giovedì 18 aprile 2024

India. Il Kerala cristiano e comunista è l'isola felice dell'India. Dove Modi non sbanca.

Narendra Modi si appresta a stravincere le elezioni del 19 aprile, le più imponenti che la storia umana ricordi, grazie al miliardo di elettori chiamati alle urne. Ma non prenderà seggi in una delle regioni più ricche e femministe del Paese.

 

lespresso.it Antonio Ortoleva 

Il primo ministro ultra-indù Narendra Modi, al potere da dieci anni, si appresta a governare l’India per altri cinque. È il favorito alla vigilia della più gigantesca tornata elettorale della storia umana: un miliardo di votanti (967 milioni), chiamati alle urne dal 19 aprile nel milione e 200 mila seggi aperti in tempi diversi per quasi un mese e mezzo. Modi è favorito perché l’opposizione di centrosinistra - una coalizione di 28 partiti, denominata con l’acronimo India e capeggiata dal leader laburista Rahul Gandhi, figlio dell’italiana Sonya e nipote di Indira - non mostra segni di ripresa, semmai ancora di debolezza. Nel novembre scorso, tre Stati su quattro sono andati al partito di governo, compreso il grande Rajasthan, roccaforte del Congress. 
Modi è favorito in particolare per aver gestito il potere, secondo la stampa internazionale, come un despota. Il controllo su giornali (ancora ad alta tiratura) e tv, la vicinanza a procure e tribunali, l’arresto di leader dell’opposizione, come il primo ministro dello Stato di Delhi, Arvind Kejriwal, una sorta di Beppe Grillo indiano, celebre per le sue battaglie contro la corruzione, hanno provocato malumori nelle cancellerie europee e a Washington, proteste in piazza con vittime e arresti. 
Nel report annuale degli esperti dell’Economist sullo stato della democrazia del mondo, l’India ha perso molte posizioni scivolando nella zona delle autocrazie fra il Niger e la Costa d’Avorio.

Non va in tv, ma come un influencer sui social, figlio di un semplice venditore di tè, a dispetto della “nobless family” Gandhi-Nehru, membro in gioventù, come altri ministri in carica, del gruppo paramilitare di estrema destra Rss, Modi ha allargato il consenso tra le classi più povere, ma non tra i dalit, gli “intoccabili”, che rimangono tali, ha condotto battaglie discriminatorie verso la comunità musulmana, causando disordini e vittime, ha impresso una forte spinta all’economia favorendo multinazionali e grandi imprese. E così facendo, punta alla maggioranza assoluta dei seggi, le proiezioni dicono 400 su circa 550.

«Lo voteranno perché ha dato impulso all’economia, non per la linea politica - spiega Rosario Zaccà, ovvero “Mister India” (come lo chiamano), avvocato d’affari a Milano e membro del board della Camera di Commercio italo-Indiana di Mumbay - la politica economica di Delhi è la seguente: porte aperte agli stranieri, ma devono produrre qui, e così ha fatto Apple che ha spostato la produzione dell’iPhone 15 dalla Cina in India. Per noi, dopo la vicenda dei marò e lo scandalo Finmeccanica, è un momento magico. Lo stile italiano è di moda qui grazie alla politica, sin dal governo Conte, e al lavoro del nostro ambasciatore Vincenzo De Luca, ora a fine mandato. Meccanica, moda, designer, acciaio: i nostri prodotti, dicono gli indiani, sono buoni come quelli tedeschi, ed è un gran complimento, ma più fashion».

Il premier, tuttavia, ha un cruccio. C’è uno Stato del Sud, la regione delle spezie, del tè e delle cliniche ayurvediche, la regione ricca del Kerala, a maggioranza cristiana e comunista, dove il suo partito, il Bjp, il Bharatiya Janata Party, non detiene neppure un seggio. Trivandrum, la capitale dell’“Emilia Romagna indiana”, ha eletto sindaca una studentessa marxista di 21 anni, Arya Rajendran, e all’opposizione ci sta il Congress della famiglia Gandhi. Abbiamo attraversato il Kerala, che è un’altra India, un mese intero per averne l’idea concreta che qui le discriminazioni di casta quasi non esistono, il sistema scolastico è tra i migliori al mondo, con evasione dall’obbligo vicina allo zero, anche per via dei comitati di zona composti da donne, e sostenuti dal governo locale, che esplorano i casi difficili intervenendo anche con sostegni finanziari alle famiglie. Povertà a livelli bassi e benessere generalizzato, indipendenza femminile fuori dai radar indiani, tanto che le donne passano il cognome alla prole. «Il monte Everest dello sviluppo sociale», lo definì Bill McKibben, il geografo ambientalista americano. Qui Gesù, Maometto, Shiva e Buddha convivono in armonia, un modello poco praticato altrove.

A Ovest, sulla costa oceanica lungo il Mar Arabico, nuovi resort di lusso o a capanne in stile hippy, ragazze indiane persino in bikini, mai viste altrove, movide chiassose del sabato sera e bancarelle che accettano carte di credito. La modernità avanza da Delhi al Kerala, c’era una volta l’India e tra poco non ci sarà più? «Impossible», risponde interrogato Indi Mittal, un bel signore alto e con barbetta brizzolata che accompagna da guida i colleghi professori di Toronto dove vive. «Impossible, in questo Paese c’è una coscienza collettiva che si è interrogata da millenni sui più grandi problemi dell’umanità e ha trovato risposte migliori di quanto abbiano dato Platone e Kant».

Più a Nord città lagunari come Cochin, con il primo aeroporto al mondo ad energia solare, primo porto commerciale europeo con lo sbarco di Vasco de Gama, che inaugurò nel 1524 la stagione predatoria e coloniale. A Est le montagne verdeggianti di piantagioni di tè, le più in alto del mondo. Per arrivarci, devi accettare migliaia di tornanti, fino ai 1.500 metri, alle pendici dei monti Gathi, al confine dei dirupi dove comincia Il Tamil Nadu, una distesa di morbidi cespugli verdi, intervallati da sinuosi sentieri a corolla, dove cresce la migliore miscela che si possa gustare. A due ore di auto verso Sud - mentre superiamo rimorchi carichi di capre e trainati da trattori, e ai margini, nell’ombra della vegetazione tropicale, chioschi della noce di cocco a cui mozzano la testa per poi succhiare il latte con una cannuccia - ecco Kumily, con l’accento tronco sull’ultima sillaba, la piccola capitale mondiale del pepe - nero, verde, bianco - e del cardamomo, la spezia che in cucina insaporisce riso e dolci e in medicina cura problemi polmonari e di stomaco.

Il Kerala è anche la regione dei grandi scrittori. Nella galleria della fama mondiale, al primo posto la ribelle Arundathi Roy e il caso letterario “Il dio delle piccole cose”, lei vive sotto scorta a causa di minacce integraliste, si batte per i diritti civili e delle minoranze. 
O Abraham Verghese, nato ad Addis Abeba da emigrati dal Kerata e il suo superbo “Il patto dell’acqua”. 
Amitav Gosh ha invece ambientato tra il Kerala e l’arcipelago delle Molucche “La maledizione della noce moscata”, la spezia che allora difendeva l’Europa dalla peste, che valeva più dell’oro e che aprirà la strada alla modernità. 
È presto detto: a seguito di un contrasto bellico tra olandesi e inglesi, si avviene a un accordo. Londra cede l’isolotto dell’arcipelago che aveva occupato, in cambio ne riceverà un altro, paludoso e malsano, scoperto e quasi abbandonato nel nuovo Mondo. Gli inglesi lasciano le Molucche e si accaparrano quell’isolotto che verrà chiamato Manhattan, una lingua di terra che nessuno voleva. 
Occorre notare che nell’aprile di 500 anni fa, fu un italiano, Giovanni da Verrazzano, a scoprirla, quindi corre in questi giorni l’anniversario della capitale globale della finanza. Il nostro fiorentino la portò in dono al re di Francia, Francesco I, il quale aveva finanziato la spedizione. Ma il sovrano rispose che non sapeva che farsene di un isolotto senza valore come quello. E lo rifiutò.

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