venerdì 16 luglio 2021

Giustizia a pezzi e separazione delle carriere

Fra le favole che si raccontano in questo Paese, ci sono quella che il processo accusatorio richiederebbe la separazione delle carriere e quella secondo la quale la separazione delle carriere ci sarebbe in tutti gli altri Stati.


(pressreader.com) – di Piercamillo Davigo – Il Fatto Quotidiano

Il secondo quesito referendario (di cui ometto il testo per la sua prolissità) tende a irrigidire, fino ad abolire del tutto, il passaggio dei magistrati dalle funzioni giudicanti a quelle requirenti (cioè di pubblico ministero) e viceversa teorizzando la separazione delle carriere. In realtà, anche in ipotesi di vittoria dei sì, i magistrati, sia giudicanti che requirenti, continueranno a effettuare un unico concorso, ad appartenere a un unico Ordine giudiziario e a essere governati da un unico Consiglio Superiore della Magistratura, perché per ottenere distinte carriere è necessario modificare la Costituzione della Repubblica. Di ciò è ben consapevole l’Unione Camere Penali che ha raccolto le firme per un disegno di legge costituzionale onde ottenere tale risultato.

Peraltro, già oggi i passaggi di funzione sono rari, comportando il cambio di distretto del magistrato. Il che, a mio parere è tutt’altro che un bene, creando il pericolo di una forte differenza di mentalità fra pm e giudici, con il rischio che il pm ricerchi il risultato piuttosto che la verità.

Prima dell’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, la questione dell’attribuzione di funzioni inquirenti e funzioni giudicanti a magistrati appartenenti a un unico ordine giudiziario e che potevano transitare dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa, non era mai stata posta. Era stata oggetto di qualche doglianza solo la figura del pretore, che cumulava, in capo a una stessa persona fisica e nel medesimo procedimento, le funzioni di pubblico ministero (che procedeva a istruzione sommaria e citava a giudizio l’imputato) e poi di giudice dibattimentale (che pronunziava sentenza sul materiale prima raccolto nell’istruzione), mentre le funzioni di pubblico ministero in dibattimento erano di solito affidate ad avvocati e svolte in genere in modo solo formale. Curiosamente, però, la percentuale di assoluzione dei pretori erano più alte di quelle dei tribunali, dove le funzioni erano distinte. Con l’entrata in vigore del nuovo codice di procedura penale, anche nel procedimento pretorile le funzioni requirenti e giudicanti furono separate, creando un ufficio del pubblico ministero. Successivamente si è diffusa l’opinione, che l’introduzione del rito accusatorio comporti la necessità di una più marcata differenziazione fra organo inquirente-requirente e organo giudicante, motivata con argomenti di evidente inconsistenza, quali la colleganza fra requirenti e giudicanti, che non garantirebbe la terzietà del giudice (vi è rapporto di colleganza anche fra giudici di primo grado, di appello e di cassazione e ciò non sembra influire sull’esito delle impugnazioni).Il tema della separazione delle carriere dei magistrati requirenti e giudicanti, dopo essere stato oggetto di un referendum che non raggiunse il quorum prescritto, era già stato proposto dalla maggioranza di centrosinistra nel corso della XIII legislatura e accantonato solo a seguito del fallimento dei lavori della Commissione bicamerale per le riforme costituzionali; poi era stato annunziato nella XIV legislatura, seguita alle elezioni del maggio 2001 ed è ora ritornato di attualità.

Fra le favole che si raccontano in questo Paese, ci sono quella che il processo accusatorio richiederebbe la separazione delle carriere e quella secondo la quale la separazione delle carriere ci sarebbe in tutti gli altri Stati.

Quanto alla prima favola, va ricordato che la legge che delegava al governo l’emanazione del codice di procedura penale (L. 16 febbraio 1987, n. 81), nell’articolo 2 stabiliva: “Il codice di procedura penale deve attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall’Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale. Esso inoltre deve attuare nel processo penale i caratteri del sistema accusatorio…”.È quindi stravagante che per tenere in piedi alcune disposizioni del codice processuale penale sia stato modificato l’art. 111 della Costituzione e ora le Camere penali vogliano ulteriormente modificare la Costituzione per adeguarla al codice. Peraltro, dopo l’entrata in vigore di tale codice sono anche vertiginosamente aumentate le condanne dell’Italia da parte della Corte europea dei Diritti dell’uomo. Forse sarebbe opportuna qualche riflessione sul codice anziché proporre modifiche della Costituzione.

Anche la seconda favola è smentita da fatti oggettivi: le carriere sono uniche in molti Stati europei (ad esempio: Francia, Belgio, Olanda, nel Land della Baviera in Germania, dove è comunque consentito il passaggio). Negli Stati Uniti d’America (da cui gli autori del codice di procedura penale credevano di aver copiato il modello accusatorio) non ci sono carriere, ma il presidente Clinton, allorché fu accusato di aver nominato giudici federali prevalentemente democratici anziché repubblicani, si giustificò dicendo che li aveva scelti per il 43% fra i procuratori federali. In Italia non vi è mai stata una percentuale così alta di giudici con precedente esperienza di pubblico ministero.

Il Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (organismo che raggruppa 47 Stati europei) con la Raccomandazione n. 19 del 2000 adottata il 6 ottobre 2000, ha ritenuto di proporre il modello dell’unicità delle carriere, cioè quello italiano) quale quello preferibile:“

17. Gli Stati prendono provvedimenti affinché lo status giuridico, la competenza e il ruolo procedurale dei Pubblici ministeri siano stabiliti dalla legge in modo tale che non vi possano essere dubbi fondati sull’indipendenza e l’imparzialità dei giudici. In particolare, gli Stati garantiscono che nessuno possa contestualmente esercitare le funzioni di Pubblico ministero e di giudice.

18. Tuttavia, se l’ordinamento giuridico lo consente, gli Stati devono prendere provvedimenti concreti al fine di consentire ad una stessa persona di svolgere successivamente le funzioni di Pubblico ministero e quelle di giudice, o viceversa (il corsivo è mio, ndr). Tali cambiamenti di funzione possono intervenire solo su richiesta formale della persona interessata e nel rispetto delle garanzie.

19. I membri dell’ufficio del Pubblico ministero devono rispettare l’indipendenza e l’imparzialità dei giudici; in particolare essi non possono esprimere dubbi sulle decisioni giudiziali o ostacolare la loro esecuzione, salvo quando esercitano i loro diritti di appello o invocano altre procedure declaratorie.

20. I membri dell’ufficio del Pubblico ministero devono far prova di obiettività e di equità durante i procedimenti giudiziari. In modo particolare devono accertarsi che il tribunale disponga di tutti gli elementi di fatto o di diritto necessari per una corretta amministrazione della giustizia” (la sottolineatura è mia).

Circa il passaggio dalle funzioni requirenti a quelle giudicanti e viceversa il Comitato dei Ministri così argomenta: “La possibilità di ‘passerelle’ fra le funzioni di giudice e quelle di Pubblico ministero si basa sulla constatazione della complementarità dei mandati degli uni e degli altri, ma anche sulla similitudine delle garanzie che devono essere offerte in termini di qualifica, di competenza e di statuto. Ciò costituisce una garanzia anche per i membri dell’ufficio del Pubblico ministero”.

Il giudice non può essere facilmente gerarchizzato, il pubblico ministero sì. 
Una volta espunto il pubblico ministero dall’ordine giudiziario diverrà difficile assicurarne una reale indipendenza e sottrarlo a influenze politiche, tanto più se venisse modificato il principio di obbligatorietà dell’azione penale. 
Attraverso il controllo del pubblico ministero sarà possibile influire sulla domanda di giustizia che egli avanza al giudice con l’esercizio dell’azione penale. 
I giudici saranno quindi indipendenti e liberi di decidere questioni di cui nulla importa ai detentori del potere.

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