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E’ la piattaforma di messaggistica più utilizzata da no vax e no Green pass, che la ritengono “sicura".
Eppure sempre più spesso le conversazioni più violente su Telegram vengono stanate dalle forze dell’ordine: l’ultimo blitz in ordine di tempo è quello che ha portato nelle ultime ore a decine di perquisizioni nei confronti degli attivisti di Telegram e del canale “Basta Dittatura”, dove i vari gruppi si organizzavano per le loro attività “istigando sistematicamente all’utilizzo delle armi ed a compiere gravi atti illeciti contro le più alte cariche istituzionali”, dicono gli inquirenti.
Il fatto che sull’app, che ad ottobre ha raggiunto quota 1 miliardo di download globali su Android, sia garantito sempre e comunque l’anonimato dunque non è completamente vero.
O meglio, "una base di verità c'è - spiega l'esperto di cybercrime Livio Varriale - ma le forze dell'ordine hanno saputo organizzarsi nel tempo per stanare fenomeni complessi, dal traffico di droga alla pedopornografia diffusi in canali e gruppi. Spesso agiscono come veri e propri hacker, cercando di recepire informazioni uniche dagli iscritti, che possano ricondurre alla loro identità, anche entrando negli smartphone degli utenti dopo averli infettati con file corrotti. Si tratta di operazioni che richiedono certamente del tempo".
Al lancio da parte del russo Pavel Durov nel 2013, Telegram poteva vantare di essere la sola applicazione per smartphone con una crittografia end-to-end delle chat. Questa permette esclusivamente al mittente e al destinatario di un messaggio di leggerne il contenuto. Una soluzione adottata in seguito da WhatsApp e Messenger.
"La differenza è come si gestisce la piattaforma – continua Varriale -. Telegram ha sempre evitato di condividere dati di qualsiasi genere con soggetti terzi, indipendenti o governi. Ma anche il suo modus operandi è cambiato”, come dimostra “l'oscuramento a settembre di vari canali italiani usati da no vax e no Green pass, già noti per fomentare odio e uso della violenza".
(Unioneonline/D)
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