Dall’elezione
di Hugo Chávez come Presidente nel 1998, il Venezuela bolivariano è nel
mirino prioritario degli interessi statunitensi, nell’ambito della sua
strategia di dominio continentale e globale.
...Paradossalmente
si attacca il Venezuela non per mancate elezioni, o perché siano
fraudolente, come in molti Paesi del mondo. Al contrario. Il Venezuela è
minacciato con maggiori sanzioni e con un blocco economico, politico e
diplomatico a causa dello svolgimento di elezioni trasparenti e
democratiche.
È una situazione politica senza precedenti, degna del “teatro dell’assurdo”...
marcoconsolo.altervista.org Marco Consolo
Dalla
vittoria di Chávez, Washington ha cospirato per realizzare un “cambio di
regime” in Venezuela. Lo ha fatto in base a una riedizione della
“Dottrina Monroe”. Una dottrina che stabilisce come interesse oggettivo e
strategico degli Stati Uniti l’annientamento della Rivoluzione
Bolivariana, il rovesciamento del suo governo e la scomparsa del suo
modello di democrazia partecipativa e popolare, nonché del suo Stato
sociale per porre fine al “cattivo esempio” della Rivoluzione
Bolivariana.
Dopo
vent’anni di un profondo processo di trasformazione sociale, di
costruzione di un progetto di democrazia popolare, dopo aver sconfitto
un tentativo di colpo di Stato nel 2002, dopo la scomparsa fisica del
Comandante Chávez nel 2013, il popolo venezuelano soffre oggi il più
feroce e brutale attacco dell’imperialismo statunitense, della UE e dei
poteri forti planetari.
La
“guerra a spettro completo” per rovesciare il governo di Nicolás Maduro
ha un carattere multiforme: sabotaggio dei prezzi del petrolio, sanzioni
e blocco finanziario, estrazione della valuta, attacchi speculativi
alla valuta nazionale, contrabbando e mercato nero, fuga di capitali,
distorsione di tutti gli aspetti economici per produrre il caos sociale,
sabotaggi e infiltrazione paramilitare. Insieme all’assedio politico e
diplomatico, sono strumenti per isolare il Venezuela, criminalizzando la
sua democrazia.
Con
l’ordine esecutivo 13692 del marzo 2015, (successivamente confermato da
Barack Obama e Donald Trump), gli Stati Uniti hanno dichiarato il
Venezuela una “minaccia inusuale e straordinaria alla sicurezza degli
Stati Uniti”. Così facendo, hanno legalizzato una politica ufficiosa,
concretizzata attraverso operazioni finanziarie, politiche, mediatiche,
paramilitari e diplomatiche.
Operazioni nascoste, come hanno dimostrato
Wikileaks e centinaia di documenti declassificati del governo degli
Stati Uniti.
Con
crescente aggressività, Washington ha definito il Venezuela come un
“nemico emisferico” e porta avanti una guerra non dichiarata contro la
patria di Simon Bolivar.
Il governo Trump, vuole riappropriarsi
dell’immensa ricchezza del Venezuela, e per questo ha intensificato le
ostilità, dichiarando apertamente la sua intenzione di sbarazzarsi del
legittimo governo del Venezuela con qualsiasi metodo possibile.
Come
afferma lo stesso Trump, non viene scartata alcuna ipotesi: l’assedio
económico, un embargo petrolífero, un possibile intervento militare
diretto o attraverso una coalizione internazionale, giustificato dalla
presunta esistenza di una “crisi umanitaria”. L’obiettivo è creare le
condizioni per consentire l’intervento in Venezuela, violandone la
sovranità e il diritto del suo popolo di essere libero e di darsi il
modello politico, economico e sociale deciso dalla maggioranza.
Nell’esecuzione
di questo piano, nel 2017 gli Stati Uniti hanno scelto di provocare una
crisi politica mediante un violento piano insurrezionale, costato al
Paese 125 morti, oltre duemila feriti e danni milionari. Al suo
fallimento, ha fatto seguito l’applicazione di sanzioni unilaterali e
coercitive (in particolare in campo economico e finanziario), per
produrre una situazione di caos, rovesciare il governo legittimo e
giustificare forme di intervento e di “tutela” della democrazia
venezuelana. Le sanzioni e il blocco finanziario che cercano di
distruggere l’economia, causare iperinflazione e negare al Paese
l’accesso al cibo, alle medicine e ai beni essenziali, sono strumenti
denunciati dal Venezuela come parte della guerra económica in atto.
Ma la
violenta campagna contro il governo Maduro non ha fermato il carattere
sociale, democratico e umanista del proceso bolivariano. Un processo che
comporta il riconoscimento dei diritti della maggioranza, delle
lavoratrici e dei lavoratori, dei popoli originari, degli
afro-discendenti, delle comunità sessualmente diverse, pensionate e
pensionati, diversamente abili, la priorità della protezione
dell’infanzia come tema centrale dello Stato sociale, e della giustizia.
In
questi anni si è avanzato con la costruzione di case popolari (arrivate a
2 milioni), l’estensione dei servizi sanitari e dell’istruzione
gratuita, l’universalizzazione delle pensioni al 100% della popolazione
in età corrispondente; sostegno al salario dei lavoratori attraverso
aumenti sistematici per fare fronte alla crisi económica; programmi di
sostegno alimentare; sussidi per generi alimentari di base;
rafforzamento del potere popolare come strumento essenziale per
l’organizzazione attraverso le Comuni ed i Consigli Comunali; la
creazione di strumenti per la consegna di sussidi diretti alle famiglie,
etc.
Elezioni e dialogo
Negli ultimi 5 anni, il Presidente Maduro ha fatto appello al dialogo con l’opposizione in maniera permanente.
Alla
fine del 2017, anche grazie alla mediazione degli ex-Presidenti Leonel
Fernández della Repubblica Dominicana, Martín Torrijos di Panama e
dell’ex primo ministro spagnolo, José Luis Rodríguez Zapatero, il
governo e l’opposizione venezuelana si erano seduti a un tavolo di
dialogo coordinato dal Presidente Dominicano, Danilo Medina.
Il
dialogo aveva prodotto un accordo per la normalizzazione della vita
politica, l’anticipo delle elezioni presidenziali (inizialmente previste
per dicembre 2018) e una serie di misure per recuperare la coesistenza
pacifica tra i vari settori. Questo accordo, accettato in primo tempo
dall’opposizione, è stato rifiutato all’ultimo momento grazie ad ordini
diretti della Casabianca (con la dura contrarietà e sorpresa di
Zapatero). Nonostante ciò, il governo venezuelano si è impegnato
pubblicamente a rispettare gli accordi raggiunti. Su queste basi,
l’Assemblea Nazionale Costituente ha emanato un decreto che chiedeva di
realizzare le elezioni presidenziali nell’aprile 2018. In seguito alla
richiesta di un settore dell’opposizione (che ha deciso di partecipare),
il Consiglio Nazionale Elettorale (CNE) ha infine fissato le elezioni
presidenziali per il 20 Maggio 2018.
Le
elezioni sono quindi conseguenza di un processo politico di dialogo e
negoziato che ha cercato di risolvere la crisi politica attraverso la
scadenza elettorale. Una scadenza assolutamente costituzionale, perché
convocata dal CNE, (l’organismo che rappresenta il potere supremo
elettorale nella Costituzione venezuelana), sulla base del mandato
dell’Assemblea Nazionale Costituente.
Gli
accordi della Repubblica Dominicana, in seguito sono stati ampliati e
firmati a Caracas dal governo e da una parte dell’opposizione. Tra gli
altri punti, essi prevedevano una serie di garanzie elettorali,
l’auditing e la revisione del sistema elettorale, nonché l’invito di
osservatori e di accompagnanti elettorali, sempre presenti in tutte le
elezioni realizzate dal 1998. Il 20 maggio, ci saranno circa 300
presenze internazionali (oltre a circa 3000 nazionali) che potranno
partecipare a tutte le fasi del processo elettorale, certificarne il
funzionamento, visitare i seggi, incontrare tutte le organizzazioni
politiche ed esprimere con assoluta libertà la propria opinione sul
processo elettorale. In particolare il CNE ha sottoscritto un accordo
con il Consejo de Expertos Electorales de América Latina (Ceela), che si
trova già nel Paese realizzando i processi di auditing
pre-elettorale stipulati. Vi sarà inoltre una missione dell’Unione
Africana (composta da 53 Stati), una delegazione della Comunità degli
Stati dei Caraibi (Caricom), del Parlamento del Mercosur (Parlasur),
oltre a diversi deputati di Paesi europei.
In
quanto Potere Elettorale, il CNE ha esteso al Segretario Generale delle
Nazioni Unite l’invito a inviare una delegazione di osservazione
elettorale, così come a Federica Mogherini, nella sua veste di
rappresentante per la politica estera e di sicurezza della UE.
Chi partecipa e chi boicotta ?
Alle
elezioni del 20 maggio partecipa la maggior parte dei partiti politici.
Di 19 partiti nazionali correttamente registrati, 15 partecipano alle
elezioni. All’inizio si erano iscritti 5 candidati presidenziali, ma lo
scorso 8 maggio l’indipendente Luis Alejandro Ratti si è ritirato,
annunciando il suo appoggio a Henri Falcón, candidato di opposizione.
Attualmente ci sono quattro candidati alla presidenza, tre dei quali di
opposizione.
Lo
scorso 21 febbraio, Acción Democrática, Primero Justicia e Voluntad
Popular hanno deciso di non presentare candidati presidenziali, e di
boicottare le elezioni. In altri termini, la parte più oltranzista
dell’opposizione si è rifiutata di partecipare alle elezioni
presidenziali, perchè sa di non avere la maggioranza dei consensi. Da
quasi 20 anni, cerca soluzioni violente e incostituzionali, con un
atteggiamento insurrezionale e golpista.
E’
importante segnalare che nello stesso giorno, si voterà per eleggere 251
deputati dei Consigli Legislativi delle 24 regioni del Paese, con circa
1700 candidati. In queste elezioni, Acción Democrática, Primero
Justicia e Voluntad Popular hanno iscritto i loro candidati come
“indipendenti”.
D’altra
parte, la strategia astensionista non ha il consenso di tutta
l’opposizione, e ne approfondisce le divisioni. Diversi dirigenti
dell’opposizione (tra cui Henrique Capriles, Jesus “Chúo” Torrealba – ex
segretario generale della MUD – o Leocenis García, imprenditore e
leader del Movimiento pro-ciudadanos) hanno dichiarato che non
partecipare alle elezioni è un errore. Alcuni di loro sostengono il
candidato Henri Falcón.
Contrasta
con questo atteggiamento, la natura democratica, costituzionale e
pacifica delle elezioni, che si svolgono tra le minacce di aggressione
degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e di alcuni governi dell’America
Latina che cercano di isolare il Venezuela per provocare un “intervento
umanitario”.
Infatti,
nonostante le garanzie, gli Stati Uniti hanno lanciato una campagna
internazionale per non riconoscere il processo elettorale (e di
conseguenza i suoi risultati), prima che si voti. Sono aumentate in
maniera esponenziale le minacce di maggiori sanzioni, la retorica
aggressiva, le campagne di falsificazione, aggressione simbolica e
criminalizzazione del laboratorio democratico venezuelano.
Paradossalmente
si attacca il Venezuela non per mancate elezioni, o perché siano
fraudolente, come in molti Paesi del mondo. Al contrario. Il Venezuela è
minacciato con maggiori sanzioni e con un blocco economico, politico e
diplomatico a causa dello svolgimento di elezioni trasparenti e
democratiche.
È una situazione politica senza precedenti, degna del “teatro dell’assurdo”.
Perchè difendere il processo elettorale ?
Le
elezioni del 20 maggio sono l’occasione per risolvere una crisi di
legittimità política, una via d’uscita democratica, costituzionale,
pacifica, che rispetta tutte le garanzie e gli standard per questo tipo
di processo.
La
decisione di realizzare il processo elettorale è una decisione sovrana
della democrazia venezuelana, delle sue istituzioni politiche e delle
sue leggi.
Le
elezioni chiariranno la volontà della maggioranza del popolo venezuelano
e permetteranno di aprire una nuova strada per il dialogo e la
coesistenza pacifica tra le diverse opzioni politiche. È la possibilità
di rincontrarsi attraverso l’esercizio del voto.
Difendere
le elezioni del 20 maggio, significa difendere il diritto
internazionale, la carta delle Nazioni Unite ed il principio della non
ingerenza negli affari interni, il rispetto dell’autodeterminazione dei
popoli e della sovranità degli Stati.
Per
difendere il diritto del popolo venezuelano di scegliere le proprie
autorità e risolvere pacificamente le proprie divergenze.
Per
difendere la libertà e la democrazia di un popolo che vuole vivere in
pace e costruire la propria storia in base alle decisioni della
maggioranza.
Per
difendere la pace in Venezuela e nel continente latino-americano ed
opporsi a coloro che vogliono una guerra per saccheggiare il continente e
soggiogarne i popoli.
Per
difendere la sovranità e l’indipendenza dei popoli latinoamericani e dei
Caraibi e di tutti i popoli che lottano per i loro diritti e le loro
legittime aspirazioni.
Perché in Venezuela è in gioco il futuro della battaglia per la liberazione dalla tragedia del capitalismo.
Il blog di Marco Consolo http://marcoconsolo.altervista.org
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