mercoledì 1 marzo 2023

Petrolio russo, ecco come il prezzo buca il tetto

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La Russia vende petrolio a un prezzo superiore del 25% al tetto che l’Occidente ha tentato vanamente di imporle.

L’oil price cap esportato via mare dunque non funziona. La Russia continua a cederlo a cifre ben superiori ai 60 dollari per barile che l’Ue e il G7 hanno provato a imporle a partire dal 5 dicembre 2022. Nelle prime quattro settimane successive al 5 dicembre, il prezzo medio del petrolio russo consegnato attraverso le petroliere è stato di circa 74 dollari al barile. È stato cioè superiore del 25% circa al tetto.

Lo riporta la prestigiosa testata economica Bloomberg. I dati vengono da una ricerca di Università della California, Columbia University e International Finance, un’agenzia della Banca Mondiale.

PETROLIO RUSSO IN LINEA CON IL PREZZO MEDIO INTERNAZIONALE

Si può completare quanto riporta Bloomberg con un’altra informazione. E cioè: quei 74 dollari di prezzo medio nelle prime quattro settimane successive al 5 dicembre e alla teorica entrata in vigore del tetto sono straordinariamente vicini al prezzo medio che il petrolio ha avuto sui mercati internazionali in quello stesso periodo.

Lo evidenzia l’immagine qui sotto, ottenuta elaborando il grafico del prezzo del petrolio di Trading Economics. Il rettangolo rosso individua le quattro settimane successive al 5 dicembre, cioè il periodo di tempo che Bloomberg prende in esame. La linea orizzontale tratteggiata, posizionata sui 77,7 dollari al barile (centesimo più, centesimo meno) indica il prezzo del petrolio al 5 dicembre. E la linea blu, ovviamente, rappresenta l’evoluzione del prezzo del petrolio nel tempo.

prezzo del petrolio e tetto di prezzo del petrolio russo grafico

Il tetto di prezzo (o il tentativo di imporlo) consiste nel vietare alle società di assicurazione e di certificazione l’offerta di servizi alle petroliere russe che trasportano petrolio venduto al di sopra del tetto dei 60 dollari. Fino all’altro ieri, la quasi totalità di queste società erano situate in Stati Ue o del G7.

La Russia però  – e lo nota anche Bloomberg – si è attrezzata con quella che essa chiama “una flotta ombra” di petroliere. Peraltro, l’India ha cominciato ad offrire assicurazioni e certificazioni alle petroliere russe fin da quando una puntata precedente delle sanzioni occidentali ha colpito le petroliere della russa Sovcomflot.

Rimane una considerazione. Il tetto di prezzo mirava a limitare gli incassi della Russia (cosa che non sembra avvenuta) mantenendo però l’afflusso sul mercato internazionale del suo prezioso petrolio. In questo, l’Ue e i G7 sono stati accontentati, eccome se lo sono stati! Ma pare che non lo saranno più per molto, per scelta della Russia.

LA RUSSIA VUOLE CHIUDERE I RUBINETTI DEL PETROLIO

Le cose con ordine. Innanzitutto, il grafico qui sotto. Mostra le esportazioni russe di petrolio via mare nel 2021 (situazione prebellica, linea rosa), nel 2022 (linea azzurra) e, in color bordeaux, in queste prime settimane del 2023. Viene da Bruegel, un centro di studi economici del quale fanno parte governi di Stati Ue, società internazionali e istituzioni. Non esattamente un covo di putiniani, insomma. Si nota nel grafico un calo nelle esportazioni russe nelle ultime settimane del 2022, più accentuato in concomitanza con l’entrata in vigore (teorica) del tetto di prezzo. Si nota anche la successiva, netta impennata.

esportazioni russe petrolio via mare 2021 2022 2023 grafico

È comprensibile che l’Occidente voglia mantenere l’afflusso di petrolio russo sui mercati internazionali. La Russia è il secondo produttore mondiale di petrolio: il primo sono gli Stati Uniti. Se chiude un po’ i rubinetti, il prezzo aumenta.

Ma ora la Russia vuole proprio chiudere i rubinetti. Il petrolio (come il gas) è il sangue che scorre nelle vene dell’economia: se rincara, rincara tutto. Secondo la solitamente ben informata agenzia di stampa Reuters, nel prossimo mese di marzo 2023 la Russia intende tagliare del 25% rispetto a febbraio le esportazioni di petrolio via mare in partenza dai suoi porti occidentali, cioè da quelli del Baltico e del Mar nero.

Questo taglio si sommerebbe all’intenzione, già dichiarata in precedenza, di ridurre del 5% la sua produzione nel mese di marzo. Se sarà così, il prezzo del petrolio verosimilmente salirà in modo deciso. Un altro chiodo nella bara del tetto di prezzo che l’Occidente vorrebbe imporre.

GIULIA BURGAZZI

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