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Il 2020 è stato l'anno in cui la parola "down" è diventata ricorrente nel settore delle telecomunicazioni. Complice anche la pandemia che ha inevitabilmente fatto lievitare il traffico di rete, nel corso dell'anno operatori e gestori di piattaforme molto popolari hanno dovuto fare i conti con l'impossibilità di garantire una continuità del servizio. Si tratta di circostanze che hanno un notevole impatto sulla vita di ciascuno ma che non è sempre facile quantificare in termini economici o dal punto di vista dell'incidenza sui diritti individuali.
Prova a farlo un recente rapporto di Top10VPN che prende in esame una specifica categoria di blocchi di Internet, quelli determinati da un provvedimento delle autorità governative.
Non si parla quindi di disservizi causati da un guasto tecnico, come quello che ha riguardato sul finire dello scorso anno i servizi di Google ma - per riprendere la definizione usata da Access Now (associazione a difesa dei diritti digitali) - di interruzione intenzionale di Internet o delle comunicazioni elettroniche che le rende inaccessibili o inutilizzabili, per una popolazione specifica o all'interno di un luogo, spesso per esercitare il controllo del flusso di informazioni.
I dati dell'ultimo rapporto di Top10VPN fanno riferimento ad un costo economico di oltre 4 miliardi di dollari legato ai principali blackout (intenzionali) di Internet registrati nel corso del 2020, ma non solo... Schematizzando i dati emerge che nell'anno da poco concluso:
- Il costo economico dei blocchi di Internet a livello globale è stato stimato in 4,01 miliardi di dollari (in calo del 50% rispetto al 2019)
- Si sono verificati 93 rilevanti interruzioni in 21 Paesi
- La durata totale dei principali disservizi registrati nel mondo è risultata pari a 27.165 ore (+49% rispetto al 2019). Più nello specifico:
- Blackout di Internet (impossibilità totale di accedere a Internet): 10.693 ore
- Limitazioni alla navigazione in Rete (accesso alle rete con velocità ridotta 2G, che permette di chiamate vocali ed SMS ma rende impossibile accedere ai siti Web e usare le app): 10.920 ore
- Blocco dei social media (impossibilità di accedere alle piattaforme social più diffuse come Facebook, WhatsApp, Twitter e YouTube): 5.552 ore
- I gravi disservizi hanno riguardato 268 milioni di persone (+3% su base annua)
- L'india è stata la nazione più colpita dal punto di vista dell'impatto economico con 2,8 miliardi di dollari, segue la Bielorussia (336,4 milioni) e lo Yemen (236 milioni)
- Impatto sui diritti umani:
- Il 42% di tutti i blocchi è stato associato ad ulteriori abusi
- il 29% di tutte le interruzioni è stato associato a limitazioni della libertà di assemblea
- il 15% di tute le interruzioni è legato a interferenze elettorali
- il 12% di tutte le interruzioni è legato alla violazione della libertà di stampa
In sintesi, le principali interruzioni (intenzionali) di Internet sono durate il 50% in più nel 2020 rispetto all'anno precedente, ma si sono concentrate in larga misura nei Paesi in via di sviluppo determinando così un minore impatto sull'economia mondiale.
Più nel dettaglio il costo economico delle interruzioni (intenzionali) di Internet è così ripartito su base geografica:
Le motivazioni di un provvedimento governativo che oscura la rete sono spesso legate alla volontà delle autorità di rispondere a proteste o disordini. I regimi autoritari, ad esempio, possono decidere di bloccare Internet in occasione delle elezioni per soffocare le opposizioni, limitare il flusso di informazioni e conservare il potere. Non è un caso che ogni blocco di Internet del 2020 disposto in prossimità delle votazioni sia avvenuto quando in una specifica area geografica iniziavano a diffondersi accuse di interferenze elettorali.
Ma il blocco o una limitazione dell'accesso è anche uno strumento che può essere utilizzato per penalizzare un gruppo etnico, come avvenuto nel Kashmir, regione del subcontinente indiano a maggioranza musulmana, in cui a marzo 2020 il Governo indiano - dopo 7 mesi - ha rimosso il blocco ad Internet, limitando tuttavia al 2G la velocità di navigazione con effetti particolarmente negativi sulla distribuzione dei farmaci e sulle attività di aziende e scuole. Le autorità governative indiane hanno giustificato queste restrizioni come assolutamente necessarie nell'interesse della sovranità e dell'integrità dell'India.
Se il cittadino medio di uno Stato democratico, dichiaratamente rispettoso delle libertà individuali, vive male qualsiasi disservizio della rete legato ad un problema tecnico, l'atteggiamento del cittadino che non può accedere alla Rete perché il suo Governo lo impedisce è ben diverso, e molto più frustrante. Indipendentemente dalla causa che lo ha determinato, il blocco intenzionale della Rete si traduce infatti in una violazione dei diritti umani, come ha stabilito l'ONU nella risoluzione del 2016 in cui si legge:
L'ONU condanna inequivocabilmente le misure volte a prevenire o a interrompere intenzionalmente l'accesso o la diffusione delle informazioni online in violazione del diritto internazionale sui diritti umani e invita tutti gli Stati Membri ad astenersi e ad interrompere tali misure.
Il rapporto di Top10VPN dimostra che a distanza di oltre quattro anni dall'appello delle Nazioni Unite il fenomeno è tutt'altro che risolto e continuerà a riproporsi anche nel corso dell'anno da poco iniziato.
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