Nove pagine in cui si
sottolinea che sin dalla costituzione della Casa l'amministrazione
capitolina ha sempre ritenuto prevalente l'interesse pubblico al
beneficio economico.
La mozione, per riprendersi lo stabile e
metterlo al bando di altre associazioni, il Campidoglio l'ha approvata,
il progetto rischia la "liquidazione", ma di farsi mettere in un angolo e
magari dover lasciare la loro sede storica le femministe di Roma non
vogliono saperne.
All'indomani del via libera arrivato in Assemblea capitolina, tra
polemiche e proteste, all'interpellanza della consigliera grillina Gemma
Guerrini, le oltre trenta associazioni riunite nel Consorzio Casa
internazionale delle donne hanno detto chiaro e tondo di non essere
intenzionate a lasciare il palazzo seicentesco del Buon Pastore a via
della Lungara.
Anzi, hanno tutta l'intenzione di rilanciare - la mobilitazione,
partita ieri, continuerà domani e lunedì con una conferenza stampa in
Senato e un presidio dinanzi all'Assessorato Roma Semplice - e di
sollevare l'attenzione generale sulla risposta a un interrogativo finora
rimasto inevaso. E cioè: quanto vale, in termini di costi/benefici, la
Casa internazionale delle donne? Nei registri del Comune corrisponde
solo a un conto in rosso o produce per la città anche un valore
aggiunto?
Da quando, a novembre scorso, si videro recapitare dal Comune di Roma
la richiesta di pagamento di 833.512,30 euro, le donne del Consorzio
della Casa internazionale di via della Lungara hanno pensato di mettere
mano ai conti e, numeri alla mano, hanno stilato una memoria per
presentare le loro proposte e dire che sì, in sostanza, il debito
contratto verso il Campidoglio esiste, ma che loro vantano anche dei
crediti. Il documento, che HuffPost pubblica in esclusiva, fu
consegnato, a gennaio, nell'incontro tra le donne della casa e le
assessore del Comune, ma è rimasto lettera morta. Il tavolo, mai più
convocato, doveva riaprirsi lunedì, ma nel frattempo è stata approvata
la mozione Guerrini che ha infiammato gli animi, gettando benzina sul
fuoco delle proteste.
Lunedì, se l'incontro verrà confermato, le donne della Casa
internazionale reclameranno una risposta alla loro memoria. Nove pagine
in cui, sottolineando che sin dalla costituzione della Casa - correva
l'anno 1983 - l'amministrazione capitolina ha sempre ritenuto prevalente
l'interesse pubblico al beneficio economico, vengono elencati i costi
sostenuti per la manutenzione, anche straordinaria, dello stabile
storico, le ristrutturazioni e la produzione di nuovi servizi. Per un
totale di 535mila euro, nei quali è conteggiato anche il danno -
quantificato in 126mila euro - causato dal venire meno del Comune
all'impegno di ristrutturare la sala polifunzionale del complesso del
Buon Pastore - "quegli spazi - si legge nella memoria - avrebbero potuto
essere utilizzati come ampliamento del ristorante e/o per
l'assegnazione a due diverse associazioni. Esclusi dal computo, e
d'altra parte il conteggio è difficile se non impossibile, i costi dei
servizi offerti dalla Casa - prestazioni a carattere medico, ostetrico,
psicologico, di consulenza e supporto legale, culturale, di sostegno
alla genitorialità e orientamento lavorativo.
A marzo 2015 gli Uffici tecnici del Patrimonio ne avevano stimato il
valore economico in quasi 700mila euro l'anno, ma le donne della Casa,
che dispone anche di una biblioteca "unica nel suo genere", hanno
preferito non prezzarli. Concentrandosi sulle proposte "per risolvere la
questione del debito e l'avvio di una collaborazione al mantenimento
dello stabile del Buon Pastore": disponibilità a organizzare punti di
ascolto e formazione, come richiesto dal Campidoglio, e corsi di
alfabetizzazione informatica per le detenute in uscita dal carcere di
Rebibbia, rateizzazione del debito e riconoscimento da parte del Comune
dei 535mila euro di crediti e "del valore economico, sociale e politico
dei servizi che la Casa internazionale offre alla cittadinanza al fine
di applicare un canone ricognitivo o la gratuità", in modo da non
accumulare altro debito.
Proposte, si è detto, cadute nel vuoto. La risposta del Campidoglio è
stata l'approvazione della mozione Guerrini, che ha inasprito i toni
del confronto. Per l'associazione "Differenza Donna", che fa parte del
Consorzio di via della Lungara, "il consiglio comunale ha dichiarato
guerra alle donne e a quanti/e sono impegnati nel sociale per rendere
visibile la città", mentre la presidente della Casa internazionale,
Francesca Koch, ha sottolineato "l'opera di desertificazione che sta
facendo l'attuale amministrazione riguarda quasi ottocento realtà attive
sul territorio romano", ribadendo che la mozione approvata in
Campidoglio "sostanzialmente prevede la fine dell'esperienza della Casa
delle donne, ne cancella l'autonomia e la ricchezza progettuale. E
questo perché il Buon Pastore deve essere, rifacendosi al documento
della Guerrini, "riallineato alle nuove esigenze della città", non
perché abbiamo un debito".
Il debito, già, ma ci sono anche le proposte del Consorzio. "Non
abbiamo mai detto che il debito non esiste né che non vogliamo pagare -
sospira Koch - e nella memoria che abbiamo consegnato a gennaio, ben
quattro mesi fa, abbiamo dimostrato l'esistenza di crediti nei confronti
dell'amministrazione, che, se riconosciuti dimezzerebbero quel debito.
La via d'uscita va cercata e trovata confrontandosi e sulla base di una
più complessiva visione politica e culturale, non di una logica
meramente contabile". Intanto la mobilitazione continua. E Koch
assicura: "Noi dal Buon Pastore non ce ne andiamo, il nostro impegno,
per le donne e la città, va avanti".
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