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La storia è fatta di corsi e di ricorsi, simili ma sempre diversi. In una UE sempre meno democratica e sempre più autoritaria si impone l’abbandono dei motori endotermici, tranne che non utilizzino (almeno per ora, poi vedremo che succederà sui bio-carburanti) gli “E-Fuel”, carburanti generati sinteticamente e questo ci riporta ad un momento particolarmente movimentato della storia europea.
La tecnologia per produrre carburanti sitentici ha un secolo di vita, quini è tutt’altro che nuova. Un primo brevetto risale addirittura al 1913 con il procedimento Bergius che trasformava il carbone in carburante sintetico. Un secondo metodo, che invece partiva dall’acqua e dal gas, venne sviluppato nel 1923 da Franz Fischer e Hans Tropsch, il cosiddetto procedimento Fischer Tropsh, o FT. La Germania, ma non solo, investirono pesantemente in questi procedimenti per ottenere carburanti sintetici, parte dello sforzo di Adolf Hitler per diventare autonomi dall’importazione di idrocarburi liquidi che, nel 1936, venivano importati per il 72%. In realtà gran parte dell’energia tedesca, ed europea, dell’epoca era ottenuta senza utilizzare idrocarburi liquidi, cioè petrolio, e nella Germania derivava principalmente dal carbone. La quantità di petrolio importata era importante, ma molto inferiore rispetto a quella attuale. L’idea del Fueher era semplice: dato che dobbiamo preparare una grande guerra europea bisogna essere autonomi per i carburanti. I produttori dell’epoca, Romania , USA, Iraq e Iran, erano sotto il controllo dei nemici, potenzialmente ostili o comunque non in grado di soddisfare le necessità tedesche. I giacimenti nella Libia italiana erano sconosciuti (i primi a notarli fu Italo Balbo, a cui riferirono di affioramenti vicini a Tripoli) e comunque non sfruttabili senza tecnologie USA. Quelli del Mare del Nord sconosciuti e comunque non utilizzabili.
Quindi i tedeschi si buttarono a testa bassa nella produzione di carburanti sintetici, che comunque non fu mai sufficiente per soddisfare i fabbisogni bellici della Germania nazista. Nel 1944, quando i sovietici occupaarono Ploiesti, la Germania fu tagliata fuori da ogni notevole fornitura di idrocarburi estratti e fece affidamento solo sugli impianti per il carburante sintetico da cui si otteneva Jet fuel, kerosene per motori aeri, benzina ordinaria, diesel, e altri prodotti sintetici come la gomma. Ben 25 impianti furono costruiti, fra cui quelli enormi a Politz (Police, ora in Polonia ne vedete un’immagine in apertura), prodotto dalla IG Farben , cioè dall’attuale BASF, dove lavorarono quasi 30 mila persone , di cui 13 mila morirono di stenti. Altra società molto coinvolta nella produzione del carburante sintetico fu la Brabarg, che fece ampio uso di prigionieri per la gestione e la costruzione, o riparazione, degli impianti.
Per curiosità, negli anni ’30 la Germania investiva pesantemente nella chimica per produrre carburanti, mentre noi, artigianalmente, investivamo nel gassogeno, il procedimento che otteneva un gas combustibile partendo dal legno o da altri combustibili con un processo anaerobico. Perfino una Alfa Romeo 1750 a gassogeno partecipò alle Mille Miglia.
Ovviamente il gassogeno era una soluzione adatta ad auto e bus, ma completamente inadeguata per l’impiego bellico a cui puntavano i tedeschi…
I problemi dell’e-fuel, o dei carburanti sintetici , sono semplici:
- sono costosi. Gli USA produssero negli anni 50 carburante sintetico per rinunciarvi con l’abbassamento dei prezzi del petrolio. In teoria il prezzo potrebbe anche essere vagamente comparabile, se prodotto in grandi impianti super centralizzati e con grande utilizzo delle economie di scala, il che ci porta al secondo e terzo problema;
- il procedimento non è sicuramente non impattante dal punto di vista ambientale, apposta perché richiede enormi impianti. A meno che non si vogliano piccoli impianti green e pagare il carburante 240-300 dollari al barile se non di più. Quindi niente accise e quindi incassi per gli Stati, tranne che non si cerchi un forzato impoverimento della popolazione;
- un impianto chimico di questo genere ha delle ricadute nella sicurezza ambientale e dei lavoratori da non sottovalutare. Avere poi piccoli impianti “Green” diffusi aumenterebbe, non ridurrebbe, il rischio.
Alla fine l’E-Fuel europeo non è altro che una nuova versione del sogno autocratico di autarchia che periodicamente percorre l’Europa. Non vedo un grosso passo avanti fra l’imposizione green attuale a quelle degli anni trenta, se non un cambio nelle divise e nel pensiero unico, senza un particolare avanzamento nella sua lucidità. Le conseguenze di questa brutale repressione della libertà e del mercato la pagheremo sia dal punto di vista economico, sia umano.
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