sabato 18 marzo 2017

Sostenibilità. Storie di successo: l’imprenditrice sarda e le sue case ecologiche fatte di scarti.

Materiali ad alta tecnologia industriale realizzati senza una goccia di petrolio. Ecco come un’imprenditrice sarda costruisce case completamente ecologiche. E porta il settore edile (uno dei più inquinanti) verso la sostenibilità ambientale.

ambientebio.it

Materiali edili prodotti dalle fibre dei carciofi alle sotto lavorazioni di formaggi. Daniela Ducato, orgogliosamente cagliaritana, si definisce una contadina dell’edilizia. Cerca infatti di produrre materiali che non abbiano una sola goccia di petrolchimico. È la coordinatrice del Polo Produttivo per la bioedilizia “La Casa verde CO2.0”, di cui fanno parte oltre settantacinque aziende italiane tutte impegnate nel settore. E non vuole parlare di riciclo, perché è una parola ingannevole (perché anche nel riciclo ci sono degli usi di energia). Preferisce piuttosto il “riuso” per le sue case ecologiche.

Quando l’eccedenza produce eccellenza

Poco più di 50 anni, Daniela nel 2013 ha vinto l’Euwiin International Award di Stoccolma come miglior innovatrice d’Europa nell’edilizia verde. Giovane mamma di due ragazzi, vive in un piccolo paese di provincia e coltiva l’amore per l’ambiente. A un certo punto della sua vita, dice basta: non riesce più a sopportare le brutture di cemento che spuntavano come funghi nella sua città. Deturpando il paesaggio e uccidendo la fauna.
E così mette in piedi Materioteca Edilana Green House CO2.0, e inizia a produrre materie prime “riusando” i rifiuti del settore agricolo e del mare. Nel 2015 nasce Edizero, che si rivolge a tutti coloro (imprese, designer, progettisti…) che vogliono realizzare case ecologiche grazie ad un’architettura indipendente dalla petrolchimica.

L’edilizia a km 0 per le case ecologiche

Latte, lana, olio, vino, gusci, legno. Sono circa 300 gli ingredienti utilizzati per la produzione di isolanti termici, colori naturali, intonaci, impianti radianti, ma anche soluzioni di interior design e molto altro. Tutti rinnovabili, tracciabili, non importati. I materiali che usa provengono dal settore agricolo, dal mare, dai boschi e dalla pastorizia. Tutte le eccedenze e gli scarti delle lavorazioni vengono trasformati in materiali per l’edilizia. Senza produrre rifiuti o rilasciare immissioni. Perché tutto è rigorosamente a km 0.
Secondo Daniela, infatti, non ha senso coltivare prodotti per ottenere dei lavorati bio, perché sottrae spazio all’agricoltura e spreca energia. Soprattutto se consideriamo che questa attività produce enormi quantitativi di scarti, che invece possono essere riusati. Basta pensare al carciofo, commestibile solo per il 25% (il restante 75% viene buttato). Riusandolo alla fine del suo ciclo di vita, un materiale ritorna “fecondo” per la sua terra.
Dalle eccedenze del latte si ottengono collanti per le pareti. Dalla lana delle nostre pecore isolante termico. Dalla sotto-lavorazione dell’olio d’oliva un prodotto che va a fortificare la malta e dà trasferibilità agli additivi dell’edilizia. Dai gusci abbandonati, dopo la lavorazione del marmo, tiriamo fuori uno straordinario grassello di calce. Dalle eccedenze delle lavorazione del vino, una serie di colori per pareti e costruzioni”, dichiara l’imprenditrice a Paper Project.

Il cambiamento possibile 

Il suo impegno nella ricerca e creazione di alternative innovative ed ecologiche per uno dei settori più inquinanti dell’industria moderna, è stato più volte riconosciuto. Oltre che all’Euwiin International Awards 2013 di Stoccolma, ha ricevuto la Mimosa per l’Ambiente, ovvero una spilla d’oro “per aver fatto della ricerca ambientale il fulcro di un progetto imprenditoriale etico e straordinariamente innovativo”, come motiva l’ADA (Associazione Donne Ambientaliste italiane).
È stata poi insignita dal presidente Mattarella del titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana, che l’ha definita “campionessa mondiale di innovazione, orgoglio della nostra Italia migliore”.


La storia di Daniela ci insegna che il cambiamento è dunque possibile. Basta avere coraggio e fare rete per raggiungere un obiettivo comune. Infatti come lei stessa dichiara a Repubblica: “Insieme non ci dobbiamo sentire mai soli, e ancora insieme in questo scambio di competenze possiamo trovare le giuste soluzioni“.

Nessun commento:

Posta un commento