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La Gran Bretagna, uno dei Paesi più ricchi del mondo, ha sequestrato al Venezuela, un Paese che sta vivendo una devastante crisi economica, qualcosa come 31 tonnellate di oro, depositato presso la Banca d’Inghilterra, per un valore di quasi 2 miliardi di euro.
Il fatto, già di per se gravissimo, diventa ancora più sconcertante se si considerano le motivazioni addotte dal governo britannico per questo furto.
Con una recente sentenza la Corte Suprema britannica “ha stabilito che il riconoscimento dei capi di stato e di governo era di esclusiva responsabilità del governo britannico, che aveva riconosciuto [il leader dell’opposizione Juan] Guaidó come presidente costituzionale ad interim del Venezuela”.
In altre parole gli inglesi si arrogano il diritto di decidere quali capi di Stato riconoscere e quali no, in base al loro insindacabile giudizio, e per questo hanno deciso di rispondere picche alla richiesta del presidente venezuelano di ritornare in possesso delle sue preziose riserve auree, in un momento in cui il popolo venezuelano ha disperatamente bisogno di sostegno.
L’esecutivo di Sua Maestà infatti non riconosce Nicolàs Maduro come presidente del Venezuela, ed appoggia invece l’autoproclamato presidente ad interim Juan Guaidó, che non si è neppure presentato alle elezioni. La Gran Bretagna contesta l’irregolarità del voto in Venezuela, e questo nonostante la maggior parte dei Paesi del mondo (tra cui l’Italia) consideri perfettamente regolare l’elezione di Maduro e l’autorevole Centro Carter, presieduto dall’ex presidente degli USA affermò che “il processo elettorale del Venezuela è stato riconosciuto come trasparente ed efficace”, e Jimmy Carter arrivò a definirlo “il migliore del mondo”.
Ma chi è l’autoproclamato presidente Guaidò e perché gli Usa e i loro alleati lo sostengono?
Il giovane Juan Guaidó, classe 1983, è un uomo molto vicino agli americani; dopo la laurea in ingegneria nel 2007, presso l’Università Cattolica Andrés Bello, si è trasferito negli Usa per studiare alla George Washington University. Il sedicente leader del Venezuela, dunque, si è formato presso un’importante ateneo privato di un Paese, gli Usa, che sono nemici giurati del Venezuela e che hanno tentato diverse volte dei colpi di stato contro i governi venezuelani, regolarmente eletti, ma non obbedienti verso Washington.
Tornato in patria nel 2009 è tra i membri fondatori del partito Volontà Popolare e forte oppositore di Chávez prima e di Maduro poi e nel 2010 viene eletto deputato.
Nel 2019 viene nominato presidente del Parlamento venezuelano, che però viene esautorato dal tribunale supremo di giustizia e soppiantato dall’Assemblea nazionale costituente. Sempre nel 2019, nel corso di una manifestazione contro il governo, Guaidó si autonomina presidente pro tempore, appellandosi all’articolo 233 della Costituzione venezuelana, la quale afferma che in caso di vuoto di potere il presidente dell’Assemblea Nazionale è eleggibile come presidente ad interim.
Il fatto che non ci sia nessun vuoto di potere perché il Venezuela ha eletto regolarmente un presidente, anche se sgradito agli Usa e ai loro vassalli, non costituisce un problema per la Gran Bretagna. Il loro presidente è Guaidò, punto e basta, e visto che non riconoscono Maduro l’oro del Venezuela se lo tengono ben stretto nella Banca d’Inghilterra.
La vicenda venezuelana dovrebbe suonare come un campanello d’allarme, visto che la Gran Bretagna non detiene solo l’oro del Venezuela ma anche una parte di quello italiano, 141 tonnellate, quasi 5 volte quello venezuelano per un valore di quasi 10 miliardi, e vista la sentenza della Corte Suprema di Londra, in caso che Londra non riconosca un governo italiano quell’oro se lo può tenere.
Ma le notizie preoccupanti sul nostro oro non finiscono qui: le riseve auree italiane sono tra le più grandi del mondo, 2.452 tonnellate tra monete d’oro e lingotti, ma di queste meno della metà si trovano in Italia.
Il resto dell’oro italiano è custodito, oltre che in Gran Bretagna, in Svizzera e, soprattutto, negli Usa, dove ci sono circa 1.000 tonnellate del nostro oro, una quantità analoga a quella rimasta in patria.
Come se non bastasse anche la proprietà di questo oro non è così chiara come potrebbe sembrare, ma nessuno solleva il problema e l’opinione pubblica nazionale è completamente all’oscuro di questa importantissima questione di interesse nazionale.
Un governo del popolo italiano dovrebbe mettere la questione del recupero del nostro oro in cima all’agenda degli obbiettivi strategici ma al momento i governi che abbiamo avuto sono stati molto più inclini a regalare gli asset italiani a potenze straniere che a tutelare la ricchezza nazionale.
ARNALDO VITANGELI
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