Nel 1795 Immanuel Kant scrisse l’opera intitolata Per la pace perpetua (Zum ewigen Frieden. Ein philosophischer Entwurf) nella quale auspicava la nascita di organismi internazionali preposti al mantenimento della pace nel mondo e alla gestione dei conflitti tra gli Stati per evitare, per quanto possibile, che le controversie tra nazioni sfociassero in una guerra vera e propria.
(Giulio Pica – lafionda.org)
La fiducia nella ragione dell’uomo che animava Kant – con l’ingenuità di un pensatore che non poteva conoscere, ovviamente, le tragedie che sarebbero avvenute nel XX secolo, né gli studi di Freud sulla preponderanza dell’irrazionale nelle condotte umane – aveva contagiato anche me e mi aveva convinto che si sarebbe giunti ad un’era di pace perpetua tra gli Stati.
Questo traguardo sembrava essere stato raggiunto all’indomani della II guerra mondiale, allorquando i leader dei principali Stati del mondo decisero di dar vita a organismi e a convenzioni internazionali col fine di salvaguardare la pace e il dialogo tra le nazioni.
Lo Statuto della nascente Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) fu adottato nel 1945 e nel 1948 fu approvata dall’Assemblea Generale la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo che pur non avendo un valore vincolante per gli Stati sarà spesso richiamata da diverse convenzioni internazionali per la tutela dei diritti umani.
Segnato dall’esperienza traumatica delle persecuzioni naziste contro gli ebrei e le altre minoranze, l’avvocato e giurista ebreo-polacco Raphael Lemkin utilizzò per la prima volta, nel 1944, il termine genocidio per descrivere le atrocità commesse dai nazisti.
Recependo il concetto elaborato da Lemkin, l’Assemblea Generale dell’Onu adottò il 9 dicembre 1948 la Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio che impone agli Stati contraenti di esercitare una giurisdizione universale, ovvero di arrestare gli autori di genocidio presenti nel proprio territorio, di accordare l’estradizione allo Stato richiedente, di deferirli a un tribunale penale internazionale per farli processare.
Alla luce di quanto l’esercito israeliano sta compiendo a Gaza dal 7 ottobre 2023 ad oggi, si potrebbe affermare che ci si trovi di fronte ad un crimine di genocidio secondo la definizione che ne dà la Convenzione, ovvero l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso.
La questione è dibattuta, ma i bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile, il blocco degli aiuti umanitari, la minaccia di impedire all’UNRWA di continuare a garantire gli aiuti umanitari alla popolazione di Gaza, al fine di provocarne la morte per fame, sono tutti atti che sembrano integrare la fattispecie del genocidio.
Al di là della qualificazione giuridica del fatto, ciò che sta giustamente indignando milioni di persone in Occidente è la smaccata difesa se non proprio il sostegno dei governi occidentali, USA e Gran Bretagna in testa, della politica omicida di Netanyahu, al quale nessuna sanzione è stata applicata, nonostante la palese e continua violazione del diritto umanitario.
Ai massacri di civili va aggiunta anche la serie di attacchi che l’esercito israeliano ha effettuato contro le truppe dell’UNIFIL, eventi che hanno ricevuto soltanto qualche timida protesta da parte dei leader occidentali quando, invece, tutto ciò avrebbe dovuto comportare l’espulsione di Israele dall’ONU.
Dopo più di un anno di bombardamenti indiscriminati su una popolazione civile inerme perché priva di contraerea, di un esercito regolare e di un minimo di struttura statale, la Corte Penale Internazionale (CPI) ha finalmente emesso un mandato di cattura nei confronti del premier israeliano Netanyahu e dell’ex ministro della difesa Gallant, ma anche nei confronti di tre leader di Hamas, dei quali due già uccisi dagli israeliani, a dimostrazione che i criteri adottati dalla Corte sono di natura giuridica e non politica.
Il capo d’imputazione contestato non è però il crimine di genocidio ma crimini contro l’umanità e crimini di guerra.
Tra i crimini contro l’umanità rientrano l’omicidio, lo sterminio, la riduzione in schiavitù, la deportazione o il trasferimento forzato della popolazione, la tortura, l’apartheid.
Per sterminio si intende in particolare il “sottoporre intenzionalmente le persone a condizioni di vita dirette a cagionare la distruzione di parte della popolazione, quali impedire l’accesso al vitto ed alle medicine”.
E cosa ha fatto l’esercito israeliano in questi ultimi 13 mesi se non impedire l’arrivo di cibo e medicinali a Gaza? Uccidere indiscriminatamente donne e bambini? Bombardare ospedali, scuole, moschee, e abitazioni civili?
La decisione della C.P.I. non ha fatto altro che dare un suggello formale a crimini che sono chiari a milioni di cittadini europei da mesi, contrariamente alle classi dirigenti nostrane i cui esponenti continuano scandalosamente a dire che Hamas e lo Stato d’Israele non sono la stessa cosa o, addirittura come ha affermato la presidente del Consiglio Meloni, che la Corte deve giudicare con criteri giuridici e non politici!
Tralasciando la volgarità e la sguaiatezza di uno come Salvini, è triste constatare come i nostri governanti trasportino anche sul piano internazionale la guerra alla magistratura che, quando adotta decisioni in linea col Diritto ma contrarie ai desiderata del governo di destra, viene definita in maniera ridicola “magistratura politicizzata” se non proprio “comunista”.
Il governo italiano si adegua pedissequamente alle direttive del padrone statunitense che ora veste i panni “democratici” di Biden e che da gennaio vestirà quelli repubblicani di Trump, al quale, senza ombra di dubbio, il governo italiano si allineerà.
Alla luce di quanto sta avvenendo purtroppo in questi anni tragici, si può affermare con amarezza che mai la distanza tra la prassi dei governanti europei e statunitensi e quell’architettura internazionale auspicata da Kant, è stata così ampia.
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