Chiusi i servizi non essenziali, bloccate le manifestazioni al di là di un chilometro dalla propria abitazione e in non più di 20 persone. Israele, primo Paese al mondo a entrare di nuovo in lockdown, dà il via come previsto a misure più stringenti che entreranno in vigore da venerdì 25 settembre all’11 ottobre, data di fine delle feste ebraiche. Una svolta necessaria visti i numeri del contagio: solo ieri sono stati segnalati 6.861 nuovi casi a fronte di quasi 60mila test, con un tasso di morbilità di poco meno del 12%. A creare scontro tra i ministri del Gabinetto di governo per la lotta al coronavirus la spinosa questione della chiusura dei luoghi di culto e sulla restrizioni delle manifestazioni. Le sinagoghe saranno in funzione solo per le cerimonie di Kippur (28 settembre). Interventi anche per il settore aereo e cancellazione delle attività sportive fatta eccezione per le competizioni internazionali.
Lo stesso Commissario Ronni Gamzu, secondo i media, ha caldeggiato interventi più leggeri di quelli poi decisi dall’esecutivo di Benyamin Netanyahu per timore di forti ripercussioni sull’economia. Ora tocca alla Knesset approvare il pacchetto di misure.
In base agli interventi – che verranno dettagliati in mattinata – resteranno aperti solo i supermercati, le farmacie così come alcune industrie essenziali. Per le dimostrazioni è passata la linea del restringimento sia di luogo sia del numero di persone: un tema portato avanti con forza dal Likud, il partito del premier. Per quanto riguarda le funzioni di culto, aspetto questo difeso ad oltranza dai partiti religiosi, le sinagoghe chiuderanno a partire da venerdì ma potranno aprire solo a Kippur e con numero di persone limitato. L’aeroporto Ben Gurion resterà chiuso ai voli in partenza fino alla fine delle festività. I ristoranti resteranno aperti solo per le consegne a casa.
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