C’è un angolo di Roma, all’ombra della Piramide Cestia, dove sono passati Shelley, Keats, Wilde e Goethe. Quell’angolo è il Cimitero acattolico per gli stranieri al Testaccio, ed è uno dei luoghi più dolci e romantici del mondo. La poesia è stata ispirata da chi lo ha visitato e da chi è stato qui sepolto: gli stessi Shelley, Keats, ma anche magici scrittori italiani del calibro di Carlo Emilio Gadda e Dario Bellezza.
I cimiteri, nelle culture cattoliche, sono posti lugubri. In contrasto con quanto propagandato dalla religione, il momento della morte è visto come qualcosa di profondamente infelice: non è percepito come l’entrata nel regno dei Cieli per chi è stato giusto. Nelle culture protestanti, invece, il cimitero e la morte sono viste in una luce differente, al punto che i cimiteri anglosassoni sono organizzati con ampi prati verdi fra una tomba e l’altra, dove spesso le famiglie dei morti soggiornano per un pomeriggio, magari per fare un pic-nic. Il cimitero acattolico di Roma è un compromesso, una terra di nessuno e di tutti, anche in questo: non si può mangiare al suo interno, in omaggio al modo in cui i cattolici vedono i luoghi destinati a custodire i morti.
Alessandro Rubinetti è un regista teatrale della mia generazione. Come moltissimi, è rimasto rapito dall’atmosfera del Cimitero acattolico e ha deciso, come nessun altro, di dedicare uno spicchio della sua vita artistica alla poesia e alla memoria di questo luogo mistico. Nasce così Cimitero acattolico. Guida romanzata del cimitero settecentesco di Roma (Iacobelli Edizioni, 2011, con meravigliose illustrazioni di Giulia Pasquinelli) che è uno dei libri più originali che ho letto quest’anno. L’ ho intervistato chiedendogli anzitutto come gli sia venuta l’idea di scrivere una ‘guida romanzata’: “Mi annoiavano le guide tradizionali. Ed era per due ragioni“, ha spiegato Rubinetti, “Anzitutto la televisione, parlo però di quella degli ultimi 20 anni, che ci aveva tolto la magia del racconto, la fiaba, che da adulti si trasforma in fiction. Finzione. Se leghi una storia in forma romanzata sarà la tecnica migliore per l’apprendimento e la memoria. Ma soprattutto l’idea che la Storia non è una somma di nozioni. La storia l’hanno scritta uomini e donne con dei sentimenti, brutti e belli. Non è possibile quindi raccontare delle nozioni senza intrecciarle con maglie ‘sentimentali’… ”
L’autore prende per mano il lettore e lo conduce tra i viali del cimitero monumentale, invitandolo a voltarsi ora a destra, ora a sinistra, ora a notare un dettaglio di un’iscrizione su una tomba. Magari quella di Keats, il cui nome è scritto nel marmo in acronimo verticale, consentendo così a ciascuna lettera di iniziare il capoverso di una linea di poesia. Oppure il monumento funebre di uno dei giovanissimi inglesi o tedeschi che sono sepolti qui per sempre. Già, perché il cimitero acattolico custodisce nel suo seno le tombe di centinaia di giovanissimi europei, attratti dalla irresistibile bellezza decadente di Roma da ogni angolo d’Europa. Venuti qui pur sapendo dei rischi della malaria o delle altre epidemie che allora imperversavano sulla città. Giunti a Roma per coronare una promessa d’amore, quella verso l’arte e la poesia e la caput mundi. Qui son morti, per soddisfare quel loro intimo bisogno, e qui Roma, da mamma pietosa, li ha accolti a riposà pe’ ssempre, in uno spicchio di verde sempre fresco.
Rubinetti, romano, non si è limitato a dare alle stampe questa “guida romanzata”. Ha anche preso a organizzare dei percorsi teatrali al cimitero acattolico e nei luoghi archeologici della capitale: “Sono molto legato a questi percorsi“, ha spiegato, “perchè sono la prova che in Italia stiamo sfruttando il nostro patrimonio archeologico al 10% delle sue reali possibilità. Foro Romano, Villa adriana, Pompei. Quelle ‘pietre’ che animiamo con degli attori in costume in realtà non sono semplici marmi o colonne o statue… ma sentimenti fossili“. Gli chiediamo un aneddoto di questi percorsi teatrali: “Una volta al Cimitero acattolico c’era un gruppo che veniva da Grosseto. Avevano il giro la mattina e poi a pranzo dovevano fare una visita ad un museo romano. Un ragazzo di trent’anni a fine giro si rifiutò di prendere il pullman del ritorno, sedendosi sulla panchina vicino l’entrata. Disse che quel giro teatralizzato era come aver fatto un’ora e mezza di psicoterapia, era nel pieno della rielaborazione e non ci pensava proprio di alienarsi da quell’esperienza. Meraviglioso.”
Infine, vi chiedo un favore. Se abitate a Roma, portate un fiore per me alla tomba di Dirk Hamer, il ragazzo tedesco ucciso a 19 anni da Vittorio Emanuele di Savoia presso l’Isola di Cavallo (Corsica). E date una carezza al volto marmoreo di Devereux Cockburn, il 21enne inglese il cui sarcofago lo ritrae assorto in posa neoclassica. E alzate il pugno sinistro al cielo davanti al cippo di Antonio Gramsci, padre della patria.
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