La storia del 1917, l’anno della Rivoluzione, raccontata da Angelo d’Orsi. La storia. Ho appena terminato di leggere la storia del 1917, l’anno della Rivoluzione, un secolo fa. Angelo d’Orsi, l’autore dell’opera, mi ha portato per mano attraverso quell’anno: per una settimana, non ho letto altro.
Che storia. La storia – per lo scrivente, che insegna Storia dell’energia agli studenti del Politecnico – è una scienza. È fatta di fatti, dati, verità, al di là del modo con il quale la si racconta.
Ma questa è solo una verità parziale: la storia è certamente una scienza umana, e per scriverne è bene essere uno storico. Angelo d’Orsi è uno storico. Probabilmente, nelle sue discipline, la storia moderna e contemporanea, è il meglio che abbiamo sottomano. Conosce i fatti, e non li adatta alle sue opinioni: fornisce la sua lettura, che è frutto di decenni di studi e di scholarship rigorosa.
Ma la storia occorre anche saperla raccontare. Non tutti i grandi storici sono anche dei grandi scrittori: molte volte, purtroppo, scrivono opere ineccepibili dal punto di vista del mestiere di storico, ossia dal punto di vista tecnico, diciamo. Ma illeggibili se non da un ristretto gruppo di chierici, di colleghi, di iniziati. Certo, non bisogna esagerare nell’altro senso: Indro Montanelli – per citare uno bravo – era un grande giornalista, un ottimo scrittore, ma non era uno storico.
Angelo d’Orsi è anche uno storico che scrive in maniera chiara e comprensibile, ed il suo ultimo libro – 1917 L'anno della rivoluzione – si legge facilmente. Questo, a volte, non è un buon giudizio da dare, se non si aggiunge: è un libro ben scritto, che si legge come un romanzo, ma non è romanzato. È tecnicamente ineccepibile. È il racconto di un anno che ha cambiato la storia: ed ogni mese, in quel 1917, deve essere sembrato lungo un anno.
Ci sono anni, nella storia, che valgono come decenni: il 1943, il 1848. Per noi storici dell’energia, il 1934, il 1945. Nel 1917 avvennero Fatima e Caporetto, il Palazzo d’Inverno e la Casa Bianca, Lenin e Mata Hari. Nel marzo, una rivoluzione ‘democratica’ costringe lo zar Nicola II ad abdicare. In aprile gli Usa fanno il loro ingresso nel conflitto mondiale, a luglio il capitano inglese Lawrence (detto poi d’Arabia) strappa Aqaba ai turchi e ad agosto Benedetto XV pronuncia le sue parole contro ‘l’inutile strage’, la “Grande Guerra”, che poi chiameremo Prima Guerra Mondiale, dopo aver visto la Seconda.
Nel settembre 1917 si moltiplicano gli ammutinamenti nei vari fronti di guerra, e i tumulti nelle città: contro la guerra, perché l’intera Europa ne è esausta, dopo milioni di morti, per nulla. Ad ottobre a Parigi viene fucilata Mata Hari, e contemporaneamente le truppe italiane vengono travolte a Caporetto. A novembre, mentre i bolscevichi conquistano il Palazzo d’Inverno, la Dichiarazione Balfour apre la strada alla creazione dello Stato di Israele e a una nuova organizzazione del Medio Oriente. A dicembre in Italia il presidente del Consiglio Orlando esorta il paese a «resistere! resistere! resistere!»: il Piave mormorò non passa lo straniero.
Sono stati, un secolo fa, 12 mesi da raccontare. Fra i fatti e le ideologie, il 1917 è l’anno in cui tutto è cambiato, in cui il Novecento si è fatto secolo, in cui sono stati stretti nodi che ancora ci imprigionano. Questo libro è un racconto mosso e dai colori forti e appassionati.
Dodici capitoli – uno per ogni mese, grande idea che lo rende leggibilissimo, il racconto – attraverso i quali l’autore suggerisce accostamenti inediti e riferimenti al presente, che per tanti versi ne ha raccolto l’eredità. Io l’ho letto, e finalmente conosco un po’ meglio questo annus mirabilis et horribilis.
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