L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che
intima a Israele di porre fine «alla sua presenza illegale nei
Territori Palestinesi Occupati» entro 12 mesi.
(Valeria Casolaro – lindipendente.online)
Il testo chiede inoltre
agli Stati membri di «cessare l’importazione di qualsiasi prodotto
proveniente dalle colonie israeliane», nonché «la fornitura o il
trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele».
La
risoluzione ha ricevuto 124 voti favorevoli,
mentre 43 Paesi si sono astenuti e Israele, gli Stati Uniti e altri 12
Paesi hanno votato contro.
I Paesi europei si sono divisi: la maggior
parte (tra cui l’Italia) si sono astenuti,
mentre diversi Stati (tra questi Spagna, Francia, Portogallo, Danimarca
e Svezia) hanno votato a favore.
Ungheria e Repubblica Ceca, invece,
hanno votato contro.
La risoluzione, che mira a rendere esecutivo il
parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024, «
esige che Israele ponga fine senza indugio alla sua presenza illegale nei Territori Palestinesi Occupati, che costituisce un atto illecito di carattere continuativo che comporta la sua responsabilità internazionale, e che lo faccia entro 12 mesi dall’adozione
della presente risoluzione».
Inoltre si chiede che Israele «adempia
senza indugio a tutti i suoi obblighi legali in base al diritto
internazionale», compresi quelli stabiliti dalla Corte Internazionale di
Giustizia, tra i quali il ritito di tutte le forze militari dai
Territori Palestinesi Occupati, incluse quelle aeree e marittime.
Si
chiede poi la fine di «pratiche illegali», con lo
smantellamento dei vecchi insediamenti e lo stop alla costruzione di
nuovi, l’abrogazione di tutte le leggi che conferiscono uno status
diverso (e inferiore) ai palestinesi e che intendono modificare lo
status quo dei luoghi sacri.
Si chiede quindi la restituzione delle
terre sottratte e dei beni sottratti a partire dal 1967, la possibilità
per tutti i palestinesi sfollati di far rientro nelle proprie terre e la
riparazione dei danni creati dall’occupazione alle persone fisiche e
giuridiche.
L’Assemblea intima poi Israele di «
adempiere immediatamente agli
obblighi di diritto internazionale indicati nelle rispettive ordinanze
di misure provvisorie della Corte Internazionale di Giustizia nel caso
relativo all’applicazione della Convenzione sulla Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio (Sudafrica contro
Israele) in relazione al diritto del popolo palestinese nella Striscia
di Gaza di essere protetto da tutti gli atti che rientrano nell’ambito
degli articoli II e III della Convenzione».
La risoluzione invita
inoltre gli Stati a rispettare i loro obblighi in conformità con la
legge internazionale, in particolare aiutando a promuovere il diritto
all’autodeterminazione dei palestinesi, non riconoscere come legale e
legittima l’occupazione israeliana della Palestina nè aiutarla in alcun
modo, per esempio interrompendo l’importazione di prodotti provenienti dalle colonie.
Si chiede inoltre di non riconoscere nessuno dei cambiamenti fisici,
istituzionali o demografici attuati da Israele nei Territori Occupati
dopo il 5 giugno 1967.
Lo scorso maggio, l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato (con 145 voti a favore, 9 contrari compresi gli USA e 25 astenuti, tra i quali l’Italia) una risoluzione per riconoscere lo Stato palestinese.
La decisione aveva suscitato le immediate ire di Israele, con
l’ambasciatore alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, che aveva platealmente
stracciato la Carta delle Nazioni Unite.
La risoluzione riconosce alla
Palestina la qualifica di membro de facto delle Nazioni Unite, estendendone i diritti.
A partire dal 10 settembre, infatti, la Palestina può sedere assieme agli altri Stati membri presso l’Assemblea Generale,
rilasciare dichiarazioni a nome di un gruppo, avanzare proposta – e
compartecipare alla proposta – di emendamenti e introdurli, proporre
temi da inserire nell’agenda degli incontri, fare eleggere propri
funzionari presso l’Assemblea Generale, e infine partecipare a pieno
titolo alle conferenze ONU.
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