Non si argomenti per convincere,
ma per creare condizioni favorevoli
alla percezione dell’evidenza.
(Nicolás Gómez Dávila)
L’attentato a Westminister ha risollevato il polverone sul terrorismo. Lo ha fatto in un periodo in cui la chiusura delle frontiere, l’aumento di spese militari o il farsi giustizia da soli contro i migranti sono temi sulla bocca di leader politici e opinionisti. I quotidiani di tutto i mondo aprono con le foto di Londra mentre l’Italia si blinda e aumenta i controlli. “Terrorismo” è stato il tema più trattato dalla stampa nel 2015, insieme a “guerra e religione” e “migranti”. Campagne di successo come la Brexit e l’elezione di Trump hanno trattato il binomio migrazione e terrorismo islamico come caposaldo delle proprie demagogie più popolari.
Il grafico a cura di Susanna Hertrich, ricercatrice nel campo della meta-percezione, compara l’attenzione dell’opinione pubblica e dei media su alcuni temi, con le probabilità statistiche che ciò che di cui parlano si realizzi.
La cosa peggiore non è tanto il fatto che vi siano leader politici che strumentalizzano vittime e attentati per accaparrare voti. Così facendo, si comportano da sciacalli. Quello che è ancora più inaccettabile è che chi si dovrebbe occupare di informare, dissemini piuttosto una percezione distorta della realtà, pericolosa per gli equilibri democratici e di conseguenza per la libertà di espressione.
Nel 2015 a Londra sono state uccise 573 persone e in media ogni due giorni ci sono tre omicidi. Ora è indiscutibile che le vittime di Westminister siano una tragedia, ma come anche denunciato da Simon Jenkins sulla Bbc, stiamo usando due pesi e due misure per approcciarci alla realtà dei fatti, e questo ci sta facendo giustificare decisioni politiche terribili. Nel 2017 in Italia spenderemo 64 milioni di euro al giorno in difesa, una crescita del 21% in 10 anni. Mentre in ricerca e sviluppo, ovvero nell’unica soluzione a pericoli più imminenti, investiamo 349 milioni milioni all’anno (altro che al giorno).
Di conseguenza se proprio vogliamo parlare di terrorismo, oltre che sui dati, perché non ragionare su quanto ricerca e innovazione stiano progredendo in questo campo? Il mondo è ricco di iniziative di integrazione che, quotidianamente, lottano con successo per scongiurare i conflitti religiosi, ma che sono praticamente sconosciute. Quando parliamo di difesa, dovremo illustrare anche i piani di difesa pubblica contro lo jihadismo basati sull’innovazione sociale, e non solo sugli eserciti. Piuttosto che dare voce a chi considera tutte le moschee come centri di reclutamento, diamo risonanza a progetti reali come “The House of One”, luogo di culto e integrazione per cristiani, ebrei e musulmani realizzato dallo studio architettonico italo-tedesco Kuehn-Malvezzi.
Solo cambiando il nostro approccio alla comunicazione e riappropriandoci del senso della misura potremo sperare di attraversare l’immenso mare che separa percezione e realtà. Questo è lo stesso vuoto che intercorre tra la post-verità e le verità dei fatti, e che oggi compromette le vite e le coscienze di milioni di persone.
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