martedì 20 luglio 2021

Richiamata in servizio l’esperta di lacrime.

Cornuti, mazziati, umiliati, dileggiati. Chi la voleva esiliata su un’isola deserta a vita, come una napoleoncina tirata giù dal pony, sta al governo a dare appoggio a chi l’ha estratta dalla naftalina e dal backstage dell’aria che tira perché aveva bisogno di una cagnolina che frigna mentre dà il comando al plotone di esecuzione.

 

il Simplicissimus Anna Lombroso

Parlo ovviamente di Elsa Fornero,  la professoressa torinese   chiamata da Draghi a far parte del team di consulenti sui temi economici guidato da quel bel tomo di Bruno Tabacci. “Qualcuno mi aveva anche consigliato di non accettare la proposta, invece ho detto sì perché per tanto tempo sono stata considerata un’appestata”, ha dichiarato compiaciuta di tornare (ma non era mai davvero uscita) a far parte della illimitata varietà di obblighi in capo agli italiani, cui è imposto di sopportare come sacrificio redentivo  mascherine, distanziamenti, tamponi, vaccini, pass e patentini di incerto valore legale ma a alto contenuto pedagogico, impunità, immunità e prescrizione per i potenti e criminalizzazione degli straccioni, assistenza modulata sulle rendite, pagamento di tasca propria di grandi opere mentre il territorio nazionale sprofonda, si allaga, smotta, terremotati abbandonati a se stessi, alcuni senza tetto e quasi tutti senza  servizi essenziali, senza investimenti per le attività industriali, artigianali e commerciali a distanza di 21 anni, 9 anni, 5 anni.

Gli scemi so’ bricconi, dice un adagio popolare, facendo intuire che l’ottusità cieca e feroce allenta i freni morali. Potremmo attribuire a limiti intellettivi le bieche decisioni operate a comando con efferata indifferenza da quella cerchia di “tecnici” esentati per via della stampa favorevole dalla condanna della cronaca e della storia che dovrebbe colpire chi non ha mai  imbroccato una previsione, chi ha perseverato diabolicamente nell’errore incuranti di insuccessi, chi impersona plasticamente il fallimento della teoria che gli ha fatto conferire l’ambrogino d’oro, ottenere il cavalierato, una cattedra e il colonnino sul Sole 24Ore.

In realtà siccome nessuno osa criticarli, esiliarli, far pagare loro le contraddizioni che li portano a smentirsi senza conseguenze, la loro inamovibilità  è una nostra concessione, una indulgenza data a chi alloggia in alto per atti che per chi sta in basso sono oggetto di anatema e discriminazione quando non di conseguenze legali: si sa che se noi cambiamo opinione siamo dei miserabili voltagabbana, mentre nel loro caso si ammira incondizionatamente la prova di elastica lungimiranza.

Ogni tanto gli eterni scontenti, i nichilisti visionari cui non va mai bene niente come me, quelli che non hanno capacità di adattamento alla realtà, la dote più richiesta dagli addetti alla selezione del capitale umano, sogna processi di Norimberga per il ceto dirigente, purghe e gogne pubbliche, perché se non si può aspirare alla giustizia in terra e men che mai in cielo, un po’ di vendetta dovrebbe essere consentita.

Ma è una soddisfazione fugace, sarebbe come chiedere che i governi e i parlamenti che si susseguono da anni davvero perseguissero il contrasto alla mafia, limitato verbalmente e ritualmente a mesti anniversari, quando la trattativa Stato-Mafia per bocca del giornalista prestato alla storia, si merita la definizione di “sedicente” o “supposta”, più adatta per via del potere evocativo.

Eh si, perché di una cupola si tratta, ragionieri, curatori fallimentari, esattori, bancari, commercialisti tutti a capo chino sulla greppia imperiale piena del mangime che  forniamo noi e impegnati a realizzare la profezia barbarica della fine delle democrazie, della coesione sociale, dei patti tra generazioni e di quello tra cittadini e Stato, del lavoro da ridurre in servitù, dell’istruzione da far retrocedere a formazione specialistica.

Me li immagino a imitare il filone “universitario” hollywoodiano sui college, con Monti nei panni dell’incompreso Will Hunting e magari proprio la Fornero che sostituisce le lacrime a bacchetta al sorriso di Mona Lisa, che si ritrovano al party degli ex bocconiani,  a barattare le figurine degli algoritmi che sono serviti a suffragare i loro crimini finanziari, a ridacchiare di come ci hanno preso per i fondelli, a passarsi i curricula dei rampolli secondo la regola dello scambio di favori vigente nell’ambiente accademico.

Perché quello che a ogni presentazione al tempio in occasione di avvicendamenti governativi, a ogni lectio magistralis, a ogni G7, G30, punto G dell’erotismo che trae piacere dalle carneficine, sono in prima linea nel deplorare clientelismo e familismo amorale, nel timore della concorrenza sleale di noi poveracci che vorremmo aspirare a togliere loro l’esclusiva del passaggio di privilegi dinastici, dell’abuso di prodotti di studenti e collaboratori promossi a pubblicazioni e trattati a firma del barone, dei giri di valzer di cattedre, consulenze, commissariamenti, pareri pro veritate.

La professoressa riabilitata è davvero un caso di studio del fenomeno: modalità di una carriera inspiegabile, favorita dalla protezione di numi tutelari che la prediligevano come compagna di festose scampagnate, annessione a cerchie e cosche della sacra corona unita confindustriale, in questa veste promossa a artefice dell’eutanasia dell’articolo 18 già promossa dalla triplice, quella che le foto d’archivio mostrano come una gaia forosetta, ha saputo combinare, esaltando quei caratteri di genere che le conquistarono le simpatie solidali di tante madamin, l’istinto materno dedicato in esclusiva alla sua delfina, oggetto di ammirevoli pratiche familistiche, con la severità abitualmente monopolio di padri austeri e rigorosi esercitata nei confronti di generazioni di mammoni indolenti e “choosy”, da punire per redimere e destinare al riscatto mediante servitù volontaria e precariato pedagogico.

Il suo cursus honorum è costellato di infamie rivendicate con una tracotanza invidiabile, una inossidabile pretesa di impunità oltre che di innocenza. E lo dobbiamo non solo alla  protezione della sua cupola di mammasantissima h24, non solo alla natura di inviolabilità propria dei “competenti”, abilitati a non scontare mai le loro colpe, non solo ai pregiudizi di genere che legittimano le menzogne in quota rosa, non solo al carisma rubato delle diversamente maschio che hanno rotto il soffitto di cristallo esibendo attributi più sessisti e prevaricatori degli uomini di potere, non solo grazie al volonteroso assoggettamento a comandi che esigono che a compiere sacrifici umani siano manine più delicate.

No, lo dobbiamo alla dichiarata condizione di subalternità politica, culturale e morale di chi doveva incaricarsi di rappresentare e salvaguardare gli sfruttati, oggi esemplarmente reperibili nei panni di Landini, quello che doveva guidare la rivolta contro la cancellazione dell’Articolo 18, quello che doveva capeggiare la battaglia per l’incostituzionalità della legge Fornero, quello che aveva fatto credere di combattere la precarietà, oggetto dal 2000 di una cinquantina di provvedimenti destinati a frammentare il fronte dei lavoratori, renderli più intimoriti, isolati e ricattabili, quello che mostra di aver accettato il paradigma secondo il quale per creare occupazione tocca licenziare, che per potenziare la qualità del lavoro è necessario mettere sul lastrico chi non si adegua, che è doveroso accettare sacrifici, dignità  e rinunciare ai diritti per guadagnarsi la sicurezza, che per garantirsi la salute tocca abbozzare sui licenziamenti, gli sfratti, gli appalti semplificati e la corruzione legalizzata.

Se dalla nemica Fornero dobbiamo guardarci noi, ci vuole proprio un Dio onnipotente per guardarci da quelli che passavano per amici, peggio, compagni.

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