giovedì 19 settembre 2024

L’ONU chiede la fine dell’occupazione israeliana in Palestina (ma l’Italia si astiene).

L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che intima a Israele di porre fine «alla sua presenza illegale nei Territori Palestinesi Occupati» entro 12 mesi.  

 

(Valeria Casolaro – lindipendente.online)

Il testo chiede inoltre agli Stati membri di «cessare l’importazione di qualsiasi prodotto proveniente dalle colonie israeliane», nonché «la fornitura o il trasferimento di armi, munizioni e attrezzature correlate a Israele». 
La risoluzione ha ricevuto 124 voti favorevoli, mentre 43 Paesi si sono astenuti e Israele, gli Stati Uniti e altri 12 Paesi hanno votato contro. 
I Paesi europei si sono divisi: la maggior parte (tra cui l’Italia) si sono astenuti, mentre diversi Stati (tra questi Spagna, Francia, Portogallo, Danimarca e Svezia) hanno votato a favore. 
Ungheria e Repubblica Ceca, invece, hanno votato contro.
La risoluzione, che mira a rendere esecutivo il parere consultivo della Corte Internazionale di Giustizia del luglio 2024, «esige che Israele ponga fine senza indugio alla sua presenza illegale nei Territori Palestinesi Occupati, che costituisce un atto illecito di carattere continuativo che comporta la sua responsabilità internazionale, e che lo faccia entro 12 mesi dall’adozione della presente risoluzione». 
Inoltre si chiede che Israele «adempia senza indugio a tutti i suoi obblighi legali in base al diritto internazionale», compresi quelli stabiliti dalla Corte Internazionale di Giustizia, tra i quali il ritito di tutte le forze militari dai Territori Palestinesi Occupati, incluse quelle aeree e marittime. 
Si chiede poi la fine di «pratiche illegali», con lo smantellamento dei vecchi insediamenti e lo stop alla costruzione di nuovi, l’abrogazione di tutte le leggi che conferiscono uno status diverso (e inferiore) ai palestinesi e che intendono modificare lo status quo dei luoghi sacri. 

Si chiede quindi la restituzione delle terre sottratte e dei beni sottratti a partire dal 1967, la possibilità per tutti i palestinesi sfollati di far rientro nelle proprie terre e la riparazione dei danni creati dall’occupazione alle persone fisiche e giuridiche.

L’Assemblea intima poi Israele di «adempiere immediatamente agli obblighi di diritto internazionale indicati nelle rispettive ordinanze di misure provvisorie della Corte Internazionale di Giustizia nel caso relativo all’applicazione della Convenzione sulla Prevenzione e Punizione del Crimine di Genocidio (Sudafrica contro Israele) in relazione al diritto del popolo palestinese nella Striscia di Gaza di essere protetto da tutti gli atti che rientrano nell’ambito degli articoli II e III della Convenzione». 
La risoluzione invita inoltre gli Stati a rispettare i loro obblighi in conformità con la legge internazionale, in particolare aiutando a promuovere il diritto all’autodeterminazione dei palestinesi, non riconoscere come legale e legittima l’occupazione israeliana della Palestina nè aiutarla in alcun modo, per esempio interrompendo l’importazione di prodotti provenienti dalle colonie. Si chiede inoltre di non riconoscere nessuno dei cambiamenti fisici, istituzionali o demografici attuati da Israele nei Territori Occupati dopo il 5 giugno 1967.

Lo scorso maggio, l’Assemblea Generale dell’ONU ha votato (con 145 voti a favore, 9 contrari compresi gli USA e 25 astenuti, tra i quali l’Italia) una risoluzione per riconoscere lo Stato palestinese. La decisione aveva suscitato le immediate ire di Israele, con l’ambasciatore alle Nazioni Unite, Gilad Erdan, che aveva platealmente stracciato la Carta delle Nazioni Unite. 

La risoluzione riconosce alla Palestina la qualifica di membro de facto delle Nazioni Unite, estendendone i diritti. 
 A partire dal 10 settembre, infatti, la Palestina può sedere assieme agli altri Stati membri presso l’Assemblea Generale, rilasciare dichiarazioni a nome di un gruppo, avanzare proposta – e compartecipare alla proposta – di emendamenti e introdurli, proporre temi da inserire nell’agenda degli incontri, fare eleggere propri funzionari presso l’Assemblea Generale, e infine partecipare a pieno titolo alle conferenze ONU.

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