giovedì 25 aprile 2024

Il videogioco della sconfitta

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Sembra incredibile, ma è così: l’America rassomiglia a un videogioco che si ripete infinitamente.  Nel 2002 il  pentagono spese oltre 250 milioni di dollari e impegnò  per oltre due anni anni 13.500 militari per simulare una guerra tra Iran e Stati Uniti con l’intento di mostrare come l’esercito americano avrebbe potuto sconfiggere facilmente l’Iran. Ma non andò così. Paul Van Riper, generale a tre stelle e veterano del Corpo dei Marines ha guidato le forze iraniane nel gioco di guerra con la missione di affrontare l’intera forza dell’esercito americano, guidata da un gruppo da battaglia di portaerei e da una grande forza da sbarco anfibia nel Golfo Persico ottenendo uno strepitoso successo.

Van Riper ha aspettato che la marina americana attraversasse lo Stretto di Hormuz, poco profondo,  rendendo le grandi navi bersagli facili per le tecniche di guerra non convenzionali e asimmetriche dell’Iran: sciami di motoscafi suicidi carichi di esplosivo, aerei a bassa quota che trasportano missili antinave, mine navali e missili balistici antinave terrestri, tra l’altro a basso costo ma  altamente efficaci, hanno affondato tutte le 19 navi a stelle e strisce causando 20 mila morti tra marinai e marines.  Insomma il gioco di guerra costato un quarto di miliardo di dollari si rivelò un completo disastro disastro per il Pentagono e tra l’ltro in un periodo in cui l’Iran era molto più indietro di oggi e non c’erano droni con cui saturare le difese navali.

Allora cosa fecero i militari? Si preoccuparono forse di cambiare strategia? no semplicemente bararono, riscrivendo il gioco in maniera che gli Usa non potessero perdere. Van Riper disgustato da tutto questo se ne andò dichiarando: “Da questo non si è imparato nulla. Una cultura che non è disposta a  mettersi alla prova non è di buon auspicio per il futuro”. In ogni caso diventò evidente che le grandi navi e in particolare le portaerei sono troppo vulnerabili anche in caso di conflitto con potenze regionali ( figurarsi con Russia e Cina) e che spendere incalcolabili miliardi per tenere in piedi un meccanismo da parata planetario destinato ad impaurire gli avversari forse non era la cosa migliore. Lo si è visto in Yemen dove la parata non ha demoralizzato gli Houti, ma viene continuamente presa di mira.

E tuttavia in 20 anni non si è cambiato registro mentre una guerra con l’Iran diventa sempre più probabile e le armi di contrasto contro i grandi sistemi militari si sono nel frattempo molto perfezionati. Non lo si è cambiato perché l’industria degli armamenti nel suo complesso cerca di guadagnare il più possibile e questo significa mantenere i vecchi schemi: il che, nell’attutale contesto, significa mostrare potenza più averla realmente. Dopo vent’anni ci si accinge alla guerra contro l’Iran, senza aver cambiato una virgola della strategia che risultò perdente allora con Teheran che invece ha aumentato di molto le sue capacità militari

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