http://www.dolcevitaonline.it/acqua-pubblica-non-basta-deve-essere-anche-buona/
L’acqua non è già più nostra da ben prima che arrivasse la recente spinta alla privatizzazione. Quanti di noi cittadini hanno potere sull’operato degli acquedotti? Nessuno. Possiamo solo subirlo e nei modi peggiori: ammalandoci. L’acqua pubblica è, da molti anni, un’acqua pericolosa. Prima trattata con cloro, il modo più economico per evitare proliferazioni batteriche, e oggi addizionata con diossido di cloro o clorammine, ancor peggio del cloro perché non evaporano, resistono al calore, anche alla bollitura, non si depositano sul fondo in acqua ferma.
È un’acqua con cui a malapena ci si può lavare i panni, ma che non andrebbe utilizzata da bere e per cucinare. Io non la uso. Non sono un’estremista, solo una dei tanti che si sono informati sui danni da cloro, responsabili oggi di alcune forme di cancro, di disturbi della tiroide e dell’alterazione del sistema immunitario. Materialmente, bevendo “l’acqua pubblica” beviamo un disinfettante per tubature, cioè un liquido trattato in modo da non sviluppare batteri patogeni, alghe e muffe. Il nostro sistema immunitario però si avvale proprio dell’opera di batteri, locati nell’intestino, per mantenerci in salute. Sul lungo periodo, l’acqua clorata fa il lavoro di un antibiotico: distrugge indifferentemente i batteri su larga scala, come nelle tubature e così nel nostro intestino.
Paghiamo e usiamo, a tutti gli effetti, un’acqua fintamente potabile. Io, avendo una fonte naturale vicino a casa, mi rifornisco lì di acqua per bere e cucinare. Nei periodi in cui scarseggia, devo ripiegare sull’acquisto di minerale.
A volte mi capita, tenendo corsi o conferenze, di far notare che alcuni alimenti, specialmente i fermentati, si alterano con l’uso di acqua di rubinetto e raccomando l’acqua di fonte o al limite l’acqua minerale. Non è una mia fissazione, potete verificarlo empiricamente: se fate un fermentato con aggiunta di acqua di rubinetto, la crescita dei fermenti verrà per la maggior parte inibita dal cloro… Sono batteri anche loro. E non vorrei dilungarmi sull’uso dell’acqua del rubinetto in un orto: ci sarà un progressivo impoverimento del terreno dato dallo squilibrio causato dalla soppressione di microrganismi che devono partecipare alla bio-ecologia del luogo.
Non abbiamo, dicevo, il controllo degli acquedotti, non possiamo scegliere quale tipo di depurazione deve essere utilizzata, paghiamo obbligatoriamente un servizio che è tra i peggiori in Europa e in cui le quantità di cloro sono ingenti, perché impianti vetusti hanno bisogno di maggiore disinfezione. Un forno nel paese vicino al mio si è ritrovato improvvisamente ad avere in alcuni giorni il pane che sapeva di candeggina, con grandi proteste da parte dei clienti. Hanno riesaminato tutto, dalle farine ai lieviti, senza capire. Era l’acqua, alcuni giorni con un quantitativo maggiore di cloro che ha il gusto, appunto, della candeggina (ipoclorito di sodio) o dell’acido muriatico (acido cloridrico). Esterrefatti, si sono rivolti alla partecipata che gestisce l’acquedotto, la quale ha risposto che era tutto nella norma e fine del discorso. Intanto, gli amici dell’associazione Un Punto Macrobiotico fanno confezionare la pasta con acqua minerale e ci lavano anche le verdure da agricoltura biologica, per non alterarne il microfilm batterico. Saremo tutti visionari, compresi i Paesi esteri in cui la clorazione dell’acqua è stata abbandonata da decenni o mai introdotta?
È semplicemente folle che l’Italia utilizzi ancora la clorazione per le acque. Da cittadini, dovrebbe interessarci principalmente questo: l’impoverimento del nostro nutriente principale e la sua trasformazione in un composto cancerogeno.
Dopo il referendum sull’acqua pubblica di cinque anni fa, che inspiegabilmente stenta a essere applicato, c’è stata una corsa di coscienza sociale nel dichiarare con orgoglio di “bere l’acqua del sindaco”. Prima da naturopata e poi da cittadina, sono francamente stupita dal messaggio. Non mi basta che l’acqua sia pubblica, mi preme che l’acqua sia di qualità! Cosa me ne faccio di un’acqua clorata pericolosa per la salute che mi arriva al rubinetto di casa, mentre nella quotidianità sono tornata al primo Novecento, andando alla fonte a prendere l’acqua? Non lo faceva nemmeno mia nonna, classe 1910. A lei arrivava in casa un’acqua potabile davvero (come d’altra parte arrivava ai Romani secoli prima), mentre io nel 2016 per avere un’acqua bevibile devo andare alla fonte e poi strapagare l’imbevibile acqua clorata che mi arriva in casa.
Bere l’acqua del rubinetto sarà un’affermazione di libertà da certe politiche capitalistico-liberiste ma vale la pena se nuoce alla salute? Esistono ormai diversi studi, alcuni già dagli anni ’90, che dimostrano che le sostanze organiche naturali reagiscono, quando esposte ai clorurati dell’acqua potabile, formando dei composti cancerogeni che i ricercatori hanno chiamato MX, Mutageni Sconosciuti. Tanti ecologisti sono atterriti dagli OGM ma bevono orgogliosamente quest’acqua. Non è strano?
O meglio, non è strano come venga largamente pubblicizzata la lotta per l’acqua pubblica ma ignorata la questione della sua salubrità? La questione, devo dire, mi ha incuriosita.
Io abito in Emilia-Romagna, dove il servizio idrico è gestito dal Gruppo Hera, una super-partecipata degli enti locali, tutti PD. Quindi ufficialmente l’acqua è pubblica. Ma, dal PD, arrivano anche gran parte dei membri del Consiglio di Amministrazione di Hera, tra l’altro multata per abuso di posizione dominante dall’Antitrust. Interpellata sul trattamento delle acque, risponde che è conforme alla legge vigente: trattamento con ipoclorito di sodio (candeggina!) e biossido di sodio. Infatti hanno ragione: la legge italiana prevede questi trattamenti.
Mettiamo insieme questi dati. Secondo voi, in una situazione in cui il partito insediato in Regione e al Governo è anche quello che guadagna dalla partecipata del servizio idrico, come si pone una proposta per passare a altri procedimenti di sanificazione delle acque, che darebbero meno margine di guadagno?
Ogni volta che sento la litania del «dobbiamo prendere esempio da Francia e Germania» che l’acqua pubblica se la sono ripresa perché era diventata una rapina per i cittadini, mi chiedo come mai le notizie continuino ad essere così filtrate. Leggo la stampa estera e ho seguito la questione tedesca: non usano più il cloro o prodotti a base di cloro. Al punto che nelle guide sull’Italia per tedeschi viene indicato di fare attenzione a bere l’acqua del rubinetto perché in Italia «si usa ancora il cloro». Bere acqua minerale è l’unica soluzione del turista tedesco informato. I disinformati lasceranno invece l’Italia con la netta sensazione che l’acqua qui sappia di candeggina.
Allora, riprendiamocela davvero questa acqua, ma riprendiamocela tutta: anche il suo trattamento. Io, intanto, continuo i miei viavai dalla fonte, causa acqua imbevibile perché trattata con la più vetusta applicazione conosciuta per la disinfezione dell’acqua, il cloro. Questo mentre in Austria, Finlandia e Danimarca per la depurazione dell’acqua si usano i raggi UV e solo raramente un trattamento di diossido di cloro per la pulizia dell’impianto. Per esempio, dal 1906 la Francia usa l’ozono come disinfettante. Pensavate a nuove tecnologie strabilianti e impianti ultramoderni? No, le soluzioni le conosciamo dal 1900, solo che sono più costose e permettono meno margine di profitto.
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