martedì 23 febbraio 2021

L’IGNAVIA OPERAIA E I BIECHI BOTTEGAI di Sandokan

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Dopo le fiammate di novembre e dicembre, negli ultimi giorni, ristoratori, baristi, lavoratori del mondo dello spettacolo, sono tornati in piazza. Da cosa sono mossi? Dalle condizioni materiali drammatiche in cui sono stati gettati da un anno di emergenza sanitaria. Proteste importanti perché avvengono a pochi giorni dall’incoronazione di Mario Draghi come Re e salvatore della Patria. Vuol dire che le condizioni materiali d’esistenza, in ultima istanza, s’impongono dimostrando che non tutti sono intontiti dalla sbornia, quella per cui “è arrivato Draghi, statevene tutti tranquilli”.

Ma non è di questo che vorrei parlarvi, quanto dell’avversione o vera e propria ripugnanza che i sinistrati nutrono verso questi… “bottegai” incazzati. Che dicono questi sinistrati? Che questi “bottegai” sbagliano a protestare poiché coprifuoco, restrizioni e lockdown sono legittimi e necessari. Per i sinistrati (pensate quale acume analitico!) questi “bottegai” sono solo dei piccoli borghesi che protestano… “per fare i cazzi loro”. Vanno oltre e, con perfidia, dicono che questi “bottegai” non meritano la solidarietà della classe operaia, che com’è noto, è adulata come il “vero e unico soggetto rivoluzionario”. Invece di chiamare all’unità di tutte le classi massacrate dal regime, invece di lavorare all’unione di chi sta in basso contro chi sta in alto, questi sinistrati avvelenano i pozzi e contribuiscono alla divisione (a tutto vantaggio di chi sta sopra).

Quando gli dici queste cose, i sinistrati ti rispondono: “Perché mai gli operai dovrebbero solidarizzare con i bottegai? Dov’erano questi bottegai quando gli operai delle Embraco, della Whirpool e di tante altre fabbriche hanno protestato?”.

Vero, i “bottegai” facevano finta di nulla e si dedicavano a tirare a campare. E allora? Non è forse vero che gli operai della Embraco, della Whirpool, e di tante fabbriche chiuse, sono stati lasciati soli, abbandonati anzitutto dai loro “fratelli” operai? Questi non hanno fatto un’ora di sciopero in loro solidarietà; anche loro, proprio come i “bottegai”, gli hanno voltato le spalle, preferendo fare come le tre scimmiette, anzi comportandosi come pecore.

La mentalità dei sinistrati va denunciata e combattuta.

Si potrebbe, in punto di dottrina, disquisire a lungo se il mito della classe operaia come “classe rivoluzionaria in sé” sia stato confermato o smentito dai fatti. Ma ammettiamo che lo sia. Se lo fosse, questa classe operaia dovrebbe agire come avanguardia di tutte le classi oppresse, come soggetto aggregatore di tutto il mondo del lavoro, tanto più in questo momento che la crisi, drammatica, getta sul lastrico milioni di cittadini che fino a ieri “stavano dall’altra parte”. Purtroppo di questo ruolo d’avanguardia non se ne vede nemmeno l’ombra.

Peggio, in questo anno di regime sanitario, se c’è una classe sociale che non ha alzato un dito, che ha ubbidito, è stata proprio la classe operaia. Nessun astio è tuttavia giustificato. Questa ignavia, per quanto riprovevole, è “razionale”. Anche in questo caso ce la spieghiamo se teniamo nel debito conto gli “interessi materiali”. Chi comanda ha fatto del tutto per tenere buona la classe operaia, si è guardato bene dal gettare il grosso dei salariati alla fame — così ci spieghiamo provvedimenti come il blocco dei licenziamenti. E se i “bottegai” sono incazzati è perché i famigerati “ristori” sono stati più che irrisori, una vergognosa elemosina.

Morale della favola: chi dice di difendere gli interessi del popolo lavoratore deve unire e non dividere. Ma l’unità non si costruisce in astratto, si fa nel fuoco del conflitto, dando forza ai settori sociali che rebus sic stantibus si stanno mobilitando. Lasciarli soli, quale che sia l’alibi con cui si maschera la propria antipatia, è il miglior servizio politico che si possa fornire ai nemici del popolo.

 

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