venerdì 29 luglio 2022

New York Times: la caduta di Mario Draghi é il trionfo della democrazia, non una sua minaccia

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Terremoto nella politica internazionale: oggi il New York Times prende posizione e dichiara la caduta di Mario Draghi un trionfo del sistema democratico, in un articolo che sembra proprio un attacco frontale a Draghi e al globalismo. Ve lo proponiamo in traduzione perché vale veramente la pena leggerlo.

Mario Draghi, che la scorsa settimana ha rassegnato le sue dimissioni da primo ministro italiano, ha un curriculum davvero importante per essere uno statista contemporaneo. Direttore esecutivo della Banca Mondiale negli anni Ottanta, direttore generale del tesoro italiano negli anni Novanta, governatore della Banca d’Italia negli anni 2000, presidente della Banca Centrale Europea durante la crisi finanziaria del 2010, per la cui gestione gli é persino stato attribuito il merito di aver salvato l’Euro.

Secondo gli entusiasti del governo Draghi, dell’Unione Europea e della economia globalista, egli é divenuto il simbolo della continuità democratica a fronte degli sconvolgimenti economici e degli estremismi. In questa prospettiva, le dimissioni di Draghi, inevitabili visto il risultato del voto di fiducia che ha visto tre partiti del suo governo contro di lui, farebbe presagire una catastrofe.

Il ministro degli esteri italiano, Luigi Di Maio, lo ha chiamato infatti “un buio capitolo per l’Italia”.

Per il momento Draghi continua a sbrigare i suoi impegni ordinari da Primo Ministro. La prima ad essere in lista per rimpiazzarlo dopo le elezioni che si terranno a settembre sembra essere la politica nazional populista di Giorgia Meloni. In una delle sue newsletter, JPMorgan ha descritto le manovre parlamentari che hanno portato alla cacciata di Draghi come ad un “colpo di stato populista”.

Dal momento che il signor Draghi ha contrastato la Russia per la sua invasione in Ucraina con le ben note sanzioni, i giornalisti italiani non hanno perso tempo ed hanno condannato i suoi oppositori con espressioni del tipo “filoputiniani”, oppure più semplicemente “simpatizzanti di Putin”.

Tuttavia, c’é una cosa strana riguardo al ruolo del Sig.Draghi come simbolo di democrazia, che é questa: non ha mai ricevuto un singolo voto da nessuno. E’ stato messo lì per superare un impasse politica all’inizio del 2021 su richiesta del Presidente Sergio Mattarella, anche lui non direttamente eletto. Quindi per quanto capace e dal bel curriculum, le sue dimissioni sono un trionfo della democrazia, almeno secondo il significato che solitamente viene attribuito alla parola democrazia.

Il problema dell’Italia é che ora i suoi governi servono due padroni: da una parte l’elettorato, dall’altra i mercati finanziari globali. Ma non é così che la democrazia dovrebbe funzionare, e l’Italia é in una situazione particolare. Insieme ad un debito pubblico superiore al 150% del prodotto interno lordo, la popolazione in calo ed i tassi di interesse in aumento, l’Italia é intrappolata in una moneta comune europea che non può svalutare.

Più volte negli ultimi decenni la politica ordinaria in Italia é stata sospesa e si sono avvicendati governi “tecnici” come quello di Mario Draghi il quale é stato inserito nel discorso politico per istituire misure emergenziali. Ciò significa che il governo italiano ascolta molto poco il popolo italiano, sebbene lo richiami puntualmente a grandi sacrifici e a restrizioni.

L’elettorato italiano sembra divenire sempre più populista. Infatti, le elezioni che si tennero nel 2018 sono state il terzo grande sconvolgimento anti sistema della metà della scorsa decade, dopo la Brexit e l’elezione a Presidente di Donald Trump nel 2016.

Il movimento populista di sinistra, il cosiddetto Movimento Cinque Stelle, fondato dal comico Beppe Grillo, prese un terzo dei voti. Ebbene, quel partito si opponeva alla corruzione e all’inquinamento, e inoltre mirava a programmi sociali volti alla ridistribuzione delle ricchezze, persino passando attraverso una versione del reddito di base. Andò al governo con la Lega, un partito populista di destra con a capo Mateo Salvini, il cui obbiettivo era invece quello di lasciar fuori le coste italiane che danno sul Mar Mediterraneo all’immigrazione dall’Africa. Il governo, a capo del quale vi era Giuseppe Conte, era molto popolare.

Quando il Covid colpì nel 2020, la Banca Centrale Europea promise all’italia 200 miliardi di Euro in aiuti monetari per la pandemia. Il Primo Ministro Conte, a quel punto in coalizione con il PD e quindi guidando un governo progressista più tradizionale, era ancora molto popolare. Ma né l’Unione Europea, né l’establishment della capitale avevano fiducia in lui per la spesa di tutti quei fondi in arrivo. Quando l’ex primo ministro amico della finanza Matteo Renzi estromise i suoi rappresentanti dalla coalizione, un governo di unità nazionale (nessun partito escluso, tranne quello più a destra della signora Meloni) fu creato attorno alla figura di Mario Draghi, il quale, si disse, aveva la “credibilità necessaria” per calmare i mercati.

Ma in cosa consisteva la credibilità di Mario Draghi? Perché in una democrazia, ricordiamolo, la credibilità dovrebbe venire da un mandato popolare. Mentre in un governo cosiddetto “tecnico”, la credibilità deriva dalle sue connessioni con i banchieri, i regolatori e altri addetti ai lavori. Quando una persona nella posizione di Draghi sale al potere, non é chiaro se é la democrazia che sta cercando aiuto dalle istituzioni finanziarie oppure se sono le istituzioni finanziarie che hanno messo la democrazia in un angolo. La settimana scorsa, alla luce delle dimissioni di Mario Draghi, un consigliere della Banca italiana Unicredit ha posto un’ipotetica domanda riguardo alla Banca Centrale Europea:

E se i candidati di destra fanno bene e il mercato obbligazionario svende, allora la Banca Centrale Europea dovrebbe intervenire oppure no?

Il “rischio” che i manager del rischio tecnocratico stanno gestendo potrebbe essere la democrazia stessa. Il piano di aiuti per la pandemia della Unione Europea avrebbe dovuto spingere l’italia verso riforme del mercato libero. In cambio dell’aiuto, Bruxelles doveva metter bocca su come l’Italia era governata.  L’Italia ha ricevuto solo 46 miliardi di euro rispetto a tutte le somme promesse e decine di riforme dovranno essere messe in atto prima che l’Unione Europea elargisca il resto del totale.

Queste riforme, tuttavia, non sono andate giù molto ad alcuni elettori. Ad esempio, l’Unione Europea voleva che le spiagge italiane si aprissero al mercato della competizione. Ora, le coste italiane sono proprietà pubblica da sempre. Lo Stato dà le concessioni alle attività locali le quali poi gestiscono le spiagge. Queste attività, che spesso vengono tramandate di famiglia in famiglia per generazioni, danno lavoro a qualcosa come 100.000 italiani.

I sostenitori di tali riforme, che erano a loro volta sostenuti da Draghi, chiamavano le famiglie che gestivano le concessioni balneari “monopolisti” che traevano profitto dalla proprietà pubblica. In opposizione a tali riforme, ricordiamo colui che maggiormente si è speso contro questa cosa, ovvero Matteo Salvini, il quale ha affermato che l’epiteto “monopolista” si confà maggiormente alle catene alberghiere, le stesse che vogliono spazzar via proprio quelle piccole realtà commerciali.

L’Unione Europea voleva anche che l’Italia cambiasse le proprie leggi sui trasporti in auto. C’é un accordo speciale per gli operatori automobilistici in Italia che é cosa diversa rispetto all’accordo riferito ai taxi. Le licenze sono care. E’ difficile formare un consorzio in cui un imprenditore può controllare un insieme di lavoratori che poi guidano per lui.

Finora, Uber ha operato in Italia nel modo più limitato possibile. I sostenitori delle riforme di mercato lo considerano un vero e proprio furto che una corsa dal centro di Milano all’aeroporto di Malpensa costi qualcosa come 100 euro, e amerebbero ci fosse un Uber ad aggiustare i prezzi per via della competizione che inevitabilmente si scatenerebbe.

Per coloro che si oppongono invece, Uber é un problema, non una soluzione.

Molte di queste riforme dovevano essere attuate prima del termine dell’anno. Pertanto le tempistiche con cui Draghi se n’é andato non sono di certo una mera coincidenza.

Quando si é presentato davanti al Senato la scorsa settimana per vedere se il suo governo sarebbe proseguito oppure no, molti italiani hanno sofferto per l’affronto mostrato alla loro democrazia, un affronto che non era davvero giustificabile con l’interesse dell’Unione Europea nel rivendicare la stabilità della macroeconomia.

Per carità é un interesse legittimo. Il debito italiano potrebbe tra l’altro avere ripercussioni sia sui suoi cittadini, sia su quelli dell’Europa. Tuttavia nessuno é ancora arrivato ad occuparsi del problema del debito in nessuna nazione fortemente indebitata. Risolvere tali problemi può richiedere l’introduzione di moneta dal di fuori all’interno del sistema politico e questo risulta davvero difficile da fare in un modo che non sia di parte.

Potete avere il denaro necessario a salvare la vostra nazione se Draghi é il vostro primo ministro, hanno essenzialmente detto agli italiani, altrimenti scordatevelo. Viste le circostanze non c’é niente di populista o di pro-putiniano o di irragionevole nel preoccuparsi per le conseguenze che la propria democrazia potrebbe soffrirne.

Di Christopher Caldwell, via NYT, traduzione MARTINA GIUNTOLI

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