Un rogo devasta il più grande campo profughi europeo: oltre 12mila persone, fuga di massa. Bruxelles promette solidarietà e aiuti. Ma solo la Norvegia ne prenota 50, mentre gli altri balbettano. Senza questo "maxi-parcheggio" degli arrivi dall'est, però, non potranno più dormire sonni tranquilli.
“Abbiamo visto il fuoco diffondersi su Moria e infuriare tutta la notte. L’intero campo è stato avvolto dalle fiamme, provocando una fuga di massa delle persone senza direzione. Bambini spaventati e genitori sotto shock”. Le parole di Marco Sandrone, capo progetti di Medici senza frontiere, descrivono l’inferno di Lesbo. La scorsa notte è andato a fuoco il più grande campo profughi d’Europa, oltre 12mila persone ospitate su questa isola, frontiera naturale dell’immigrazione da oriente verso l’Europa. Migliaia di persone sono in fuga, tra loro anche oltre 30 positivi al covid. Ma nemmeno questa tragedia ispira solidarietà e reale partecipazione negli Stati europei.
Nessun aiuto, mentre la Grecia dichiara lo stato di emergenza. Tranne che dalla Norvegia, disposta ad accogliere 50 profughi, a patto che – è la condizione posta dal Governo di Oslo – rientrino nella quota dei tremila che il paese scandinavo deve accettare per quest’anno. Il resto è un balbettio di solidarietà oppure silenzio.A Bruxelles il tema immigrazione continua a non essere la priorità di questa fase, concentrata sulla risposta europea alla crisi economica da Covid.
L’incendio, tra l’altro, casca proprio nel giorno della riunione settimanale dei commissari europei. I quali però non approfondiscono il tema, sapendo che i governi nazionali non colgono l’urgenza. “C’erano state altre redistribuzioni dei migranti in altri paesi europei e ce ne erano anche di previste per i prossimi mesi, ora non saprei se ci sono state altre offerte. Non se ne è discusso nella riunione del collegio”, accenna il portavoce della Commissione europea Eric Mamer.La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si dice “pronta ad assistere la Grecia” e intanto invia sul posto il vicepresidente Margaritis Schinas, responsabile sull’immigrazione.
“Al momento stiamo fornendo un aiuto immediato con un sostegno al trasferimento e con la creazione di alloggi nella Grecia continentale”, dice il vicepresidente della Commissione europea, Maros Sefcovic. “Su altre questioni credo che sia troppo presto adesso esprimersi”, aggiunge, esprimendo la “vicinanza del Collegio e anche la sua personale alle persone e a chi lavora nel campo”. “Siamo in stretto contatto con le autorità greche” per aiutare “attraverso il meccanismo della Protezione civile a seconda delle necessità che Atene identificherà”, ma, la “solidarietà degli stati membri è essenziale” e le priorità sono la “sicurezza delle persone coinvolte, dare soccorsi, un alloggio e buone condizioni igieniche” a chi ne ha bisogno.
“Le immagini che arrivano dal campo di Moria sono devastanti. Dobbiamo mobilitarci in sostegno di donne, uomini e bambini che necessitano di un tetto, immediatamente. Questa è un’emergenza umanitaria, l’Europa deve mostrare la sua solidarietà”, dice il presidente del Parlamento europeo David Sassoli.
“Gli eventi di ieri sera servono a ricordare con forza l’urgente necessità di un Patto Ue sulle migrazioni umano e a misura di bambino, che rispetti i diritti dei bambini a una protezione e a servizi adeguati in tutta Europa”, recita una nota dell’Unicef che nel proprio centro ‘Tapuat’, vicino al campo di Moria, sta ospitando oltre 150 minori non accompagnati scampati alle fiamme. Ma sono “oltre 4.000” i bambini alloggiati nel campo distrutto dall’incendio, ricorda l’agenzia dell’Onu, “407 i minorenni non accompagnati, estremamente vulnerabili”.
Eppure nemmeno quest’ultima tragedia greca cambia l’agenda dei governi nazionali dell’Ue, come è successo per il caos sbarchi a Lampedusa quest’estate, ben meno grave di un incendo divampato nel più grande centro di accoglienza del continente. L’immigrazione non rientra tra le priorità della presidenza di turno tedesca, concentrata sulla pandemia oltre che sui difficili negoziati sulla Brexit (di nuovo bloccati su un picco di tensione tra Londra e Bruxelles), il braccio di ferro con Donald Trump, le trattative con la Cina per futuri accordi sugli investimenti (lunedì il vertice Ue-Cina in videoconferenza).
La Commissione europea dovrebbe presentare un pacchetto immigrazione, compresa la riforma di Dublino rimandata dalla primavera scorsa. Ma, se anche la presentazione fosse confermata, il dossier non sembra avere possibilità concrete di finire al primo posto in agenda delle riunioni dei leader in Consiglio europeo per la fine dell’anno. A meno che la crisi di Lesbo non riesca a cambiare le carte in tavola nei prossimi giorni: per ora, nessun segnale in questa direzione.
Intanto in Grecia, il vento forte intralcia le operazioni per domare l’incendio. La gente continua a scappare. Il governo di Atene, in dialogo con Bruselles, cerca altre possibilità di sistemazione nella parte continentale del paese. L’ex premier Alexis Tsipras di Syriza, ora all’opposizione, attacca l’attuale capo dell’esecutivo Kyriakos Mitsotakis come “personalmente responsabile della crisi a Lesbo”.
Di certo, l’Europa ha perso il suo più grande campo profughi, il luogo dove veniva ‘parcheggiata’ la stragrande maggioranza dei profughi dall’est, zona cuscinetto degli arrivi sulla quale si sono ‘cullati’ gli Stati europei. D’ora in poi, non potranno più.
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