https://comedonchisciotte.org
Il rischio di un prodotto incompleto e inefficace sta aumentando, causando danni enormi alla salute.
By Prof. Dr. Paul Cullen
10 settembre 2020 (LifeSiteNews) – Il primo vaccino è stato sviluppato alla fine del XVIII secolo dal medico inglese Edward Jenner. Il successo di Jenner è stato così clamoroso che rimane il modello per tutti i programmi di vaccinazione fino ad oggi. Il vaccino contro il vaiolo evidenzia le quattro caratteristiche che caratterizzano un valido candidato al vaccino.
- La malattia da vaccinare deve essere talmente grave da giustificare la vaccinazione di un gran numero di persone. Questo perché vengono vaccinate persone sane che potrebbero non venire mai a contatto con l’agente patogeno. Pertanto, bisogna essere sicuri che i benefici superino i rischi con grande certezza e con un ampio margine. In caso contrario, la vaccinazione costituisce una minaccia per l’incolumità fisica. Questo principio di precauzione, che si esprime nel detto “Primum, nihil nocere” (primo, non nuocere), è stato per oltre 2.000 anni il principio guida di ogni azione medica. Questa consapevolezza è anche la ragione per cui per lungo tempo la produzione di vaccini è stata esclusivamente nelle mani del governo.
- L’agente patogeno non deve cambiare. Se si verificano mutazioni frequenti, praticare la vaccinazione è come sparare a un bersaglio in movimento con una arma fissa: si può colpire il bersaglio, ma di solito lo si manca.
- L’agente patogeno deve essere presente solo nell’uomo, perché la sua eradicazione è possibile solo se non trova ospitalità negli animali.
- Infine, la vaccinazione dovrebbe fornire una protezione a lungo termine e completa contro la malattia bersaglio.
Di solito, lo sviluppo di un nuovo vaccino richiede dai sei ai dieci anni. In primo luogo il vaccino deve essere prodotto in colture cellulari, in uova di pollo o per mezzo di processi biologici molecolari. Tuttavia, questa produzione rappresenta solo una piccola parte dello sviluppo complessivo. Particolarmente impegnativo è il test, che si svolge in una fase pre-clinica in provetta e in esperimenti su animali, seguito da tre fasi cliniche con soggetti che accettano la sperimentazione. Nella prima fase clinica, la tollerabilità del vaccino viene solitamente testata su meno di cento persone. Si risponde a domande come ad esempio: nel sito di iniezione si manifestano arrossamenti o dolori? Provoca un’infiammazione? Si verificano dei decessi?
Se il vaccino supera questa fase, che dura da settimane a mesi, la seconda fase coinvolgerà fino a 1.000 persone per stabilire se il vaccino provoca una reazione immunitaria. Se questo è il caso, e il vaccino non crea alcun effetto collaterale grave, segue la terza e più lunga fase di test. Nella maggior parte dei casi, da 30.000 a 50.000 persone vengono divise in due gruppi, uno dei quali riceve il nuovo vaccino e l’altro un placebo. Entrambi i gruppi sono poi di solito esposti a un’infezione con l’agente patogeno bersaglio per quattro o sei anni. Trascorso questo periodo, si verifica se il gruppo di persone vaccinate contrae meno infezioni, o almeno più lievi, di quelle del gruppo placebo. L’osservazione a lungo termine di molte persone serve anche a rilevare effetti collaterali rari e gravi.
Attualmente, il mondo intero sta aspettando il nuovo vaccino contro il Covid. In un podcast video, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha detto che il tema è “come sviluppiamo i vaccini per tutte le persone del mondo”. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha persino annunciato in televisione di essere pronto a “essere il primo a ricevere il vaccino”. In un’intervista radiofonica, il primo ministro bavarese Markus Söder ha riflettuto sull’idea di sospendere i medici che rifiutano di somministrare vaccini come quello contro il Covid. Quasi tutto ciò che riguarda lo sviluppo del vaccino contro il virus della SARS-CoV-2 si discosta dai principi dello sviluppo di un vaccino.
Affinché un agente patogeno sia idoneo come candidato alla vaccinazione, deve rappresentare un rischio significativo per tutti. Tuttavia, sta diventando sempre più chiaro che le gravi manifestazioni del Covid-19 sono, con poche eccezioni, limitate a persone molto anziane con patologie preesistenti. Per il resto della popolazione, le progressioni sono lievi e spesso asintomatiche, soprattutto nei bambini. Inoltre, il virus è estremamente soggetto a mutazioni ed è quasi onnipresente nel regno animale. Dati più recenti indicano anche che l’immunogenicità del vaccino può essere difficile da ottenere. Pertanto, non è certo se gli anticorpi da soli proteggano o se la cosiddetta immunità cellulo-mediata non sia l’obiettivo principale. Inoltre, i livelli di anticorpi sembrano diminuire rapidamente dopo l’infezione ed è ancora più probabile che diminuiscano dopo la vaccinazione. Tutto ciò fa sì che sia piuttosto discutibile che il SARS-CoV-2 giustifichi o richieda una vaccinazione di massa.
Attualmente sono in fase di sviluppo circa 200 candidati al vaccino contro la SARS-CoV-2, di cui almeno dieci già in fase di sperimentazione clinica. Per tutti i candidati, il fatto che si stiano abbreviando le fasi di test, come sta effettivamente avvenendo, è altamente problematico. È vero che si può guadagnare tempo eliminando gli ostacoli burocratici e che i vaccini mRNA o DNA richiedono meno tempo per la produzione rispetto ai vaccini convenzionali, ma nel complesso non è possibile risparmiare più di un anno circa. Qualsiasi ulteriore riduzione delle fasi successive del test è associata a un maggiore rischio di effetti collaterali e a una valutazione meno efficace. Non è possibile evitare questo problema con una procedura di test, per quanto sofisticata: si tratta di un fatto biologico.
Molti dei vaccini sono problematici anche per altri motivi; per esempio, il vaccino sviluppato dall’Università di Oxford e dall’azienda farmaceutica AstraZeneca, che è già nella terza fase di sperimentazione clinica. Questo vaccino, che consiste in un adenovirus di scimmia che trasporta la proteina spike SARS-CoV-2, viene realizzato su una linea cellulare ricavata da reni di feto abortito, probabilmente nel 1972. Candidati simili, come il vaccino sviluppato da CanSino Biologics Inc. e dall’Istituto di Biotecnologia dell’Esercito cinese, nonché una variante dell’Università di Pittsburgh, utilizzano o questa linea cellulare renale o un’altra linea cellulare di feto abortito nel 1985.
Cinque altri vaccini attualmente in sperimentazione clinica sono costituiti da molecole di RNA messaggero (mRNA) che vengono iniettate sotto la pelle o nel tessuto muscolare e assorbite dalle cellule del nostro corpo. Lo mRNA, un cugino molecolare del DNA, viene utilizzato per trasmettere le informazioni genetiche del DNA al ribosoma, la “catena di montaggio della produzione di proteine” nella cellula. Lo mRNA nel vaccino, che è strutturato come lo RNA nel virus della SARS-CoV-2, “cattura” le nostre cellule e le induce a produrre ed espellere parti del virus della SARS-CoV-2. In teoria, queste innescano poi una reazione immunitaria di protezione contro il virus.
Il principio della vaccinazione mRNA, su cui si lavora da più di 20 anni, sembra promettente ma presenta rischi considerevoli. Per questo motivo i vaccini mRNA sono stati finora approvati solo in medicina veterinaria (salmone e maiale) e non nell’uomo. Il rischio principale è il possibile innesco di gravi reazioni autoimmuni. La difesa immunitaria è diretta non solo contro l’agente patogeno, ma anche contro il proprio corpo. A quel tempo, i vaccini mRNA furono sviluppati contro le malattie polmonari SARS e MERS che, come nel caso del Covid-19, erano causate da coronavirus. Non solo questi vaccini non hanno dimostrato un’efficacia a lungo termine, ma hanno anche causato gravi reazioni autoimmuni nel tessuto polmonare, motivo per cui non hanno superato gli studi clinici.
Un altro candidato nei test clinici non è costituito da mRNA, ma da DNA del materiale genetico che viene iniettato direttamente nelle persone sottoposte al test. La modalità d’azione è simile a quella dei vaccini mRNA, con il DNA inserito nella catena di informazione uno step prima dello mRNA. Pertanto, il vaccino a base DNA comporta non solo gli stessi rischi di un vaccino mRNA, ma anche rischi aggiuntivi. Per esempio, può verificarsi una reazione immunitaria contro il DNA stesso, i cui effetti non sono chiari. Inoltre, e più importante, esiste la possibilità che una parte del DNA del vaccino si integri con il nostro DNA. Un inserimento nel punto sbagliato può portare a gravi conseguenze indesiderate, come lo sviluppo del cancro. Non ci sono segnalazioni di un tale effetto, che ha portato il biochimico e direttore dell’Istituto Paul Ehrlich, Klaus Cichutek, a dire che “nel caso dei vaccini a base di DNA, abbiamo trascorso molti decenni a perseguire un rischio teorico che non è mai stato effettivamente provato negli animali e negli studi clinici”. Questa affermazione deve essere considerata riduttiva perché non esiste alcuno studio a lungo termine su un numero maggiore di persone. Inoltre, la maggior parte delle pubblicazioni sull’argomento proviene dai laboratori di ricerca dei produttori di vaccini.
I requisiti per un vaccino in termini di sicurezza ed efficacia sono molto più elevati di quelli per i farmaci. Questo è tanto più vero quando l’intera umanità è in gioco come beneficiaria. Il virus della SARS-CoV-2 non è particolarmente adatto come candidato alla vaccinazione di massa. L’affrettato programma di sviluppo non può garantire la sicurezza richiesta. Quasi tutti i vaccini attualmente in fase di sperimentazione clinica sono non etici o basati su principi attivi i cui effetti a lungo termine e la cui efficacia non sono mai stati testati sull’uomo. Ma, nella produzione di vaccini, il diavolo si nasconde nei dettagli. Nonostante le intense ricerche condotte nel corso di diversi decenni, non disponiamo ancora di un vaccino contro l’HIV o la malaria ed anche l’efficacia della vaccinazione annuale contro l’influenza è solo tra il 10 e il 30%. Nel 2010, il vaccino contro l’influenza suina “affrettato e sporco” si è rivelato un fiasco, sia sotto il profilo degli effetti collaterali sia sotto quello dell’efficacia. Alla fine potrebbe non essere possibile trovare un vaccino contro la SARS-CoV-2. Ma ciò è di gran lunga preferibile rispetto ad un prodotto incompleto e inefficace che causa danni gravi alla salute per i quali, non dimentichiamolo, non il produttore del vaccino, ma il grande pubblico pagherebbe. Col senno di poi, un simile scenario potrebbe rivelarsi il più grande errore dell’intera vicenda COVID.
Aggiunto dall’autore dopo la pubblicazione originale:
Dopo la stesura di questo articolo è stato segnalato l’uso di un vaccino adenovirus prodotto dal Gamaleya Research Institute of Epidemiology and Microbiology di Mosca, Russia, di proprietà dello Stato. Questo vaccino, chiamato “Sputnik V”, contiene una miscela di due adenovirus che sono stati geneticamente modificati per portare sulla loro superficie la proteina spike SARS-CoV-2 (glicoproteina S). L’autore non è stato in grado di determinare se sono state utilizzate linee cellulari fetali umane nello sviluppo di questo vaccino, che è stato introdotto dopo una sperimentazione clinica di fase uno che ha coinvolto solo 76 individui.
L’articolo di cui sopra è stato pubblicato per la prima volta il 27 agosto 2020 dal settimanale cattolico tedesco Die Tagespost. Il Prof. Dr. Paul Cullen, l’autore, è presidente di “Medici per la vita” in Germania. Il suo articolo è stato tradotto con il permesso di Martin Bürger di LifeSite.
Scelto e tradotto da Cinthia Nardelli per comedonchisciotte.org
Nessun commento:
Posta un commento