mercoledì 27 ottobre 2021

L’infernale macchina della malattia

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Se un qualunque telegiornale interrompesse la chiacchiera ipnotica sul covid e desse la notizia che ogni anno nei Paesi occidentali da 400 a 500 mila persone perdono la vita  a causa di cure mediche e di farmaci, ci coglierebbe un senso di incredulità che dovremmo invece riservare alle cronache pandemiche, perché il numero dei decessi iatrogeni è invece ben conosciuto nella sua grandezza globale. E questo non implica il numero certamente ancora maggiore degli effetti avversi non mortali. Se si conoscesse questa cifra si capirebbe benissimo che le organizzazioni pubbliche e private che si richiamano alla sanità e alla salute, sono invece riferite alla malattia: è quest’ultima infatti che tiene in piedi affari giganteschi i quali raggiungono una cifra superiore ai  5000 miliardi dollari nel solo mondo occidentale. Questo omicidio di massa potrebbe essere fermato dalle autorità e dai governi ai quali pensiamo di aver delegato la nostra tutela, ma non è così perché la medicina non è un campo separato dalla logica generale del profitto e della crescita potenzialmente infinita dello stesso che è alla radice del sistema neo liberista. Se per esempio l’industria elettronica si ingrandisce  se cambiamo cellulare ogni due anni, la crescita dell’industria sanitaria significa in realtà più malattie e più malati.

Ecco perché possiamo parlare di industria privata della malattia e non di sistemi sanitari pubblici. Se poi per qualche motivo si arriva a un punto di stallo, a un fenomeno che in qualche modo possa configurarsi come analogo alla caduta del tasso di profitto, ecco che si può forzare la mano, fare sì che la batteria di un cellulare duri la metà o che non sia sostituibile, oppure patologizzare la normalità o creare un nuovo malanno il cui valore è maggiore più è alto il numero di malati veri o presunti. La macchina della malattia funziona così e il suo obiettivo è radicalmente differente da quello dei singoli: infatti essa non è interessata alla salute quanto piuttosto alla creazione di malati e  in questo senso noi non siamo i beneficiari finali, ma la materia prima  con cui si alimenta questa macchina. La salute come obiettivo da raggiungere è essenziale come messaggio pubblicitario, ma la salute reale per l’industria sanitaria vale zero. Così i 4 o 500 mila decessi iatrognei all’anno non sono altro che l’effetto  di questo contrasto di interessi.

Purtroppo tutta l’emotività che suscita la malattia e più ancora la paura della malattia rendono arduo prendere coscienza  di tutto questo e anche chi lavora nel settore ha difficoltà a scorgerlo perché come diceva Upton Sinclair: “Una persona difficilmente può essere spinta a capire qualcosa quando il suo stipendio dipende dal fatto che non la capisca.” In effetti la comprensione della realtà deve affrontare molti ostacoli: non viene naturale pensare che i medici, i professionisti della sanità., gli operatori ospedalieri, i produttori di farmaci e ricercatori non abbiamo interesse a renderci sani, eppure la loro sopravvivenza è legata proprio al fatto che siamo malati, che siamo dichiarati malati o che abbiamo sempre timore di essere malati. E’ difficile per loro promuovere realmente la salute se perseguendo seriamente questo interesse, corrono il rischio di fallire, di perdere il lavoro, la licenza per esercitare la professione medica o addirittura di finire in tribunale. Chiunque tenti di aumentare il tasso di salute all’interno del sistema danneggia il PIL e dunque diventa un paria. Tutto questo è abbastanza palese nel suo complesso, ma evitiamo di volerlo vedere e ci immergiamo nello schermo dello smartphone per evitare di prendere atto che non siamo più soggetti di un diritto elementare, ma oggetti di una mercificazione della malattia.

Se fossimo in grado di vedere con chiarezza questi aspetti che sono poi assolutamente omogenei alle logiche di sistema non avremmo alcuna difficoltà a lacerare lo scenario di sciocchezze che nasconde la macchina che produce pandemia, vaccini e controllo in un un tutto unico dove un elemento serve all’altro in una simbiosi iatrogena. Non siamo in realtà il soggetto della pandemia, ma solo il suo carburante per far vivere in prima classe chi è interessato a tenerci sempre  malati.

 

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