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All’inizio di marzo l’Unione Europea (Ue) ha imposto la quarta serie di misure coercitive contro il settore energetico russo, vietando gli investimenti delle grandi compagnie petrolifere russe: Rosneft, Transneft e Gazprom Neft.
Quindi, il 25 marzo, l’UE ha creato, insieme agli Stati Uniti, il Gruppo di Lavoro sulla Sicurezza Energetica Europea con l’obiettivo di tentare di ridurre la dipendenza dai combustibili fossili provenienti dalla Russia, sfruttando gli escamotage della sicurezza energetica e “contribuendo” all’accordo di Parigi.
Oltre a queste misure, ve ne sono altre che si trascinano da tempo, come la paralisi del grande progetto Nord Stream II, che testimonia un totale disastro nell’elaborazione della politica estera nei confronti del Paese da cui dipendono enormemente in termini di risorse energetiche: la Russia.
Questa dipendenza va di pari passo anche con la rete di distribuzione di gasdotti e oleodotti che esiste dai tempi dell’Unione Sovietica, il cui magistrale successo è stato quello di posizionare quel grande Paese, oggi, come il più grande distributore di energia in quell’appendice chiamata Europa.
Non si tratta solo di cercare mercati alternativi che possano sostituire la Russia, l’Europa non ha le infrastrutture per ridurre le importazioni.
Il termine dipendenza, nel dizionario energetico statunitense, significa allarme e minaccia, e ancora di più quando si tratta di paesi europei che fungono da vassalli di questa sorta di feudatario. Se l’Europa dipende per circa il 40% dal gas russo e il Nord Stream II doveva fornire maggiori risorse, la cricca del potere statunitense doveva portare avanti ulteriori provocazioni e seguire il riavvicinamento della NATO al circuito russo. Con quali obiettivi?
1- Impedire che tale dipendenza continui a crescere, poiché le proiezioni indicavano che entro un decennio potrebbero essere dipendenti da un 50% a un 60%.
2- Cercare di erodere l’influenza della Russia sulla scena europea. Per loro, il trauma del Piano Marshall non può perdere la sua validità e, soprattutto, il suo peso politico.
3- Cercare di fermare l’avanzata e il posizionamento della Russia nei mercati asiatici. Nel 2021, la Russia ha venduto all’Asia circa 33 miliardi di metri cubi di gas, rispetto a un mercato europeo che ne importa normalmente 160-200 metri cubi dalla Russia.
In questo contesto geopolitico, il mese di giugno è stato molto intenso in termini di incontri tra gli attori internazionali per valutare le prospettive, con il XXV Forum Economico Internazionale di San Pietroburgo (SPIEF), il XIV Summit dei BRICS e il VI Summit del Mar Caspio contro il 48° incontro del G7 e il vertice NATO.
In generale, tutti questi incontri hanno avuto un denominatore comune: le nuove rotte commerciali e gli scambi globali.
Un’altra mappa: nuovi corridoi commerciali
Il presidente russo Vladimir Putin, nel suo discorso al vertice BRICS, ha evidenziato alcune importanti questioni chiave nell’ambito della distribuzione, dei corridoi commerciali e dei trasporti, sottolineando che la Russia sta adottando misure per mitigare l’impatto negativo delle “sanzioni” occidentali.
– Vengono introdotte continuamente “sanzioni” sempre più motivate politicamente e vengono ulteriormente rafforzati i meccanismi di pressione sui concorrenti.
– C’è la distruzione intenzionale dei legami di cooperazione; le catene di trasporto e logistica vengono distrutte. E tutto ciò è contrario al buon senso e alla logica economica di base, lede gli interessi commerciali su scala globale, incidendo negativamente sul benessere delle persone, di fatto, di tutti i paesi.
– La comunità imprenditoriale russa, in coordinamento con le comunità imprenditoriali dei Paesi BRICS, sta adottando misure immediate per sviluppare le infrastrutture di trasporto.
Sulla base di queste linee di Putin, ricordiamo che nel 2021 l’Iran ha annunciato l’inizio dei lavori ferroviari per collegare le città di Rasht e Astara, che costituiranno la nuova via di trasporto alternativa al tradizionale Canale di Suez: l’International North-Sud Transport Corridor (INSTC).
Le fondamenta di questo corridoio multimodale sono state gettate nel settembre 2000, con un accordo intergovernativo tra Russia, Iran e India, e successivamente si sono aggiunti altri paesi, tra cui l’Azerbaigian. I prodotti che hanno proposto di aggiungere a questa importante rete sono petrolio e suoi derivati, fertilizzanti, minerali, prodotti chimici, alimenti e altro ancora.
Nel commercio il tempo è denaro, quindi l’obiettivo cruciale di questo canale commerciale è ridurre i tempi di consegna delle merci dall’India alla Russia, nonché all’Europa settentrionale e occidentale. Ad esempio, se il tempo di consegna di una determinata merce sulle rotte tradizionali può richiedere sei settimane, tramite l’INSTC si prevede che possa essere ridotto a tre settimane. I costi sarebbero molto più bassi rispetto all’attraversamento del Canale di Suez.
Con la miriade di “sanzioni”, le catene logistiche delle esportazioni e importazioni russe si sono spostate nei paesi dell’Asia e del Medio Oriente.
Lo scorso 11 giugno, con una spedizione di prova dalla Russia, due container di compensato sono partiti da San Pietroburgo alla volta dell’India, con arrivo previsto sulla costa occidentale di quel Paese nella prima settimana di luglio.
L’importanza del Mar Caspio in questo asse commerciale alternativo è evidente. Lo ha detto chiaramente il presidente Putin al vertice del Mar Caspio, che ha posto l’accento sull’INSTC come “progetto davvero ambizioso, un’arteria di trasporto lunga 7.200 chilometri da San Pietroburgo ai porti dell’Iran e dell’India”:
– Gli obiettivi chiave nel Mar Caspio includono un’ulteriore espansione dei legami commerciali e di investimento regionali e la cooperazione reciprocamente vantaggiosa nella produzione industriale e nella tecnologia avanzata.
– Nel 2021 gli scambi reciproci tra i suddetti paesi sono aumentati di oltre un terzo, ovvero del 35%, fino a raggiungere i 34 miliardi di dollari. Sono aumentati di un altro 12,5% tra gennaio e aprile di quest’anno. Hanno enormi opportunità di cooperazione energetica. I due Paesi già adempiano ai loro accordi sull’operazione congiunta di giacimenti offshore di petrolio e gas nel Mar Caspio.
– Un accordo tra gli Stati costieri del Caspio sulla cooperazione nei trasporti, entrato in vigore lo scorso anno e finalizzato a trasformare la regione del Mar Caspio in un importante hub logistico internazionale, è stato progettato per facilitare un lancio più rapido di questo corridoio.
Alla luce delle dichiarazioni del presidente Putin in questi importanti forum internazionali, è imminente la creazione di un sistema multipolare di relazioni tra gli Stati che rispetti veramente le regole del gioco e si opponga alle “sanzioni” imposte a destra e a manca dal Nord globale.
D’altra parte, la Nato ha compiuto uno dei passi per l’adesione di Svezia e Finlandia e il G7 ha proseguito con la stessa ricetta di “sanzioni”, questa volta col divieto di importazione di oro russo. Si può persino affermare che parte della tabella di marcia della NATO consista nel bloccare o boicottare qualsiasi percorso commerciale o di integrazione che potrebbe essere avviato con la Russia.
Mentre i membri della NATO e il piccolo gruppo del G7 mantengono l’idea di “rispettare le regole” che vanno imponendo e che sono estranee al diritto internazionale, i Paesi membri dei BRICS, insieme alla rete del Caspio, non stanno a guardare e promuovono sforzi per ampliare la cooperazione tra di loro e con altre associazioni regionali per creare quel necessario sistema macroregionale, e in un’ottica di espansione, in risposta al quadro sanzionatorio dell’Occidente.
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