Ancor prima di parlare dell’argomento a me caro, ovvero le intercettazioni, voglio esprimere il mio dispiacere per la vicenda del professor Luciano Canfora, e mi auguro che Giorgia Meloni presenti quanto prima la remissione di querela.
Pippo Giordano Ex ispettore DIA
Io non mi feci corrompere da due mafiosi che mi offrirono 65 milioni di lire per non essere arrestati: feci soltanto il mio dovere e lascio in eredità ai miei nipoti un gesto da seguire. Il tradimento di uomini appartamenti alla Pubblica Amministrazione sta assumendo proporzioni allarmanti. Uomini che vigliaccamente veleggiano sul mare tempestoso del ladrocinio e per giunta non si vergognano nemmeno più. Mi fanno pena oltre che ribrezzo. La cosa che colpisce di più è che nonostante il ladrocinio seriale, questa maggioranza di governo, con l’apporto del pupiddu di Rignano (pupiddu significa bell’uomo e quindi non è offensivo), invece di proporre una serrata lotta alla corruzione, si pensa di modificare l’uso delle intercettazioni.
Il ricorso alle intercettazioni dovrebbe essere la linfa per dar impulso alle investigazioni. Invece si reitera quel modus operandi tanto caro a Silvio Berlusconi. Quest’ultimo palesava apertamente la contrarietà sull’uso delle intercettazioni, aggiungendo forte dissenso con epiteti, contumelie e offese all’indirizzo dei magistrati. Persino la sua componente partitica non lesinò esternazione di contrarietà verso la magistratura, tant’è che manifestò pubblicamente con la nota pupiata innanzi al Palazzo di giustizia di Milano. Alcuni politici non accettano d’esser intercettati e sanno benissimo che le intercettazioni sono uno strumento essenziale per scoprire reati. Persino il ministro Nordio, ex pm, ha affermato che i mafiosi non usano i cellulari negli attentati e io sono stato costretto a far rilevare il contrario, con elementi fattuali.
Nessun commento:
Posta un commento