Franati i negoziati
su un Governo politico, incerti i numeri di uno di tregua, il Quirinale
mette in conto elezioni a luglio, unicum nella storia. Salvini: "8
luglio data migliore".
hp.it By Alessandro De Angelis
Come in drammatico gioco dell'oca, si
torna al punto di partenza. Ma con la differenza che, ad ogni giro, si
restringe il ventaglio delle possibilità.
E questa volta, il terzo
appuntamento con le consultazioni, ha certificato l'impossibilità di far
nascere un governo politico. E, con essa, la difficoltà anche di
ricorrere alla scialuppa di un "governo del presidente" che – sostenuto
per qualche mese dai partiti con senso di responsabilità - riporti il
paese al voto il prossimo anno, dopo aver approvato una delicata
finanziaria e scongiurato l'aumento dell'Iva. Tentativo che comunque il
presidente farà, anche se il nome non sarà annunciato oggi.
Parliamoci chiaro,
dietro lo stallo del terzo giro incombe la
prospettiva di un ritorno rapido alle urne. A settembre ma anche, e
questa è la novità, a luglio.
"Per evitare che gli italiani perdano
ancora 3-4 mesi di tempo sentendo parlare solo di legge elettorale, l'8
luglio è la data più vicina e netta per votare" dice Salvini, dopo un
confronto con Di Maio alla Camera.
Non è colpa o responsabilità di Mattarella, anzi questa è la
soluzione che il capo dello Stato ha provato a scongiurare. Ma il capo
dello Stato non ha la bacchetta magica. E nel corso dei colloqui di oggi
si è limitato a registrare che non ci sono più strade da percorrere.
Non ci può essere l'eventualità di un incarico al centrodestra per
tentare la via di un governo di minoranza, come ha chiesto Salvini,
perché se venisse bocciato in Parlamento resterebbe comunque in carica
per gli affari correnti e avrebbe un vantaggio competitivo sugli altri. È
franato, almeno per ora, l'ultimo tentativo di Luigi Di Maio verso la
Lega, perché sia pur tentato, arrivato al dunque, Salvini non ha rotto
dinanzi a un irremovibile Berlusconi. Ed è maledettamente complicata la
via di un governo del presidente, perché Lega e Cinque stelle si sono
mostrate indisponibili e a conti fatti un governo di questo tipo avrebbe
il sostegno del solo Pd.
Ecco, che fare? In una situazione del genere è impossibile farsi
illusioni dopo aver fatto il possibile per scongiurare l'eventualità, ma
la parola voto non è più un tabù, nemmeno associato alla data di
luglio, col caldo, le scuole chiuse e mezzo paese in vacanza. In fondo,
tutta questa differenza rispetto a settembre non c'è, politicamente
parlando. La vera grande differenza sarebbe tra un "governo di tregua"
in grado di fare la manovra e un governo "elettorale" che porta il paese
al voto, con ombrelloni aperti o appena chiusi. Qualora il governo nato
su iniziativa del presidente venisse bocciato ci sarebbero i margini
per votare prima dell'estate, anche se non è mai accaduto. Ma, in fondo,
tante coste viste negli ultimi mesi non sono mai accadute contribuendo a
determinare un unicum: siamo di fronte alla prima volta, nella storia
d'Italia, che non si riesce ad avviare la legislatura con il capo dello
Stato, suo malgrado, non riesce a fare un governo. Al Quirinale, in un
clima in cui il rischio che si voleva scongiurare è diventato realtà, si
ragiona di date, dopo che i partiti hanno emesso la loro sentenza
definitiva sul governo di tregua. Tra scioglimento e voto, per farla
breve, passano circa una sessantina di giorni. Il che significa che se
Mattarella sciogliesse a metà maggio, si può votare a metà luglio, ad
esempio domenica 15. È un'ipotesi estrema, e c'è nell'ipotesi un
altrettanto estremo tentativo di pressione per far ragionare i partiti,
ma la situazione è tale che, se Di Maio e Salvini continuano a
impuntarsi, lì si finisce. E la rabbia degli albergatori e il malumore
dei bagnini? Toccherà ai partiti placarli dopo che il capo dello Stato
parlerà, indicando di chi sono le responsabilità di questa confusione
mai vista.
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