Golpe in Cile, il testimone italiano: 'Ecco come l'11 settembre provammo a  salvare Allende' - la Repubblica 

L’11 settembre 1973 le Forze Armate comandate da Augusto Pinochet bombardarono il palazzo della Moneda, dove si trovava il presidente del Cile Salvador Allende. Presero d’assalto i principali uffici del potere statale, così come le fabbriche, i quartieri popolari e i centri di studio.


Questo sanguinoso colpo di Stato è stato organizzato dal padronato cileno insieme all’ambasciata degli Stati Uniti e alle forze armate, con l’obiettivo di interrompere il processo rivoluzionario che si stava sviluppando tra i lavoratori. Questo processo è stato il più profondo all’interno della grande ascesa operaia e popolare degli anni Settanta nell’America Latina, di cui facevano parte anche gli operai argentini.

Questa recrudescenza di massa era l’espressione dell’enorme malcontento sociale per l’indefinito rinvio rispetto alle pressanti richieste della popolazione. Il governo democristiano della DC cilena negli anni Sessanta aveva lasciato irrisolte esigenze fondamentali, come la nazionalizzazione del rame, una risorsa chiave dell’economia del paese, la riforma agraria e il problema abitativo.

Questo malcontento si tradusse in scioperi, picchetti e acquisizioni di terre e, con l’avanzare dell’organizzazione e dell’esperienza delle masse, crebbe l’idea che per sconfiggere i padroni bisognava sottrarre loro il potere politico.

 

La strategia politica di Unidad Popular

I lavoratori erano legati principalmente ai due grandi partiti tradizionali della sinistra, il Partito Socialista (PS) e il Partito Comunista (PC): organizzazioni politiche riformiste, cioè che organizzano sì i lavoratori, ma non per lottare per la loro indipendenza politica sulla via del potere, bensì per subordinarli ad accordi con la borghesia nazionale, con un programma di riforme limitate all’interno del capitalismo.

Su queste basi nacque Unidad Popular (UP), una coalizione tra il PS di Salvador Allende e il PC, insieme al piccolo Partito Radicale, classico rappresentante della borghesia liberale, tra le altre organizzazioni minori. La maggior parte delle organizzazioni di sinistra facevano parte di Unidad Popular. Il Movimento della Sinistra Rivoluzionaria (MIR) fu la principale corrente che non vi entrò, oscillando tra l’incoraggiare le masse e il sostenere Allende, “premendo dall’esterno”.

Sebbene UP fosse presentata come una rivoluzione senza precedenti in regime di democrazia, il suo obiettivo limitato era il rafforzamento di uno Stato che gestisse le risorse economiche strategiche e promuovesse lo sviluppo di un “capitalismo nazionale”, recuperando una certa autonomia dall’imperialismo statunitense.

Questa strategia chiamata “via pacifica al socialismo” prevedeva che i ricchi e gli uomini d’affari rinunciassero alle loro proprietà e ai loro privilegi e che le Forze Armate rispettassero la “democrazia”.

 

Il governo di Salvador Allende

UP vinse le elezioni presidenziali del 1970, con un piano che prevedeva la nazionalizzazione delle miniere di rame, ferro e salnitro che erano in mano alle imprese imperialiste, insieme ad alcuni settori industriali e a grandi tenute.

Il governo di Allende nazionalizzò diverse miniere e fabbriche, ma acquistando azioni o compensando i vecchi proprietari; avanzò solo parzialmente enl controllo statale del commercio estero; la nazionalizzazione delle banche fu limitata all’acquisto di azioni da banche private, la riforma agraria requisì alcune terre ma rispettò la borghesia agraria, e così via.

Le riforme di Allende non raggiunsero e non permisero la rottura con l’imperialismo, la distribuzione delle terre in una radicale riforma agraria, la liquidazione del potere della borghesia, sebbene avesse irritato e colpito quest’ultima.

 

1972: un anno chiave

Quest’anno il progetto UP inizia a decollare. Gli imprenditori hanno alimentato la crisi economica con sabotaggi e blocchi dei flussi di merci. Gruppi fascisti come Patria e Libertad sono emersi, portando avanti attacchi violenti, e settori borghesi e militari hanno cospirato apertamente, trascinandosi dietro settori della classe media. La crisi è stata aggravata dalle serrate filopadronali, come quella dei camionisti, segno dell’offensiva di destra nel bel mezzo di un’enorme polarizzazione sociale.

Dal basso, i lavoratori procedono in un processo di occupazione e di sequestro di centinaia di fabbriche, di cui molte iniziano ad operare sotto il controllo dei lavoratori. Si organizzano comitati di approvvigionamento, e i contadini e i senzatetto si organizzano e occupano terre e immobili.

Verso la metà dell’anno, i lavoratori hanno cominciato a coordinare le loro lotte territorio per territorio, scavalcando la direzione del sindacato CUT. È così che sono emersi i Cordones Industriales, una forma di organizzazione operaia molto avanzata, embrioni di potere operaio e popolare, che ha permesso l’unità d’azione della classe operaia sulla base della deliberazione e del processo decisionale democratico a livello di base.

Il coordinamento tra decine di fabbriche e officine ha anche permesso di risolvere le questioni relative alla produzione e alla distribuzione di materiali e prodotti, derivanti dal controllo operaio stesso. Cominciarono a diffondersi elementi di armamento dei lavoratori come forma di difesa delle posizioni conquistate.

I lavoratori cominciarono a chiedere al governo di trasferire le fabbriche e le officine allo Stato, mettendo in discussione la proprietà privata dei capitalisti. Nelle loro assemblee si affermava che, per continuare ad avanzare, i padroni dovevano essere messi sotto scacco, e le loro organizzazioni prendevano provvedimenti per mostrarsi come alternativa al potere dello Stato borghese.

In queste discussioni, i lavoratori si sono apertamente scontrati con i leader del PC, che giustificavano la restituzione delle aziende ai vecchi proprietari, sostenevano la legge che permetteva ai militari di saccheggiare le fabbriche in cerca di armi, e appoggiavano la nomina di Pinochet a capo dell’esercito, alla vigilia di un colpo di Stato che di fatto era già in atto.

Le trattative con i partiti borghesi in parlamento, perlopiù con la DC, così come gli accordi con l’Alto Comando “istituzionalista” delle Forze Armate, nel rispetto della costituzione e delle istituzioni dello Stato borghese, costrinsero il processo di cambiamento sociale nel corsetto della democrazia borghese.

 

Lo svolgimento del colpo di Stato

Il timore dei padroni per la spinta delle masse e la consapevolezza che il governo Allende non era più in grado di contenerlo accelerarono i preparativi per il colpo di Stato. Sotto la guida di aziende imperialiste come l’ITT e l’intervento aperto di Washington, si inquadravano le forze armate verso il colpo di Stato, isolando e reprimendo i settori resistenti.

Un primo tentativo, il “Tanquetazo” del giugno 1973, fallì. Nonostante l’avvertimento, Allende, il PS e il PC invitarono le masse a confidare nella solidità della democrazia cilena, nella professionalità dei militari. Non solo si rifiutarono di armare gli operai, che avevano chiesto apertamente i mezzi materiali per affrontare il colpo di Stato in erba, ma spinsero anche per ulteriori requisizioni nelle fabbriche allo scopo di disarmare gli operai.

Disorientati e smobilitati dai loro stessi partiti e dalla CUT, i lavoratori non furono in grado di prepararsi. Nonostante alcuni tentativi di resistenza, il colpo di Stato militare dell’11 settembre trovò la classe operaia e le masse impotenti e disarmate. La dittatura di Augusto Pinochet fu imposta per 17 anni sanguinosi, durante i quali la borghesia ripristinò il suo dominio sui pilastri del neoliberalismo nascente.

 

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Isabel Infanta

Traduzione da La Izquierda Diario