Ogni
regime, per quanto autocratico o eterodiretto, fonda la sua legittimità
sul consenso di un determinato blocco sociale, presentato come
largamente maggioritario, oltreché virtuoso e assennato. Il nascente
regime sanitario italiano non fa eccezione. Che tale consenso sia frutto
di coercizione poliziesca o di ipnosi mediatica è, in questa sede, poco
rilevante. Una precisazione: per “regime sanitario” non si intende qui
il governo Conte o la maggioranza che lo sostiene, ma, volendosi
soffermare sui suoi tentacoli “politici”, un Moloch (o un Giano
Bifronte, se preferite) che sfoggia il ghigno di De Luca e la
brillantina di Zaia, il rossetto della Azzolina e la mascherina
tricolore della Meloni.
Il blocco, ad ogni modo, si articola in cinque compatte componenti.
1. Il patriziato
Altrimenti
chiamato “elite”. Non si parla qui dei Superiori (più o meno)
Sconosciuti, dei padroni del vapore e del discorso ma, assai più
prosaicamente, dei loro maggiordomi, nonché dei pagliacci sontuosamente
pagati per lavorare nel circo assoluto della società dello spettacolo.
Tale casta, che presenta caratteristiche similari in tutto l’Occidente,
assume nel nostro paese i contorni di un informe generone fatto di
imprenditori multinazionali, banchieri, operatori della finanza,
magistrati, politicanti e sindacalisti, alti papaveri della burocrazia
statale, baroni universitari, prelati, mafiosi, calciatori, cantanti,
attori, giornalisti, personaggi televisivi (qualunque cosa ciò voglia
dire), “influencer”, puttane d’alto bordo. Sono coloro che verranno
dispensati dagli obblighi vaccinali e terapeutici, non subendo al
contempo espropri o decurtazioni. Privi di dignità e di coscienza, i
membri del patriziato hanno puntato, esistenzialmente, tutto il loro
nulla su un unico cavallo: quello vincente. Se la corsa (truccata)
continuerà ad avere lo stesso esito (come, del resto, è sempre stato),
essi vivranno, alla faccia nostra, fra agi e visibilità; altrimenti,
faranno in tempo a varcare i confini, andandosi a godere il frutto del
loro servaggio in qualche paradiso blindato.
Tenendo buona la “teoria” dell’1 %, i patrizi sarebbero 600.000; a mio parere bisogna stare più bassi, sui 2-300.000.
2 I pensionati
Rappresentano,
nella nostra storia, la prima generazione stuprata dal consumismo e
dalla televisione. Sono profondamente persuasi di vivere in un sistema
gerontofilo, in cui lo Stato si prende anzitutto cura dei suoi vecchi,
nonostante la presenza di segnali sinistramente contraddittori, come la
promozione dell’eutanasia o, in tempi non sospetti, la deportazione di
massa nelle “case di riposo”. Sono altresì convinti che le loro pensioni
non subiranno mai alcuna sforbiciata, essendone il pagamento garantito
dall’Europa e dai Mercati, nonché dal buon senso dei governanti. Nei
loro cuori canuti non alberga più alcuna Fede, se non quella nel regime
stesso; non attecchisce più, nella landa desolata della loro coscienza
neppure il principio in virtù del quale, per garantire la continuità
della vita, ci si sacrifica per i figli prima e per i nipoti poi.
Idolatrano medici e farmacisti, sognando che questi possano, in tempi
ragionevoli, sconfiggere la Morte. Il loro orizzonte è il paradiso
chimico dell’igiene e del controllo. Sono, chiaramente, i più sensibili
alla propaganda, ma c’è di che comprenderli: facendo una stima, un
settantacinquenne medio si è sorbito qualcosa come 20000 telegiornali.
Pure i profeti e i mistici vacillerebbero.
In
Italia i pensionati sono circa 16 milioni, ma vanno calando: mentre la
signora con la falce continua incessante la sua mietitura, covid o no,
gli aspiranti pensionati si attaccano al tram con tutti i loro
contributi (ce lo chiedono l’Europa e i Mercati, mentre la Scienza ci
dice che si può stare in fonderia fino a ottant’anni).
3. I dipendenti pubblici
Categoria
vastissima, nella quale si annoverano i proverbiali cani e porci, dal
presidente di Corte d’assise alla bidella con incarico annuale. Minimo
comun denominatore: la certezza granitica dell’eternità dello stipendio.
Ora, mentre all’impiegato del catasto è consentito vivacchiare nel suo
telelavoro, obbedendo a tutti gli ordinicchi e credendo a tutte le
fregnacce, ben altro zelo viene richiesto a tre categorie di statali: i
membri delle forze dell’ordine, i medici, paramedici e affini e gli
insegnanti.
I vari carabinieri, poliziotti,
finanzieri e vigili urbani si erano già distinti, negli anni passati,
per viltà e mancanza di scrupoli; nelle settimane dei posti di blocco e
dei controlli a tappeto hanno saputo tenere fede alle premesse e alle
promesse. Adesso, finalmente, il regime li gratifica, lanciando loro,
oltre agli ossi, succulente bistecche: pagamenti di arretrati e
straordinari, ricchi bonus per ogni untore passato al setaccio ,
dotazioni di macchinone e giocattolini elettronici. Hanno un unico
comandamento: non porsi mai alcuna domanda. Senza la loro cieca e devota
ubbidienza, il regime si squaglierebbe nella sua grottesca comicità.
Medici,
infermieri, operatori del 118, guidatori di ambulanze, annessi e
connessi hanno conosciuto ultimamente un’impennata della loro
“popolarità”, valore fondante di un’epoca malata. I video dei paramedici
ballerini hanno fatto più visualizzazioni di quelli di Lady Gaga. Tutti
i camici si sono ritrovati in un Grande Gioco in cui non erano più
anonime comparse sottoposte ad indicibili livelli di stress, ma
protagonisti celebrati da tutti gli schermi. Le diverse amministrazioni
regionali hanno inoltre elargito loro incentivi che non si sarebbero
ottenuti in mille anni di battaglie sindacali. Il livello di omertà
nelle loro file è pari a quello riscontrabile in una ‘ndrina
dell’Aspromonte.
Alla scuola, infine, il regime ha
chiesto di essere blanda cinghia di trasmissione dei suoi contenuti,
organismo complementare rispetto al mondo dell’intrattenimento. Gli
insegnanti, tuttavia, sembrano non rendersene conto, vivendo in una
dimensione delirante in cui si senton patrizi nonostante i loro
stipendiucci plebei, si sentono elite culturale nonostante il loro
pecoreccio conformismo. Negli ultimi vent’anni hanno accettato tutti i
mefistofelici cambiamenti introdotti dai diversi governi, facendosene
anzi fanatici portavoce. E così, mentre la Cultura e l’Educazione
andavano morendo, essi introiettavano il neoliberismo ed il
postumanesimo, promuovendo l’avvilimento dei contenuti di studio,
l’alternanza scuola-lavoro, il dogma del politicamente corretto,
sottomettendosi docili al giogo dei presidi-manager, degli “esperti” e
degli “animatori digitali”, degli psicologi e degli assistenti sociali,
nell’ansia permanente di non rispettare l’ultima bizantina circolare
ministeriale, di non adempiere all’ultima kafkiana incombenza
burocratica, di non essere all’altezza dei professori “smart” decantati
nell’ultimo servizio de La Repubblica. Con gli insegnanti, il regime non
ha bisogno di usare né il bastone né la carota: la loro adesione è
completamente gratuita.
I pubblici impiegati della
Repubblica Italiani sono circa tre milioni e mezzo: altissima la loro
partecipazione ai legittimanti ludi elettorali.
4. Gli studenti
Considerando
in questa categoria gli studenti delle superiori e gli universitari,
ciò che ha colpito diversi commentatori è stata la loro passività
dinanzi alle norme paradossali che dovrebbero caratterizzare, d’ora in
poi, la vita nelle scuole e nelle facoltà. Dopo decenni di puerile
“ribellismo”, passati a organizzare occupazioni perché i cornetti del
bar contenevano poca crema o perché il calore sprigionato dai
termosifoni non raggiungeva la temperatura di 30 gradi, gli studenti
sembrano ora pronti ad accettare qualunque draconiana limitazione e
proni al Verbo irradiato dall’Autorità. Evidentemente, facendo un
bilancio di ciò che è accaduto da quest’altra parte della cattedra, un
buon ventennio di propaganda sulla Scienza e sulla Legalità ha prodotto
risultati notevoli; tutto questo mentre i più, pur in possesso di titoli
altisonanti ottenuti con voti a tre cifre, non abbiano idea di quale
sia la corretta grafia di “c’è” o di chi sia Antonio Gramsci, né siano
in grado di fare una banale sottrazione senza usare la calcolatrice. E’
dunque legittimo (anzi, doveroso) mettere in discussione gli insegnanti,
passando anche a vie di fatto, manesche o legali che siano; è del tutto
illegittimo, invece, opporsi alle entità che emanano la Legge, agli
scienziati, agli psicologi ed agli “esperti” che ne sanno a pacchi. Se
proprio si volesse stabilire una gerarchia nel tasso di ubbidienza del
corpo studentesco, si potrebbe rilevare che essa è maggiore fra chi
frequenta i licei rispetto ai reietti degli istituti tecnici o
professionali, oppure che gli iscritti a economia, medicina e
giurisprudenza sono più “sistemici” di quelli che frequentano lettere o
scienze politiche, ma si tratterebbe di una riflessione di corto
respiro: uno studente del DAMS condivide oggi lo stesso orizzonte di uno
studente di ingegneria.
Quattro milioni sono gli
studenti italiani (di cui un milione e mezzo gli universitari).
Se tutto va come deve andare, diverse decine di migliaia di essi si
diplomeranno attraverso la “didattica a distanza”, laureandosi poi,
sempre a distanza, in cardiochirurgia e robe così.
5. I “Neet”
Tale
termine indica coloro che non studiano, non lavorano e non sono alla
ricerca attiva di un impiego. Della Scienza e della Legalità perlopiù se
ne infischiano, ma la loro interiorizzazione del consumismo non trova
eguali nelle altre categorie menzionate. La propaganda in senso
stretto, ahilei, non li tange proprio, ma per loro scendono in campo i
pagliacci che rappresentano la parte più bassa del patriziato. Se dunque
il Verbo non riesce a raggiungere questi sventurati, ecco che il regime
s’affida al verbo dei campioni dello sport, dei cantanti, degli
“influencer” e degli “youtuber”: i loro modelli di vita. E’
bastato un clic per farli passare dal culto degli assembramenti in stadi
e discoteche all’accettazione supina della loro serrata, fino a quando
tutto verrà inghiottito dall’oblio: un giorno giureranno che le partite
di calcio si son sempre e solo giocate alla playstation. La loro
adesione alla Verità, all’apparenza un po’ naif, è in realtà la più
solida di tutte: nelle loro coscienze rarefatte, non esiste alcuna
possibile “alternativa”, neanche simbolica, al Sistema, ed è ferma e
radicata convinzione che il presente possa durare all’infinito.
In
Italia i “Neet” sarebbero all’incirca due milioni; qualche sprovveduto
potrebbe pensare che la loro “neetezza” durerà fino a che avranno da
mangiare, ma si sbaglia: durerà fino a quando avranno i giga.
Va
altresì rilevato come il regime sia in grado di fare breccia anche
nelle categorie che non rientrano nel suo blocco asociale: piccoli e
medi imprenditori che operano nell’economia “reale”, esercenti,
artigiani, “partite IVA”, dipendenti del settore privato, disoccupati.
Qualche esempio in ordine sparso: “prenditori” ammanicati con le
amministrazioni oppure operanti nel settore sanitario, tabaccai esclusi
da ogni blocco, commesse dei supermercati e guardie giurate nobilitate
dal ruolo di kapò in sedicesimo. Per i disoccupati in senso stretto,
oltre al famigerato reddito di cittadinanza, si preparano per il futuro
nuove e ricattatorie forme di assistenza sociale. Tutti costoro,
inoltre, sono anzitutto fruitori dello Spettacolo: come i concittadini
più tutelati, sono anch’essi sensibili alle sirene della propaganda.
Per
chiudere, qualche rapido calcolo. Volendo considerare un fisiologico
10% di dissidenti all’interno di ciascuna categoria (fatta eccezione,
chiaramente, per il patriziato), abbiamo un blocco di 25-30 milioni di
nostri connazionali pronti a sostenere il regime sanitario. Considerando
che sullo sfondo vi sono circa 8 milioni di minori, oltre a 6 milioni
di immigrati (una variabile che, per adesso, è difficile analizzare alla
luce di questa impostazione), abbiamo un “potenziale d’opposizione” che
riguarda al massimo un quarto della cittadinanza.
Ci sono regimi che sono partiti con molto meno.
Nessun commento:
Posta un commento