domenica 27 settembre 2020

La guerra al salario travolge anche “quota 100”

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La decisione di Conte di abolire quota 100 e modificare il reddito di cittadinanza si inquadra nella ventennale politica di riduzione del salario sociale di classe, iniziata nel 1981 con il “divorzio” tra Banca d’Italia e ministero del Tesoro. Aaccelerata dal Trattato di Maastricht prima e dall’introduzione dell’euro dopo.

Diversamente dagli Usa, che stanno cominciando ad attuare, anche a seguito della pandemia, alcune politiche di sostegno ai redditi per disoccupati e lavoratori, in Italia, seguendo i dettami dell’Unione Europa (ed è prevedibile con ancora più forza a seguito del Recovery Fund), si punta invece a sottrarre redditi e diritti alla classe lavoratrice e ai disoccupati senza alcun sostegno.

Per due ragione. Uno: per aumentare la massa finanziaria al fine di sostenere il “sistema delle imprese” (che poi sarebbero le medio-grandi, mentre le piccole vengono martirizzate), proprio come vuole Bonomi, nella competizione internazionale secondo il modello mercantilista.

Due: per aumentare la “liquidità marxiana” della forza-lavoro giovanile, vale a dire renderla disponibile per qualsiasi lavoro a qualsiasi salario, abbattendolo al di sotto dei livelli di sopravvivenza.

Quando si parla di “democrazia formale”, e contemporaneamente si vuol impartire lezioni ad altri paesi, occorre parlare della “democrazia reale” che vige qui, dove noi viviamo.

Il modello mercantilista presuppone un assetto neocorporativo e sussidiario, vale a dire con i “sindacati gialli”, complici e corporativi, come sono ormai da decenni, che legittimano ogni scelta padronale e governativa.

Ma pretende anche un potere decisionale decisioni spezzettato in diversi ambiti (Stato, Regioni, Comuni, ecc), per eliminare – tra l’altro – qualsiasi parvenza “nazionale” che possa favorire l’unione della classe lavoratrice, da nord a sud.

La riduzione del salario sociale di classe si inquadra in questi meccanismi istituzionali derivanti dal Trattato di Maastricht, che puntano al controllo e alla repressione di qualsiasi istanza di classe, oltre che alla riduzione di salario, diretto, indiretto e differito, e alla liquidità della forza lavoro (flessibilità).

Da questo punto di vista la recente tornata elettorale e referendaria sancisce questo modello con ancora più forza, con i padroni delle regioni e il taglio della rappresentanza parlamentare.

Conte, dopo questa scadenza e le indicazioni che fornisce, ha agito “di conseguenza”, iniziando a realizzare quello era già un suo obiettivo; anzi, un compito assegnatoli dall’Unione Europea.

E’ lì che bisogna rintracciare la fonte delle decisioni. Questi al governo sono solo burattini, con i megafoni dei media.

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