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Forse pochissimi conoscono il nome di Giovanni Arrighi, perché essendo stato incasellato come storico marxista, ha subito l’ostracismo dell’impero nonostante nell’ultimo periodo della sua vita abbia insegnato alla alla Johns Hopkins University. Tra le molte cose interessanti che Arrighi ci ha lasciato ( è scomparso nel 2009) sono state le teorie elaborate come professore di sociologia presso l’Istituto Fernand Braudel principale centro di analisi dei sistemi Mondiali. Arrighi aveva notato che il crollo degli imperi, almeno nel mondo moderno, è sempre preceduto da una fase di finanziarizzazione. Egli fa risalire l’origine di questo processo ciclico alle città italiane del XIV secolo, un’epoca nella quale si è formato il mondo moderno: la prima ondata di finanziarizzazione si è avuta a partire dal 1560 circa, quando gli uomini d’affari genovesi si ritirarono dal commercio e si specializzarono nella finanza, stabilendo così rapporti simbiotici con il Regno di Spagna. L’ondata successiva iniziò intorno al 1740, quando gli olandesi cominciarono a ritirarsi dal commercio per diventare “i banchieri d’Europa”. La finanziarizzazione in Gran Bretagna, emerse intorno alla fine del XIX secolo mentre per gli Stati Uniti è iniziata negli anni ’70. Ogni ciclo è più breve e ogni nuovo egemone è più grande, più complesso e più potente del precedente, ma destinato a cadere più in fretta degli altri.
Ora è molto difficile sfuggire alla trappola della finanziarizzazione per ragioni strutturali che ha messo in luce decenni dopo Arrighi, Michael Hudson. All’inizio di questo secolo – argomenta l’economista americano – l’idea era che gli Stati Uniti avrebbero inventato l’iPhone e i cinesi avrebbero potuto assemblarlo, questa era la distribuzione del lavoro che si pesava di poter mantenere a lungo , ma ora ovviamente la Cina ha scalato queste catene di valore globale e può effettivamente realizzare entrambe le cose in maniera più efficiente: invenzione e assemblaggio. Questo a mio parere semplicemente perché nel fare si concretizza l’idea del sapere, mentre nel sapere e molto meno implicita quella di fare. Comunque gli Usa sono sempre stati a favore del libero scambio fintanto che erano il produttore industriale più efficiente e più forte, ma da quando hanno perso terreno in questo campo, sono tornati a sognare il protezionismo che nel 19esimo secolo ha per messo lo sviluppo dell’industria sul suolo americano.
Tuttavia, dice Hudson, questa è un’illusione, gli Stati Uniti non possono reindustrializzarsi oggi come potevano fare due secoli fa perché hanno già sovraccaricato la loro economia con la finanziarizzazione, il debito aziendale, il debito personale e l’assistenza sanitaria privatizzata, l’ istruzione privatizzata e quant’altro. Il costo economico derivante dall’ottenere un lavoro e il salario che i lavoratori devono ricevere, non semplicemente per mangiare e vestirsi ma per l’assicurazione medica, per il servizio del debito, esclude l’America dal mercato. Quindi non ha davvero altra alternativa se non quella di essere autarchica. Quanto meno dovranno passare molti decenni di intensi investimenti prima che l’economia americana possa autocorreggersi. Si deve reiventare il sistema educativo e portare la sanità nel pubblico così da poter abbassare il costo della vita e far sì che i datori di lavoro non debbano pagare salari troppo alti per il mercato globale. Si dovrebbe fornire un’istruzione gratuita in modo che i lavoratori non entrino nel mondo del lavoro con così tanti debiti da aver bisogno di salari sufficientemente alti solo per pagare il debito. L’America, e forse anche l’Europa occidentale, sostiene Hudson, si sono messe all’angolo e si tratta ormai di una condizione divenuta sistemica. L’intera tendenza dal 1945 a oggi, ha creato tali rigidità che non c’è modo di abbatterle e neanche l’idea che in qualche modo esista una politica governativa in grado di sistemare le cose potrà funzionare, a meno che non sia una politica così radicale da perseguire altre forme di economia.
Nel frattempo però l’impossibilità di compensare il debito e l’enorme deficit commerciale, porterà a forti problemi per mantenere il dollaro nella sua posizione di moneta di scambio universale, provocando un’ulteriore caduta economica. E così possiamo tornare ad Arrighi e al suo ciclo di declino finanziarizzazione: questa è una trappola dalla quale non si può uscire prima che rivali prendano il posto precedentemente occupato. L’ora del crepuscolo ci avvolge tutti.
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