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29 maggio 1919, Massachusetts.
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Vaccini statunitensi causano “influenza spagnola”
“Era un’espressione comune durante la guerra che” più soldati furono uccisi dai colpi di vaccino che dai colpi di pistole nemiche. “- E. McBean
Marcello Pamio – tratto dal mensile “Biolcalenda” nr.47
La “Spagnola” scoppiò a settembre del 1918, in un momento storico ben preciso e cioè quando l’umanità era esausta dalla Grande Guerra; imperversò ovunque, e dopo aver ucciso nel giro di pochi mesi più persone di qualsiasi altro morbo che la storia umana ricordi, finì assieme alla guerra, scomparendo nello stesso misterioso modo in cui era apparsa.
E’ stata un’apparizione così strana, che i medici esitarono a definirla influenza proprio perché credevano fosse un nuovo morbo. E forse non era così sbagliato…
Il
numero esatto di morti non lo sapremo mai: le stime ufficiali oscillano
tra i 20 e i 60 milioni di individui, ma qualcuno azzarda addirittura
100 milioni!
I libri di storia vengono scritti dai vincitori, per cui
andiamo per ordine, cercando di capire cosa realmente è successo agli
inizi del secolo scorso.
I sintomi
Le persone cominciarono ad ammalarsi lievemente nella primavera del
1918, accusando brividi e febbre per tre/quattro giorni, ma poi
guarivano. Dopo una calma estate, a settembre-ottobre si scatenò, con la
potenza di una macchina bellica, l’epidemia.
I medici erano
impotenti: morivano loro stessi, e quelli che sopravvivevano vedevano i
pazienti, parenti e amici, morire come mosche. Provarono di tutto:
farmaci, sieri e arrivando ad inoculare composti da secrezioni corporee
degli ammalati e batteri che presumevano essere all’origine della
malattia.
Iniettarono – scrive un medico – “una broda composta di sangue e muco degli influenzati, filtrata per eliminare le cellule più grandi e i detriti”, ovviamente senza alcun risultato, anzi scatenando vere e proprie patologie, come vedremo tra poco.
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Vaccini per tutti
Per il paradigma vigente, la scomparsa delle grandi epidemie (colera, tifo, vaiolo, ecc.) è stata opera delle vaccinazioni, che le avrebbero debellato. Oggi sappiamo invece che il ruolo centrale lo hanno avuto le migliorate norme igienico-sanitarie, l’alimentazione e la pulizia in generale. Migliorie queste – e non i vaccini – che hanno contribuito a salvare la vita a centinaia di milioni di persone.
Tornando alla Spagnola: possiamo veramente credere alla favola,
secondo la quale nel 1918 apparve dal nulla un virus, di cui nemmeno
oggi sappiamo il ceppo, le origini e le evoluzioni, che sterminò 100
milioni di persone e poi, misteriosamente, da un giorno all’altro,
scomparve proprio alla fine della Guerra? Liberi di farlo, ma se
iniziassimo a usare il cervello – cose questa sempre più difficile in
una società computerizzata e multi tasking – potremo scorgere qualcosa
non torna…
I sopravvissuti
Numerose persone sopravvissute alla Spagnola, hanno testimoniato che
si ammalavano e morivano solamente coloro che erano stati vaccinati!
I
sintomi erano: febbre alta (tifoidea), brividi, dolore, crampi,
diarrea, congestione di gola e polmoni come nella polmonite (tipica
della difterite), vomito, mal di testa, debolezza, piaghe sulla pelle
(causate dai vaccini antivaiolosi), paralisi, ecc.
Esattamente i
sintomi provocati dalle malattie per le quali erano stati vaccinati
tutti i militari e gran parte della popolazione civile: tifo, difterite,
polmonite, polio e vaiolo. Casualità?
Il primo tassello della nostra
storia è questo: i medici hanno inoculato vaccini totalmente
sperimentali e sieri altamente tossici in quasi tutte le persone giovani
e sane.
“Ho potuto osservare – dice il medico L. Day, ex chirurgo in capo dell’ospedale di S. Francisco e professore nella facoltà di medicina – che
l’influenza essenzialmente veniva contratta dai vaccinati: coloro che
non erano stati vaccinati, evitavano la malattia. La mia famiglia aveva
rifiutato le vaccinazioni; e’ in questo modo che siamo rimasti tutto il
tempo in ottima salute.
La combinazione di tutti quei vaccini
tossici – per esempio quello contro la febbre tifoidea scatenò un
problema ancor più serio chiamato paratifo – causò violente e gravissime
reazioni che i medici non riuscirono ad affrontare e alcuni ospedali
militari furono riempiti esclusivamente di soldati paralizzati.
L’esperimento di Sir William Leishman
E’ quasi sconosciuto il “grande esperimento di vaccinazione” condotto
da Sir William Leishman medico e direttore generale della Sanità
militare britannica, sui militari. Oltre a partecipare alla vaccinazione
contro il tifo nel 1914, ne sviluppò il vaccino, partendo da tre fonti
principali: tifo, paratifo A e paratifo B.
Nell’autunno del 1914 i
medici iniziarono a chiedere la vaccinazione obbligatoria per tutte le
truppe militari; quella contro il vaiolo lo era già da tempo. E fu così
che durante il 1915, il 90% delle truppe fu vaccinato contro il tifo e a
partire da febbraio 1916 anche contro paratifo A e B.
Il vaccino era
composto da brodo di colture di un ceppo di bacilli del tifo, nel quale
il batterio era standardizzato in modo che ogni centimetro cubo del
liquido ne contenesse 500.000.000 nella prima dose e 1 miliardo nella
seconda.
Nel resto del mondo la situazione non cambia: nel 1855 passa
in Massachusetts la prima legge che impone l’obbligo vaccinale per
tutti gli scolari e nel 1856, stranamente, vi fu una grande
epidemia di difterite. Nel 1859 si inizia a produrre l’antitossina
difterica; nel 1911 il vaccino contro il pneumococco e nel 1915 quello
contro la pertosse. Nel 1917 i militari vengono vaccinati con
l’antitossina tetanica, e nel 1918 arriva quello contro il vaiolo.
Vaccini su vaccini vengono iniettati nel corpo di milioni di persone.
Pandemia del 1976
Dove si verifica nel 1918 il primo caso di Spagnola? Nella base militare di Fort Riley nel Kansas.
Nulla
di strano, visto che l’altra cosiddetta pandemia avvenuta nel 1976 è
scoppiata contemporaneamente nelle basi militari di Fort Meade nel
Maryland e Fort Dix nel New Jersey! Sempre e solo basi militari. Le
pandemie del 1918 e 1976 si sono manifestate nellepersone più vaccinate
al mondo: i militari.
Nel 1976 seguendo il motto “meglio un vaccino
senza epidemia, che un’epidemia senza vaccini” volevano vaccinare
l’intera popolazione americana: 200 milioni di individui.
L’American Insurance Association e
le varie compagnie assicurative – certamente più informate degli enti
governativi e dei medici – misero le mani avanti, affermando che toccava
al governo farsi garante per gli eventuali danni. Erano a conoscenza
che i vaccini sono pericolosi per la salute, per cui ritardarono la loro
produzione.
L’empasse durò fino al 12 agosto, quando il presidente
Gerald Ford firmò la legge che assegnava al governo federale la
responsabilità civile per eventuali danni. I primi americani si
vaccinarono il 1° ottobre e dieci giorni dopo si verificarono i primi
morti.
Per mitigare i timori, Ford e la sua famiglia si fecero
vaccinare davanti alle telecamere, ma i quotidiani continuarono a
contare le vittime: svariate migliaia di casi di Guillan-Barré (paralisi
con deficit sensoriale), sclerosi multipla, artrite reumatoide,
polimiosite, sincopi, paralisi facciale, nevrite, tetraplegie da
encefalite, demielinizzazione, nevrite ottica, ecc.
Le vittime: i più giovani e sani
Nel 1918 i medici che non usarono farmaci, ottennero guarigioni nel 100% dei casi.
“La
malattia aveva le caratteristiche della peste nera, con l’aggiunta del
tifo, polmonite, vaiolo e di quelle malattie contro le quali la gente
era stata vaccinata alla fine della prima Guerra Mondiale. La pandemia
si trascinò per due anni, mantenuta viva dall’aggiunta di farmaci
velenosi dispensati dai medici. Quelli che rifiutarono le vaccinazioni
non si ammalarono!
La malattia colpiva sette volte di più i soldati vaccinati che i civili non vaccinati.”
Non bastavano sieri e vaccini, vi fu anche un eccesso di farmaci come l’aspirina, utilizzata per curare l’influenza.
Secondo alcune ricerche questa pratica fece morire moltissime persone: le autorità sanitarie scambiarono gli effetti del sovradosaggio di aspirina con l’influenza stessa.
Il secondo tassello, è la caratteristica atipica della strana
pandemia, che uccise perlopiù adulti giovani, con il 99% delle vittime
di età inferiore ai 65 anni di cui più della metà tra i 20 e i 40 anni.
E’
curioso perché normalmente l’influenza è più micidiale tra i bambini di
meno di 2 anni e i vecchi con più di 70. Curioso fino a un certo punto,
perché le fasce a maggior mortalità sono proprio le fasce più
vaccinate…
Perché si chiama Spagnola?
Alcuni soldati americani ammalati erano stati in Spagna durante il periodo bellico, e così nacque l’idea di incolpare qualcun altro della pandemia. Tanto più che all’epoca la Spagna non era coinvolta nella Guerra, quindi la stampa era meno soggetta alla censura, onnipresente nei periodi bellici. Essendo il primo paese a parlarne pubblicamente, venne chiamata Spagnola, forse per rappresaglia nei confronti di questo paese. Negli Stati Uniti, il silenzio fu tombale.
Resuscitare il mostro
Il dottor Johan Hultin di San Francisco è riuscito a far rivivere il virus della Spagnola.
Uno
sforzo perseguito per 10 anni, e che ha compreso l’esumazione dei resti
di alcuni morti di spagnola, ben conservati nel permafrost sub-artico.
Hultin però non è un ricercatore normale: lavora per l’Armed Forces Institute of Pathology di Rockwille e la ricerca è stata finanziata dal Pentagono.
Una
simile ricerca finanziata dalla Difesa rende credibili i peggiori
sospetti, dichiarati da Leonard Horowitz, esperto internazionale di
sanità pubblica. Egli sostiene che nel 1975 Henry Kissinger affidò alla
CIA la preparazione di germi che potessero “ridurre la popolazione
mondiale”, come risulta dagli atti del Congresso. Ed accenna ad un
agghiacciante successo di alcuni ricercatori (O’Conner, Stewart, Kinard, Rauscher) dello Special Virus Cancer Program, che sarebbero riusciti, lavorando sui virus ricombinanti, a combinare i
virus influenzali con un virus che provoca leucemia acuta linfocitica,
per produrre una arma capace di trasmettere la leucemia, come
l’influenza.
Sappiamo pochissimo, per ovvi motivi di segretezza
militare, ma è possibile che nel 1918 stavano eseguendo simili
esperimenti? Esperimenti di guerra batteriologica sfuggiti di mano?
Il
primo a proporre questa tesi fantascientifica fu nel 1948 Heinrich
Mueller, già capo della Gestapo. Durante gli interrogatori della CIA
disse che la Spagnola era parte di un’arma batteriologica iniettata con i
vaccini dell’esercito che infettò i soldati del Camp Riley nel marzo
del 1918 e si diffuse nel mondo…
Farneticazioni di un nazista o amara realtà? Non si sa, ma la cosa certa, è che sicuramente c’entrano i vaccini e i primi infettati furono i soldati.
Conclusione
Cosa accadde nell’autunno del 1918? Vi furono una concomitanza di
fattori molto particolari, tra cui una Guerra Mondiale devastante,
condizioni igienico-sanitarie complesse e numerose campagne di
vaccinazioni che interessarono decine di milioni di persone.
Alla
fine del XIX secolo, la medicina era agli albori. I vaccini erano un
miscuglio tossico formato da sangue infetto di persone malate, colture
di batteri e bacilli; i medicinali erano a base di mercurio (calomelano), stricnina, antimonio, iodio, poi c’erano i salassi, i caustici e vescicanti, ecc.
Vaccini e medicinali erano un abbinamento mortifero che uccideva il paziente.
Queste
sostanze, iniettate più e più volte, assieme a farmaci, in organismi
debilitati, stressati e snervati dalla guerra, hanno creato le premesse
per la manifestazione di patologie mortali.
Oggi, nel Ventunesimo secolo, c’è chi afferma che l’omeopatia è acqua fresca.
Sarà
anche vero, ma su 26.795 casi analizzati di influenza Spagnola, i
medici omeopati e naturisti nel 1918 avevano un tasso di mortalità pari a
l’1%, mentre gli allopati, con i loro farmaci, una mortalità dal 30 al
100%!
Laudato sì, mi Signore, per sor Aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Ben venga l’acqua fresca…
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Fonte: da disinformazione .it del
Link: http://www.disinformazione.it/spagnola.htm
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