venerdì 19 aprile 2024

Tutto il "nostro" mondo è paese. New York, oltre cento studenti che manifestavano per il popolo palestinese sono stati arrestati alla Columbia University.

Oltre cento studenti si sono accampati per due giorni all’interno del campus della Columbia University di New York per manifestare a favore del popolo palestinese. Poi, giovedì sera, sono stati arrestati. 

Copertina di New York, manifestazioni pro-Palestina alla Columbia Univerity: arrestati più di cento studenti

ilfattoquotidiano.it

A chiamare la polizia è stata la rettrice dell’università Minouche Shafik che, dopo essersi consultata con il consiglio universitario, ha inviato una email a tutti gli studenti motivando così la decisione: “Ho stabilito che l’accampamento e i relativi disordini rappresentano un chiaro e attuale pericolo per il funzionamento sostanziale dell’Università”, aggiungendo di aver preso questa decisione “con profondo rammarico“. Inoltre, Shafik ha fatto sapere alla polizia di New York che tutti gli studenti che hanno partecipato alla manifestazione saranno sospesi.

Secondo quanto riportato dal New York Times, le forze dell’ordine hanno quindi circondato circa 70 studenti che si trovavano nell’area dell’accampamento, in solidarietà di Gaza (la “Gaza solidarity encampent”), mentre in centinaia filmavano la scena urlando ai poliziotti “shame on you” (vergogna). I manifestanti non hanno opposto resistenza e, giovedì sera, il sindaco Eric Adams ha riportato gli arresti in conferenza stampa, aggiungendo che “durante i disordini non ci sono state violenze né feriti“.

È la prima volta, in oltre 50 anni, che la polizia entra nel campus dell’università newyorkese arrestando decine di studenti. Nel 1968 le forze dell’ordine usarono i gas, un centinaio di studenti rimasero feriti e circa 700 finirono al commissariato. Giovedì, sotto il fuoco di fila delle domande dei deputati repubblicani, che in dicembre avevano “messo alle strette” le colleghe di Harvard, Claudine Gay e di Penn State, Lizz Magill costringendole entrambe alle dimissioni, la Shafik si era impegnata di più per contenere le proteste pro-Gaza e anti-Israele. La rettrice aveva ammesso che alcuni degli slogan gridati nelle proteste del dopo 7 ottobre erano di carattere antisemita.

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