https://ilsimplicissimus2.com
Forse la vera notizia, quella che rimarrà nella storia, sarà il silenzio colpevole dell’Occidente su uno degli atti di terrorismo più odiosi che si siano mai visti, ovvero la strage provocata dai cercapersone esplosivi che hanno colpito solo marginalmente Hezbollah, ma in pieno la popolazione libanese che diventa sempre più ostile a Israele. Si tratta in pratica di una confessione di codardia: il governo del nazista in pectore Netanyahu, timoroso di dare avvio al tanto sbandierato attacco nel Sud del Libano dove l’esercito di Tel Aviv è stato già sconfitto due volte, sta spingendo le provocazioni oltre ogni limite nella speranza che Hezbollah e l’ Iran siano portati a replicare duramente così che Israele possa invocare l’aiuto degli Usa.
La stessa cosa accade in Ucraina dove un Zelensky disperato assieme alla sua indecorosa e primitiva truppa di banderisti, è disposto a qualsiasi cosa pur di sopravvivere, intendendo con questo anche la sua sopravvivenza personale: cerca di colpire all’interno della Russia in modo da indurre Mosca ad attaccare e distruggere le retrovie della guerra in altri Paesi e provocare così un intervento diretto della Nato che significa in fin dei conti la guerra nucleare. In questo senso le due situazioni si saldano visto che al di là delle apparenti differenze la realtà è una sola: la sconfitta dei due bastioni occidentali. Dell’Ucraina già sappiamo: nonostante la menzognera narrazione del mainstream le truppe di Kiev vengono costantemente spinte fuori dal Donbass e da Kursk subendo perdite terribili e irrecuperabili. I reparti sono spesso isolati, a corto di munizioni, di cibo e non hanno rifornimenti sicuri; la rete di infrastrutture soprattutto quelle elettriche di quello che potremmo considerare un ex Paese vengono demolite giorno per giorno; la popolazione fugge alla spicciolata, l’economia è del tutto crollata, mentre proprio i tentativi Nato di colpire i civili russi rendono improbabile per non dire impossibile che Mosca possa andare a un qualche tavolo della pace dove non sia messo come presupposto che ciò che resta dell’Ucraina, semmai qualcosa resterà, dovrà essere assolutamente neutrale.
La situazione di Israele appare diversa, ma non è poi così lontana da ciò che accade a Kiev: nonostante le enormi stragi inflitte alla popolazione palestinese, in 11 mesi di combattimenti Tel Aviv non è riuscita a sradicare Hamas, né a fermare gli attacchi di Hezbollah, mentre l’economia del Paese è in rovina soprattutto grazie alla chiusura delle attività portuali di Eilat che è sotto tiro da parte degli Houti che tra l’altro l’Occidente ha rinunciato a contrastare. La stessa società israeliana si va sempre più disgregando e polarizzando, mentre si nota un aumento della diaspora: sempre più gente abbandona il Paese. Netanyahu si pavoneggia di fronte a carte di Israele che inglobano la Cisgiordania, così come i Wochenschau del regime nazista mostravano i progressi territoriali del Reich, ma la realtà è che la strage di civili disarmati è l’unico risultato certo della guerra. Peraltro pagato a caro prezzo visto che il Paese viene aborrito da tutto il mondo salvo che dal meraviglioso mondo della Nato.
Tuttavia nonostante missili, droni e cercapersone esplosivi, né la Russia, né Hezbollah, né l’Iran hanno abboccato all’amo. Questo è facilmente comprensibile: la tecnica di logoramento è quella più efficace contro Israele, mentre la Russia cerca di evitare un’estensione del conflitto, continuando nel frattempo a disarmare la Nato non solo di armi, ma anche di uomini disponibili ad andare in guerra. Strategicamente assieme alla Cina sta costruendo un mondo alternativo e una guerra mondiale da questo punto di vista sarebbe quanto meno prematura. Bisogna vedere quali forze prevarranno negli Usa e nelle sue colonie: se quelle più stupide e integraliste, decise anche a giocarsi il tutto per tutto nonostante la supremazia nucleare della Russia, oppure quelle che sono inclini a considerare il globalismo già sostanzialmente fallito e dunque pronte a cambiare registro e a disinnescare l’armageddon. Per carità sempre all’interno del paradigma neoliberista e dunque con una democrazia ampiamente di facciata, ma comunque disponibili ad accettare una multipolarità planetaria. E’ una lotta dura e incerta perché questo sostanzialmente significherebbe la fine dell’impero e delle enormi rendite di posizione che ne derivano.
Nessun commento:
Posta un commento