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Negli ultimi giorni, da parte occidentale, si susseguono dichiarazioni sempre più contraddittorie: da un lato si parla di pace, dall’altro si alimenta una crescente escalation del conflitto in Ucraina. Questa ambiguità non riguarda solo le attuali amministrazioni in carica, ma si estende anche alla futura compagine di governo negli Stati Uniti.
La stessa amministrazione Trump, ancora in formazione, trasmette segnali ambivalenti. Da una parte, Trump ha basato gran parte della sua campagna elettorale sulla promessa di ristabilire la pace in Ucraina; dall’altra, non ha espresso alcuna posizione sull’autorizzazione concessa dall’amministrazione Biden all’uso di missili a lungo raggio sul territorio russo, una decisione che segna una potenziale escalation critica.
Anche le esternazioni recenti di Elon Musk, che nei suoi tweet sembrano offrire uno spiraglio di speranza, non aiutano a chiarire il quadro. Se da un lato emergono segnali di possibili nomine di figure neoconservatrici nella futura squadra di Trump, dall’altro coesistono personalità inclini alla cessazione del conflitto e favorevoli all’avvio di negoziati. Questa dualità lascia spazio a una grande incertezza, rendendo difficile comprendere quale direzione prenderà la politica americana.
A meno che proprio questa ambiguità non sia parte di una strategia deliberata: creare l’impressione che il “vascello” sia guidato da pazzi. Perché? Perché la pazzia, se unita al controllo di un arsenale di distruzione immenso, incute timore. È una dinamica che abbiamo già osservato con il comportamento occidentale nei recenti eventi di Gaza e del Libano, dove si è agito con una determinazione brutale, senza esitazioni.
Per comprendere meglio questa possibilità, è utile rifarsi alla lettura proposta dal giornalista Umberto Pascali. Durante una puntata di Casa del Sole TV, Pascali, corrispondente dagli Stati Uniti, ha descritto questo atteggiamento come una moderna applicazione della “Madman Strategy”, o strategia del “pazzo”.
Secondo Pascali, la strategia attuale degli Stati Uniti verso la Russia riprende la stessa metodologia adottata durante la guerra del Vietnam. In quel contesto, gli Stati Uniti, ormai in difficoltà nel conflitto, tentarono di convincere la Russia a intervenire direttamente in Vietnam per facilitare un’uscita americana. Pascali evidenzia che questa tattica non era nuova: una versione simile era stata già sperimentata durante la guerra di Corea.
La “Madman Strategy” si basa sul convincere il nemico che il proprio comportamento sia talmente irrazionale e imprevedibile da poter portare a conseguenze estreme. Questo disorienta l’avversario, lo intimorisce e lo spinge a compiere mosse più caute o addirittura a ritirarsi. In questo caso, l’obiettivo potrebbe essere spingere la Russia a rivedere le sue mosse o indurla a temere un confronto diretto con un Occidente apparentemente disposto a tutto.
Se questa interpretazione è corretta, l’attuale contesto non è frutto del caos, ma di una strategia deliberata, in cui l’incertezza e la percezione di una “pazzia controllata” diventano strumenti di pressione geopolitica.
Parafrasando le parole di Pascali, l’approccio americano si può riassumere così: “Se riusciamo a far credere al nemico che siamo imprevedibili, che agiamo in modo ambiguo e sempre più estremo, prenderanno le nostre mosse come segni di irrazionalità. Questo li spiazzerà, li intimorirà e li metterà in una posizione di debolezza, facendoli capitolare di fronte alla nostra apparente follia.”
Questa strategia, che gioca sull’intimidazione psicologica e l’illusione di un comportamento fuori controllo, sembra trovare oggi nuove applicazioni nel contesto del conflitto ucraino.
La Madman Strategy (o “Strategia del Pazzo”) è una tattica di politica estera attribuita al presidente statunitense Richard Nixon durante la guerra del Vietnam, ma con rilevanza potenziale anche nelle dinamiche attuali con la Russia. Questa strategia si basa sull’idea di convincere i nemici (e persino gli alleati) che il leader di uno Stato sia irrazionale e imprevedibile al punto da essere disposto a prendere decisioni estremamente pericolose, anche contro il proprio interesse, come l’uso di armi nucleari.
Quindi l’Occidente sembra oggi trovarsi di fronte a due opzioni: o ha sottovalutato la determinazione della Russia, oppure sta deliberatamente cercando di trascinarla in una trappola. Questo scenario potrebbe costringere Mosca a reagire con un attacco di ritorsione non nucleare contro la NATO, aprendo la strada a diverse potenziali evoluzioni:
- Ritorsione limitata e controllata
La Russia potrebbe effettuare un singolo attacco di ritorsione non nucleare, seguito da una risposta calibrata della NATO, attentamente gestita per limitare i danni. Tuttavia, un simile equilibrio sarebbe fragile: il rischio di una seconda ritorsione da parte della Russia è elevato, e ciò potrebbe innescare una lenta escalation. Questo tipo di confronto, probabilmente circoscritto al teatro europeo, avrebbe conseguenze devastanti per il continente. - Ampliamento degli attacchi dalla NATO
La NATO potrebbe decidere di sfruttare l’occasione per avviare attacchi dal territorio di Polonia o Romania contro le posizioni delle Forze Armate russe in Ucraina. Ciò rappresenterebbe l’ennesimo superamento di una “linea rossa” da parte dell’Occidente, provocata o meno da Mosca, e porterebbe inevitabilmente a una risposta russa, aumentando il rischio di escalation. - Coinvolgimento progressivo della NATO
Un altro possibile scenario vede un’escalation graduale delle operazioni NATO: si partirebbe con l’intercettazione di missili russi sul territorio ucraino da parte di Polonia o Romania, per passare poi a un incremento di queste intercettazioni, seguite da operazioni limitate dell’aviazione NATO nello spazio aereo ucraino. Questo graduale coinvolgimento potrebbe culminare in attacchi con missili Tomahawk sul territorio russo, segnando un punto di non ritorno nella crisi.
Il ruolo degli Stati Uniti nell’escalation
Come già accade, il grado di escalation dipenderà in gran parte dagli Stati Uniti. La logica sottostante rimane quella di un conflitto indiretto tra Mosca e Washington, dove l’Ucraina è il principale teatro dello scontro. Tuttavia, un coinvolgimento diretto della NATO sposterebbe drasticamente il conflitto verso una dimensione più pericolosa e incontrollabile, in cui ogni passo avanti rischia di avvicinarsi al limite del confronto globale.
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