non dovrebbe entrare nessun tipo di militanza ma solo lo sguardo attento degli psicologi, degli assistenti sociali e dei ginecologi. A loro tocca aiutare le donne a bilanciare i pro e i contro di una interruzione di gravidanza, loro è il compito di aiutare una scelta libera e consapevole. Neppure la vecchia Dc, la Dc supercattolica di Giulio Andreotti che controfirmò la Legge 194 ignorando gli appelli dell’oltranzismo a dimettersi, aveva mai immaginato di consentire ai privati di intromettersi nel percorso accuratamente prescritto dalla norma. Al contrario, fece barriera contro le forze che contestavano la decisione di riservare l’intervento alle strutture pubbliche, vietando in via assoluta ai privati di occuparsi di aborto in qualsiasi modo. Molti non lo ricordano, ma i referendum del 1981 furono due: quello del Movimento per la Vita che chiedeva l’abrogazione della 194 e quello dei Radicali che sopprimeva “l’esclusiva” dello Stato sugli interventi di Ivg. Furono entrambi respinti. La legge restò com’è. Con la saggia previsione di un unico intervento dell’associazionismo: a sostegno della maternità difficile «dopo la nascita» (e non prima della scelta).

 Tra l’altro la 194, come risulta con chiarezza dalle annuali relazioni parlamentari, è incontestabile sotto il profilo dei risultati. La piaga degli aborti clandestini è stata stroncata. L’Italia è felicissimo fanalino di coda nella classifica del tasso abortivo, con numeri sempre più esigui anno dopo anno. E allora perché incrinare questo equilibrio, riaprire una delle poche “questioni etiche” che si sono chiuse, ormai da decenni, con soddisfazione di quasi tutti? Il calcolo politico è evidente. Maria Rachele Raiu sarà tra gli ospiti d’onore della tre giorni di Pescara che nel prossimo week end lancerà la campagna di FdI per le Europee. La sua presenza conferma il dialogo privilegiato della destra con i gruppi Pro-Vita, che una volta era appannaggio del salvinismo alla Simone Pillon. E tuttavia vai a vedere se questo rubabandiera porterà vantaggi elettorali: al momento assicura soprattutto polemiche interne e sospetti europei.

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