È un cortocircuito imbarazzante. O forse solo l’epilogo atteso della guerra ideologica al Reddito di cittadinanza. Fatto sta che il governo ha nominato una commissione di massimi esperti della materia per migliorare la misura, ma le proposte del comitato – nominato a marzo dal ministro Andrea Orlando e presieduto dalla sociologa Chiara Saraceno – sono state ignorate dall’esecutivo, che anzi nel ddl Bilancio è andato in direzione opposta: “Siamo rimasti sconcertati quando abbiamo visto il testo – spiega Saraceno –. Abbiamo espresso tutto il nostro disagio al ministro”.
(DI CARLO DI FOGGIA – Il Fatto Quotidiano)
*** Cos’è successo?
Abbiamo consegnato le nostre
proposte prima della manovra. Orlando le ha portate sul tavolo del Cdm.
Evidentemente lì si è trovato isolato, anche dai colleghi 5Stelle. È
chiaro che l’obiettivo di questi ultimi era di incassare il
rifinanziamento della misura, ottenuto quello hanno accettato tutte le
revisioni in manovra, alcune delle quali inutilmente punitive o
insensate.
*** Per esempio?
Prima si perdeva il sussidio dopo la
terza offerta di lavoro rifiutata, adesso dopo la seconda. Può essere
accettabile. Ma non è accettabile né realistico che si definisca come
congrua una offerta di lavoro – anche temporaneo e a basso salario-
anche a centinaia di chilometri di distanza. È una grida manzoniana. Lei
ce lo vede un imprenditore veneto che va a cercare un beneficiario del
Rdc siciliano? Già 80 km o 100 minuti di distanza (validi per la prima
offerta), possono essere eccessivi per chi ha carichi familiari.
*** A cosa rispondono queste misure?
Alla
narrazione dei ‘divanisti’, dei poveri come nullafacenti che non
vogliono lavorare, che però è smentita dai dati. Nessun esperto della
materia avanzerebbe proposte simili. In più il governo non ha fatto
l’unica cosa che corrispondeva a una nostra richiesta, cioè ridurre
l’aliquota marginale, che è altissima e disincentiva la ricerca di
lavoro. Oggi per ogni euro in più che un beneficiario guadagna come
retribuzione, perde prima 80 centesimi e poi un euro di assegno. Draghi
l’aveva perfino annunciata in conferenza stampa, poi l’ha tolta. Che
almeno ci spieghi il perché.
*** Pensavate che le vostre proposte sarebbero state accolte?
Almeno in parte sì. Ci avevano perfino chiesto un articolato di legge. Non è il nostro mestiere, ma lo abbiamo fatto. Il nostro rapporto è uscito dopo il Cdm sulla manovra ma le proposte le avevano ricevute in tempo. Quando abbiamo visto il testo della legge di Bilancio ci siamo chiesti ‘ma noi cosa ci stiamo a fare qui?’. Il ministro ci ha detto che spera di ottenere alcune modifiche in Parlamento, ma i tempi sono strettissimi.
*** Avete proposto dieci modifiche al Rdc.
Premessa: è una misura fondamentale, ma ha bisogno di una revisione dei difetti di costruzione, il più importante dei quali è la “scala di equivalenza” che penalizza all’accesso, non solo nell’ammontare, le famiglie numerose e con minori. La nostra proposta di modifica riduce un poco la soglia massima e rende più equa la misura ampliando la platea. Proponiamo anche di ridurre da 10 a 5 anni il requisito di residenza per gli stranieri, inutilmente penalizzante. E ancora: parametrare la quota per l’affitto in base al numero dei componenti del nucleo; eliminare l’assurda regola di dover spendere tutti i soldi nel mese; considerare spendibile, quindi come reddito, parte del patrimonio mobiliare; aprire alla possibilità di offerte di contratti anche di breve durata, eccetera.
*** Nessuna presa in considerazione…
No. Per quella sugli stranieri ci è stato perfino detto che era “improponibile” per motivi politici e che si preferisce aspettare che sia l’Ue a risolvere il problema sanzionandoci. La modifica alla scala di equivalenza ha spaventato i 5Stelle, che si oppongono a ogni riduzione dell’importo base, anche se ciò produce esclusioni e iniquità. Conte ha detto con soddisfazione ‘abbiamo riformato il Rdc’. Purtroppo ha prevalso la retorica dei ‘divanisti’ di cui sono rimasti vittima anche loro fin dal 2019, quando hanno accettato di trasformare una misura anti-povertà in uno strumento prevalentemente di politica attiva del lavoro. A parlare di divano, di percettori da controllare pure nelle spese, è stato anche Di Maio.
*** Lei ha difeso i navigator, che però il governo ha deciso di non rinnovare: perderanno il posto a fine anno.
Pensare che potessero risolvere tutti i problemi della mancanza di politiche attive del lavoro è stato ingenuo, ma ora buttare via la loro esperienza e professionalità acquisita sul campo non ha senso. Potrebbero essere molto utili – previa valutazione del lavoro svolto – per potenziare i Centri per l’impiego.
*** In manovra invece si apre alle agenzie private del lavoro.
Le agenzie non si occupano di figure così fragili e con qualifiche basse come i beneficiari del Rdc. Se va bene, faranno una scrematura lasciando ai Cpi le persone con i profili più difficili che sono la gran parte dei cosiddetti ‘occupabili’.
*** Perché c’è così tanto odio verso il Rdc?
Mi occupo di povertà da 37 anni e in Italia ho sempre trovato ostilità ideologica trasversale nei confronti di misure di reddito minimo. Siamo stati gli ultimi in Europa a introdurlo, in alcuni Paesi come Francia e Germania le hanno introdotte governi di centrodestra, mentre da noi i partiti gridano alla “nullafacenza”. La sinistra ci ha messo tempo a capire che queste misure non sono in antitesi con le politiche del lavoro.
*** Draghi aveva detto di condividere la misura.
È vero, ma purtroppo anche lui sembra avallare la narrazione negativa sui beneficiari senza entrare nel merito dei dati. È questo che mi colpisce.
*** Il vostro lavoro non è concluso, ma cosa farete se nessuna delle vostre proposte dovesse essere accolta?
Abbiamo ancora un compito da svolgere, in base alla legge che ci istituisce: la messa a punto di una ricerca sull’impatto delle misure non monetarie del Rdc. Poi, certo, se nulla di ciò che proponiamo passerà, faremo le nostre valutazioni.
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