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Una campagna per mostrare quello che la politica non riesce a capire
Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, yugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali. Iniziò con i politici che dividevano le persone tra “noi” e “loro”. Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all’aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla “razza” e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un’altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione. Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse “normale”.
L’abominio descritto da Primo Levi sta accadendo di nuovo, proprio qui, in quello che una volta era chiamato “Bel Paese”.
Ora prosciugato di ragione e forza vitale dalla banda di “rispettabili” manigoldi che hanno occupato i posti degli ultimi due Governi, nessuno escluso, e dalle ancelle mediatiche grandi e piccole, opportunamente foraggiate per sostenere lo sforzo nazionale per l’informazione “corretta”, il nostro Paese sta dettando al mondo le linee della “nuova normalità”, “sicura” e “sanitizzata”.
L’inquietante Ministero della “Transizione Ecologica” avrebbe provocato un attacco fatale al povero Orwell, tanta l’invidia per essere stato superato dai “criminali creativi” di casa nostra.
Il futuro ci dirà quanti resisteranno e quanti cederanno, loro malgrado, ad un sistema che sta impedendo di vivere liberamente, sull’onda di una retorica che grida vendetta per scienza, Costituzione e diritti umani vilipesi, e per le centinaia di migliaia di morti che si sarebbero evitati con le libere cure domiciliari, che una sanità schiava dell’industria privata mai avrebbe potuto accettare.
La velocità con cui ci stanno vendendo il futuro prossimo venturo, e la catena di crimini efferati commessi e non ostacolati da governi, Poteri dello Stato e Forze dell’Ordine, ci dice che non possono più fermarsi, che la frenesia del controllo non sarà placata fino al raggiungimento del tracciamento organizzato perenne degli uomini.
Il dovere civico mi ha spinto negli ultimi mesi a formulare una proposta politica, per metterla a disposizione della società civile.
L’accettazione del green pass da parte della politica, già avvenuta alla Camera, e la probabile sottomissione ad esso del momento elettorale, decreteranno la fine dello Stato di diritto e della politica.
Visto che mi piace guardare avanti, avevo già iniziato a pensare al dopo con questo, e con un altro articolo in uscita su Sovranità Popolare, addirittura anticipando di un mese, umilmente, anche questo grande Agamben, che chiudeva il suo pezzo così:
“Le forme di questa nuova clandestinità, che dovrà rendersi il più possibile autonoma dalle istituzioni, andranno di volta in volta meditate e sperimentate, ma solo esse potranno garantire l’umana sopravvivenza in un mondo che si è votato a una più o meno consapevole autodistruzione”.
E allora, visto che la cosiddetta “politica alternativa” non è riuscita a cogliere la gravità del momento, che avrebbe dovuto portare senza indugio alla creazione del Partito Unitario di Liberazione Nazionale, come da me proposto nel libro, perché il popolo che manifesta ormai senza sosta in tutta Italia non inizia a testimoniare il suo rifiuto del controllo elettronico?
Perché non sbattiamo in faccia al nostro prossimo la nostra auto-denuncia contraria al controllo?
A volte un semplice gesto vale più di tante parole.
La mia proposta è semplice: tutte le piazze che si stanno organizzando dovrebbero lanciare una campagna distribuendo il logo di questo articolo infilato da un nastro con cui appenderlo al collo di tutti, da tenere in pubblico fino a libertà ripristinata.
Mostriamo il nostro coraggio, lanciamo la sfida ai sorrisetti di scherno degli ignavi collaborazionisti, e portiamone sempre qualcuno in tasca da donare a chi invece ci appoggia.
Mostriamo il nostro libero dissenso.
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